Jorit
11 Febbraio 2019   •   Redazione

Jorit. L’arte militante della Tribù Umana tra ideali e riqualificazione

«Jorit Agoch può essere definito come un combattente silenzioso del nostro tempo. A suon di bombolette spray, conduce la sua battaglia contro le divisioni e i contrasti della nostra società, dipingendo grandi volti dallo sguardo profondo in cui rispecchiarci, svolgendo al contempo un’azione di riqualificazione di periferie e quartieri degradati attraverso quell’arma potente chiamata arte.»

Se ultimamente vi è capitato di girare per Napoli, probabilmente vi sarete imbattuti in Jorit senza saperlo. L’artista napoletano in cui scorre anche sangue olandese, è difficile da definire. Molti parlano di street artist ma in realtà le sue produzioni sono veri e propri graffiti: «dipinti su muro realizzati con le bombolette spray», come lui stesso tiene a precisare in un’intervista su Repubblica del 2015. Ciò su cui non si discute è che si tratta di un personaggio di cui si è sentito parlare molto negli ultimi tempi, soprattutto nel capoluogo campano. Numerose le facciate di palazzi che hanno impresso il suo marchio inconfondibile, da quando, per primi videro la luce gli occhi verdi di Ael (Tutt’egual song’e criature), una bambina Rom, il cui volto campeggia luminoso a Ponticelli, periferia est di Napoli. Jorit la dipinse per celebrare la Giornata Internazionale di Rom, Sinti e Caminanti che cade l’8 di aprile, nel 2015, nell’ambito della campagna nazionale Accendi la mente, Spegni i pregiudizi promossa dall’UNAR– Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Lo sguardo impertinente, tipico della più classica scugnizza napoletana, la pila di libri che posa in primo piano, ma soprattutto le scarificazioni sulle guance, stanno lì a ricordarci non solo che tutti i bambini devono avere pari opportunità e diritti, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’istruzione, ma anche che facciamo parte della stessa Tribù Umana.

Jorit

@Pagina Facebook Jorit

Da Napoli per il mondo

«Il rito della scarificazione consiste nel fare dei tagli sulle guance. Io ci sono entrato in contatto grazie a vari viaggi che ho fatto in Kenya ed in Tanzania. Mi interessava il discorso di segnare i volti quando le persone entravano all’interno della tribù. Ho esteso questa tribù alla comunità umana, quindi è un discorso di fratellanza.»

Così, Jorit, giustifica a dei giornalisti fiorentini in occasione dell’inaugurazione a Firenze di un murales dedicato a Nelson Mandela, nel dicembre dello scorso anno, i tagli sulle guance che contraddistinguono i suoi ritratti in tutto il mondo. Perché, l’artista militante, nel corso della sua vita ha girato in lungo e in largo per diffondere il suo verbo: dall’Africa, per l’appunto, dove entra in contatto con artisti dal grande talento tecnico e creativo grazie alla scuola d’arte internazionale d’arte Tinga Tinga di Dar es Salaam, in Tanzania, al Sud America tra Argentina, Bolivia, Aruba, Cile, Perù, Messico e Cuba. Nemmeno gli Stati Uniti e la Cina sono troppo lontani.

Ideali e arresti

I soggetti dipinti spaziano dalla gente comune a personaggi che hanno combattuto con le armi della cultura e degli ideali la loro personale guerra, per liberare le loro e le nostre coscienze dal giogo dello sfruttamento della violenza, delle disuguaglianze. A San Francisco, per esempio, nel cinquantesimo anniversario del raduno hippy più grande della storia, la Summer of Love, Jorit ha realizzato un’opera dall’ironico titolo Summer of Homeless, in cui ad essere rappresentato è un anziano senza tetto, a testimoniare la grande contraddizione rappresentata dall’elevato numero di senza fissa dimora presente nel quartiere di Tenderloin, nella capitale dell’amore. La scorsa estate Jorit è stato arrestato in Cisgiordania dall’esercito israeliano durante gli ultimi ritocchi ad un murales raffigurante Ahed Tamimi, un’attivista palestinese di 17 anni, rea di aver schiaffeggiato proprio due soldati del medesimo esercito. Il suo volto stava prendendo vita sul muro di separazione israeliano, a Betlemme.

Eroi silenziosi

«Nessuno di fronte ad un volto può provare sentimenti di odio: fondamentalmente ci rispecchiamo». L’azione più consistente e recente di Jorit è quella di donare a Napoli raffigurazioni di eroi, più o meno silenziosi, quasi a protezione della città. Ecco quindi che svoltando l’angolo ci si può ritrovare nello sguardo santificato di San Gennaro, a Forcella, costruito sul volto di un altro Gennaro, un operaio amico dell’artista; oppure di fronte a sua maestà Diego Armando Maradona, adorato idolo calcistico mai dimenticato, dipinto accanto a Niccolò, un bimbo autistico, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, un luogo lontano dai fasti e dalle bellezze del centro storico. I baffi e lo sguardo contrito di Eduardo De Filippo, decorano le saracinesche centrali del Teatro San Ferdinando. Da Massimo Troisi a Che Guevara, la bomboletta di Jorit arriva dritta al punto, strumento di arte militante, che deve far discutere.

Da qualche settimana, lo sguardo rassicurante di Pier Paolo Pasolini accoglie la gente di Scampia, affiancato negli ultimi giorni dalla limpidezza di Angela Davis, una delle più strenue attiviste del movimento afroamericano statunitense negli anni ’70.

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«Cerco di testimoniare la realtà che mi circonda, il momento. Scelgo i volti da dipingere in base a quello che immediatamente trasmettono alle persone.»

Con la sua fiducia nell’essere umano, la sua onesta ricerca di profondità nell’arte, la volontà di lasciare un segno che sia utile alla società, Jorit svolge una duplice funzione: ricordarci di non smettere mai di lottare per le cose in cui crediamo, nonostante le difficoltà che possiamo incontrare lungo il nostro cammino; restituire a quartieri spesso dimenticati ed etichettati in maniera poco felice e pregiudicante la dignità di sentirsi parte di qualcosa di più grande, una Tribù Umana, per l’appunto. “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

Foto copertina: Pagina Facebook Jorit

Lavinia Micheli