Le donne di Leonardo ovvero i suoi ritratti più celebri
«Belle, misteriose e affascinanti le donne di Leonardo. Tra i capolavori della ritrattistica italiana, La Gioconda, La Dama con l’ermellino, La Belle Ferronière e il Ritratto di Ginevra De’ Benci raccontano su tavola il genio rivoluzionario del loro autore.»
Artista, ingegnere, inventore: Leonardo Da Vinci è una delle figure di spicco del Rinascimento italiano. Una vita piuttosto frenetica, disordinata, che lo porta spesso a soggiornare presso i Signori italiani e ad incontrare le serafiche dame di corte. Queste figure incarnano pienamente lo stile e le idee del grande pittore (chiamiamolo così per questa volta) che, ritraendole, traspone la sua sensibilità di artista. Tra Firenze, Milano e la valle della Loira vengono dipinte le donne di Leonardo, lo straordinario artista capace di coglierne i moti dell’animo e restituirli allo spettatore che non può che rimanere incantato.
La vita
Il piccolo Leonardo nasce illegittimo da Piero Da Vinci, giovane notaio, e da Caterina, di famiglia modesta, nel 1452. Egli è il primo di innumerevoli fratellastri con cui si scontrerà per questioni riguardanti l’eredità paterna. I genitori infatti vengono separati quasi subito: Caterina va in sposa ad un rozzo contadino, Pietro del Vacca da Vinci. Piero, dal canto suo, si sposa per ben quattro volte. In mezzo a questa confusione il grande genio, ancora in nuce, si costruisce passo dopo passo, ricevendo un’educazione anch’essa confusa nella casa paterna ad opera del nonno, dello zio e del prete che lo aveva battezzato.
Quello con Andrea del Verocchio sarà l’incontro che gli cambierà la vita. Grazie all’esperienza maturata nella sua bottega, una delle più importanti di Firenze, che sfornerà talenti del calibro di Botticelli, il Perugino, Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di Credi, Da Vinci affina la sua tecnica nel disegno apprendendo, al contempo, nozioni di meccanica, carpenteria, ingegneria e architettura. Secondo il Vasari, famoso storico dell’arte aretino del 1500, la bravura dimostrata da Leonardo nella realizzazione dell’opera dipinta a più mani da alcuni artisti della bottega fra cui lo stesso Andrea del Verocchio, il Battesimo di Cristo, spinse il maestro a dedicarsi completamente alla scultura. Sulla pittura non c’era più confronto.
Un “omo sanza lettere”, come amava definirsi, che non si riconosceva troppo nella cultura neoplatonica del gruppo di artisti protetti dai de’ Medici. Alle speculazioni filosofiche e letterarie preferiva la scienza, alla ricerca di una bellezza rarefatta e idealizzata nella creazione pittorica, una certa costruzione geometrica, un certo ordine. Eppure i dipinti che ci ha lasciato sono pregni di anima e mistero, più di chiunque altro al tempo seppe comunicarci di cosa fosse fatto il nostro mondo interiore, attraverso lo sguardo e gli atteggiamenti dei protagonisti delle sue opere, che rivelano le proprie storie allo spettatore.
Viaggiamo oggi nella vita di Ginevra De’ Benci, La Dama con l’ermellino, La Belle Ferronière e La Gioconda. Semplicemente le donne di Leonardo.
Il Ritratto di Ginevra De’ Benci
Ginevra De’ Benci era la figlia di un ricco banchiere di Firenze, forse amico del padre di Leonardo, Piero Da Vinci. Una delle donne più colte della Signoria toscana che sposò nel 1474 Luigi di Bernardo Niccolini. L’artista la ritrae a mezzo busto (la parte inferiore del dipinto fu decurtata in un’epoca non meglio precisata) con la posizione delle spalle molto simile a quella della Gioconda, seppur orientata in senso opposto. Ciò le vale anche il nome di Gioconda americana, visto che il ritratto si trova presso La National Gallery of Art di Washington.
L’espressione è enigmatica, lo sguardo coperto da un velo di tristezza. È un Leonardo venticinquenne a dipingere: tempera e olio su tavola. I colori richiamano la pittura fiamminga, il ginepro dipinto sullo sfondo richiama il nome della donna, Ginevra per l’appunto. Una ghirlanda sul retro del dipinto recita: “Virtutem forma decorat”. Recentemente una ricercatrice italiana, Carla Glori è riuscita ad anagrammare le tre parole latine in 50 frasi, che messe insieme raccontano la storia triste di Ginevra, costretta a sposare un uomo che detesta, vedovo e di quindici anni più anziano, invece che il suo amato. Grazie alla tecnologia ad infrarossi gli studiosi hanno scoperto che sotto alla ghirlanda si cela il motto “Virtus et honor”, simbolo nobiliare di Bernardo Bembo, l’ambasciatore veneziano che aveva rapito il cuore della colta dama fiorentina. Ecco finalmente spiegato il perché di tanta tristezza!
La Dama con l’ermellino
Tra il 1482 e il 1499, Leonardo si reca a Milano, presso Ludovico Maria Sforza, meglio conosciuto come Il Moro. Il motivo del viaggio è conseguente al programma di distensione politica fra Signorie, operato da Lorenzo il Magnifico, che invia Leonardo come ambasciatore, con un regalo per Ludovico: una lira. Si narra che Leonardo Da Vinci fosse anche un ottimo musico: appena arrivato nel capoluogo lombardo partecipò ad una gara musicale, che vinse senza troppe difficoltà. A corte era presente una certa Cecilia Gallerani, una bellissima ragazza di circa 16 anni, presunta amante di Ludovico. Pare che sia proprio lei La Dama con l’ermellino, dipinta da Leonardo fra il 1488 e il 1490, quando Ludovico il Moro venne insignito proprio del titolo di Cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino.
Il dipinto, olio su tavola, raffigura Cecilia e l’Ermellino che guardano nella stessa direzione, fino quasi ad identificarsi. D’altra parte il nome greco dell’animale è galḗ (γαλή), che si riferirebbe al cognome della ragazza. La scritta sul lato sinistro in alto del dipinto “LA BELE FERONIERE LEONARD D’AWINCI” è posteriore e attribuisce erroneamente l’identità della figura forse a Lucrezia Crivelli, un’altra amante del Moro o alla moglie di Francesco I di Francia. La ragazza è vestita secondo la moda dell’epoca, dettata da Isabella d’Este. L’ermellino è ritratto con estrema precisione, sintomo del grande interesse di Leonardo per il mondo naturale. Il dipinto è oggi conservato presso il Museo Nazionale di Cracovia, in Polonia.
La Belle Ferronière
La Ferronière era un gioiello da fronte molto in voga per le donne del tempo. Quello che dipinge Leonardo in questo quadro del suo periodo milanese ha un rubino incastonato al centro. Ad indossarlo, presumibilmente, Lucrezia Crivelli, che prese il posto di Cecilia Gallerani come amante di Ludovico il Moro. La figura è un mezzo busto voltato a sinistra, la testa è frontale, come se la dama fosse stata richiamata all’attenzione da qualcosa, che devia dallo sguardo dello spettatore. È uno dei volti più belli fra le donne di Leonardo. Olio su tavola è conservato al Louvre di Parigi ed è collegato agli altri due ritratti della stessa fase: Ritratto di musico e La Dama con l’ermellino.
La Gioconda
La Gioconda è forse l’opera più celebre e misteriosa di Leonardo da Vinci, la più emblematica, e tra le donne di Leonardo è sicuramente quella più celebrata. Pare che l’artista l’abbia portata con sé nei suoi viaggi per quasi tutta la vita, rimaneggiandola più volte. L’opera finale è datata 1503-1504 e fu donata, o acquistata, da Leonardo a Francesco I di Francia. Oggi è l’opera di punta del Louvre. Tradizione vuole che ad essere ritratta sia Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, nobile e mercante italiano. In realtà sul dipinto aleggiano misteri e leggende: c’è chi pensa che si tratti di una donna in dolce attesa, per la posizione delle mani, o addirittura di Caterina, la madre di Leonardo. Col suo enigmatico sorriso e il suo sguardo penetrante potrebbe perfino incarnare il pensiero filosofico di Da Vinci: l’armonioso legame in cui sono stretti uomo e natura.
Nel 1911 il quadro fu rubato da un imbianchino italiano che lavorava presso il museo francese, con il patriottico sogno di riportarlo in Italia. 2 anni dopo fu recuperato da un antiquario, il quale si presentò ad un appuntamento per la vendita con un funzionario degli Uffizi.
Molti artisti furono ispirati dal volto più enigmatico fra le donne di Leonardo: da Marcel Duchamp che nel 1916 disegnò un paio di baffi su una copia stampata del dipinto fino al cantautore Ivan Graziani che scrisse Monna Lisa ispirandosi proprio alla storia del furto.
Lavinia Micheli