Moschettieri del Re. Gli italianissimi eroi di Giovanni Veronesi al cinema
«Caricate i moschetti e affilate le spade, arriva nelle sale Moschettieri del Re- La penultima missione, il nuovo film di Giovanni Veronesi con Pierfrancesco Favino, Rocco Papaleo, Valerio Mastandrea e Sergio Rubini basato sul romanzo d’avventura più amato e più filmato di sempre, I Tre Moschettieri di Alexandre Dumas padre. Dal 27 dicembre al cinema!»
Se avete avuto la fortuna di inciampare tra le righe di uno dei romanzi più famosi e più letti del mondo non sarete di certo rimasti indifferenti di fronte alle avventure di Athos, Aramis e Porthos, moschettieri del re, accompagnati dal “Più bravo spadaccino di Francia”: il giovane guascone, moschettiere in fieri, monsieur D’Artagnan. No, rimanere indifferenti è impossibile. L’inchiostro del pennino di Dumas padre, che pubblica il romanzo dapprima a puntate sul giornale Le Siècle nel 1844, scorre leggiadro sin dall’inizio, madido di un’ironia che si ritrova in poche opere coeve, in grado di catapultare corpo e mente del lettore direttamente nella Parigi del XVII secolo, alla corte di Luigi XIII. Nessuno sforzo nella lettura, tanto da sentire sulla pelle l’odore di quelle strade polverose, dei cavalli e dei moschetti. Qualcuno direbbe “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”.
Chi erano i Moschettieri?
Il romanzo si basa sulla figura del Moschettiere, figura realmente esistita in diversi Stati dal XVI sec. fino al 1815, anno in cui fu abolita. In Francia i moschettieri prestavano generalmente servizio a piedi o a cavallo ed erano generalmente adibiti alla guardia del re: armati di moschetto, arma molto pesante che richiedeva l’appoggio su una forcella piantata nel terreno, i moschettieri del re erano “persone dotate di un’eccezionale forza fisica che in battaglia venivano disposti nei reparti di fanteria comune, armata di picche” secondo l’enciclopedia Treccani.
Tra James Bond e Leonardo Di Caprio
“A me piaceva raccontare i moschettieri in maniera diversa, perché i moschettieri non erano questi grandi spadaccini. Erano famosi per un altro motivo, perché erano tiratori scelti, dei veri e propri James Bond dell’epoca perché facevano anche uso della tecnologia dell’epoca […] Ecco ho raccontato l’epopea di quattro persone avanti con l’età che si chiedono se siano ancora in grado di fare gli eroi.” Giovanni Veronesi (sceneggiatore anche di molti film di Leonardo Pieraccioni) ci evidenzia una sfumatura leggermente diversa degli eroici avventurieri che abbiamo conosciuto nel libro e anche, perché no, negli innumerevoli film che sono stati girati sull’argomento, avvicinandosi leggermente al ritratto che dei moschettieri del re era stato fatto ne La Maschera di Ferro (1998) di Randall Wallace. Attori del calibro di Jeremy Irons, John Malkovich, Gérard Depardieu e Gabriel Byrne davano vita a dei moschettieri in età matura, lontani dagli eroici fasti di una volta, ritrovatisi ad essere protagonisti delle vicende che ruotavano intorno al giovane e cattivissimo Luigi XIV, interpretato da un altrettanto giovane Leonardo Di Caprio (uno fra i numerosi attori di origine italiana ad Hollywood).
La penultima missione
Dimenticatevi però gli intrighi morbosi e la tristezza perché Moschettieri del Re – La penultima missione è una commedia godereccia, che certo non abbandona completamente punte di romanticismo, ma che è stata pensata e creata con lo scopo di divertire grandi e piccini. Un film ideale per riposare le membra stanche dopo i grandi pasti natalizi, all’insegna del divertimento a cominciare dalla scelta del cast. Pierfrancesco Favino è D’Artagnan che mantiene quel suo essere una specie di Don Chisciotte il cui ritratto apre il romanzo di Dumas: anche se invecchiato, come tutti, la versione faviniana è quella di “un bambinone, un miles gloriosus coraggioso ma goffo” ipse dixit. Favino dà inoltre prova della sua abilità nel parlare i dialetti, snocciolando per l’intera durata del film una lingua particolare dal retrogusto francese per omaggiare Dumas, certo, ma anche per prendersi una sorta di amabile rivincita scherzosa sui cugini francesi. Avreste mai pensato a Rocco Papaleo per il ruolo di Athos? Da nobile decaduto ma nobile d’animo, astuto, freddo e misterioso a castellano lussurioso dall’inconfondibile accento lucano. Il volto di Aramis è quello di Sergio Rubini, un tempo grande e affascinante soldato ora finito nelle fauci dei creditori, nascosto in un convento. Dulcis in fundo, Porthos. Tutta la romanità, mai celata, di Valerio Mastandrea per il più forte e possente dei moschettieri del re finito alcolizzato e in preda a drammi esistenziali senza fine.
A completare il cast la splendida Margherita Buy (protagonista fra gli altri di uno dei film italiani più visti all’estero) nel ruolo della regina Anna, gli occhioni azzurri dell’ancella sono quelli di Matilde Gioli (fra le attrici italiane emergenti); Giulia Bevilacqua è la seducente Milady. E poi Valeria Solarino, moglie del regista, Lele Vannoli e un magnifico e perfido Cardinale Mazzarino interpretato da Alessandro Haber. Il film, coprodotto da Indiana Production e Vision Distribution, è stato girato in gran parte in Basilicata (regione in grande fermento per la preparazione delle iniziative di Matera 2019, Capitale della Cultura) che insieme alla colonna sonora curata esclusivamente da Checco Zalone, incornicia e consacra definitivamente questa versione italianissima e che si preannuncia divertentissima dei piccoli-grandi eroi di Dumas.
Ah, dimenticavo una cosa fondamentale: “Tutti per uno, uno per tutti!” Naturalmente al cinema.
Foto copertina: Pagina Facebook Giovanni Veronesi
Lavinia Micheli