Stilisti Missoni
31 Luglio 2020   •   Raffaella Celentano

Missoni: una famiglia che ne ha fatte di tutti i colori

«Nell’ultima giornata della Digital Fashion Week di Milano il brand Missoni ha raccontato la sua storia, fatta di sfide, rivoluzioni e tanto successo»

La Digital Fashion Week di Milano è stata un tripudio di arte e innovazione. I brand coinvolti hanno potuto (forse per la prima volta) esprimersi liberamente e presentare le loro nuove idee e collezioni in maniera inedita e personale. C’è chi ha optato per una sfilata tradizionale ma con pochi invitati, chi ha sfilato senza pubblico e trasmesso l’evento in streaming, chi invece ha deciso di presentare progetti digitali inediti e di celebrare la loro storia e la moda italiana. Tra questi ultimi c’è anche la casa di moda Missoni, che ha presentato il progetto “Being Missoni”, dedicato alla storia del brand di Gallarate.

Online sulla piattaforma della Camera della Moda per la Milano Digital Fashion Work, il video racconta l’intera storia del brand, dall’inizio della grande storia d’amore tra Ottavio e Rosita nel 1948, fino alla nascita del primo zigzag nel 1964, dalla codificazione dello stile Missoni all’interno del “sistema moda” nel 1970 all’evoluzione di un marchio lifestyle con la nascita di Missoni Home nel 2000, dal passaggio alla direzione creativa ad Angela nel 1997, all’espansione globale dei giorni nostri e alla nomina di Margherita Missoni a direttore creativo di M Missoni nel 2018. Prodotto dalla Good Day Films di Michele Bongiorno e diretto da Ruggero Gabbai, il film documentario offre uno sguardo ampio, approfondito su una delle case di moda italiane più longeve e su un’azienda di famiglia che ha cambiato la moda italiana.

Insomma, i Missoni ne hanno fatte davvero di tutti i colori e si sono imposti nel panorama moda italiano grazie al loro talento e alla loro forza. Una famiglia unita e determinata a lasciare il segno.

Gli esordi di Ottavio e Rosita Missoni

La vita di Ottavio Tai Missoni è stata un continuo di successi ed emozioni contrastanti. Nato a Ragusa di Dalmazia, si trasferisce a Zara, dove divide il suo tempo tra lo studio e l’atletica leggera. Inizia poi l’attività agonistica, arrivando a gareggiare nella nazionale italiana. Inoltre, partecipa alla battaglia di El Alamein e trascorre quattro anni in un campo di prigionia in Egitto. Nel ’46, tornato in Italia, riprende gli studi e l’attività sportiva. È così che conosce Rosita Jelmini, sua futura moglie, con cui fonderà l’azienda di moda che porta il suo nome. Sin dal principio Ottavio si occupava dei tessuti mentre Rosita, che si era formata nel laboratorio di famiglia, si è sempre occupata della realizzazione degli abiti. E sono proprio i tessuti dell’azienda della famiglia a fornire l’ispirazione per l’uso dei tessuti e delle stampe che sono diventati un vero e proprio marchio di fabbrica.

Un’esplosione di colori

Un capo Missoni è riconoscibile tra mille! Filati iconici e una maglieria dalle stampe geometriche e coloratissime, sono questi i simboli della casa di moda che negli anni sono diventato un trend internazionale, amato e imitato in ogni parte del mondo. Un tripudio di colori a cui il fashion system non era abituato, ma che si è rivelato la carta vincente per l’azienda. Un celebre aneddoto del ’58 viene riportato anche nel documentario. Missoni riceve una commissione da Biki per cinquecento vestiti che finiscono in vetrina alla Rinascente. Una sera Ottavio e Rosita partono da Varese e arrivano a Milano, per vedere da vicino il loro primo successo. Mentre guardano in vetrina i loro coloratissimi abiti di maglia, indossati da manichini con occhi bendati, passa di lì un operaio che commenta in dialetto milanese: «Povere ragazze, meno male che le hanno bendate, perché se si vedessero…». La moda di Missoni è stata da sempre molto provocatoria e non ha mai lasciato indifferenti il pubblico e la critica, ma che con il tempo si è affermata proprio per il suo coraggio e la sua unicità.

Le giornaliste di moda più autorevoli hanno avuto una parte importante nella costruzione della popolarità del brand. Anna Piaggi, allora redattrice di Arianna, coglie subito il potenziale dei capi Missoni e non esita a mettere, subito dopo le sfilate, una maglia del brand in copertina.  Nel ’68, invece, Diana Vreeland, la temutissima direttrice di Vogue USA, rimane colpita dalla collezione del marchio italiano e decide di organizzare un incontro a New York tra i Missoni e Neiman Marcus, lanciando di fatto il brand nel mercato americano.

Missoni Missoni

Il passaggio del testimone nel ’97

A fine anni Novanta è l’ultimogenita Angela a prendere in mano la direzione creativa del marchio, lasciando che sia Rosita a continuare ad occuparsi della linea di complementi d’arredo. Il suo è un talento innato. Lei, che è cresciuta a pane e tessuti, ha una fortissima passione per il bello e l’artigianato di qualità. Angela ha condiviso la responsabilità e l’onore del brand di famiglia con i fratelli Luca, che si occupa della parte tecnica, e Vittorio, al commerciale. Il grande scossone per la famiglia Missoni arriva nel 2013, con la tragica scomparsa di Vittorio, allora Amministratore Delegato. Pochi mesi dopo, il 9 maggio del 2013, se ne va anche Ottavio, fondatore e pilastro. Nonostante il dolore e le difficoltà, la famiglia Missoni si rimbocca le maniche e, unita, va avanti. Tra i nuovi volti del brand c’è Margherita, la deliziosa e sorridente figlia di Angela, accompagnata dai fratelli Francesco e Teresa, e da Ottavio Jr., Giacomo e Marco (figli di Vittorio). Rappresentano il nuovo, il futuro. Loro che sono cresciuti respirando l’aria di Missoni e sono i primi testimonial del marchio e del suo stile di vita.

Un’azienda femminista

Quello di Missoni è un mondo rivoluzionario e femminista. Femminista perché ha dato lavoro a tantissime donne, perché l’azienda è stata fondata da Ottavio, ma (per sua stessa ammissione) è sempre stata la moglie ad avere un ruolo centrale, portando avanti l’azienda e mantenendo unita la famiglia. E perché oggi Missoni conta tre grandi donne al timone: Rosita, Angela e Margherita. L’azienda ha sempre fatto affidamento sul lavoro femminile, e si è sempre battuta per la parità dei sessi. Lo ha fatto nel passato, quando le donne ai vertici delle aziende si contavano sulle dita di una mano, e continua a farlo oggi che il femminismo è diventato uno dei temi cardine dell’attualità. Basti pensare alla sfilata del 2017, durante la Milano Fashion Week: per l’uscita finale le modelle indossavano tutte il pussy hat, copricapo simbolo della lotta alla discriminazione di genere. Come se non bastasse, l’intera famiglia Missoni ha fatto la sua comparsa in passerella con indosso il cappellino rosa, e Angela ha invitato tutto il pubblico presente a battersi per i diritti delle donne e per le pari opportunità, dimostranod che la moda non ha paura e soprattutto desidera impegnarsi in qualcosa di importante, qualcosa che vada oltre i “semplici” abiti.

Raffaella Celentano