Architetti italiani in Thailandia
26 Luglio 2018   •   Deborah Scaggion

Architetti Italiani in Thailandia: gli uomini che ridisegnarono una Nazione

«Se stai pianificando un viaggio nell’esotica Thailandia, non perdere l’occasione di scoprire palazzi e monumenti tutti italiani e, spesso, ancora poco conosciuti. Ecco le opere più belle degli architetti italiani in Thailandia»

La Thailandia è una delle mete turistiche più amate al mondo, ma pochi conoscono il contributo degli architetti italiani nel ridisegnarne il volto all’inizio del XX secolo. Dopo un viaggio in Europa, il re Rama V (1853-1910) si innamorò dell’Italia e del suo patrimonio artistico e culturale. Fu così che decise di accogliere molti artisti e architetti italiani in Thailandia: l’obiettivo era quello di promuovere il “Rinascimento” nel Regno di Siam. È grazie a loro, infatti, che furono costruite strade, ponti, templi e palazzi, introducendo nel paese nuovi materiali e tecniche di costruzione. Questi uomini e artisti, in estrema sintesi, ridisegnando il volto della Thailandia, preservandone la bellezza ed eleganza che la caratterizzano ancora oggi.

Annibale Rigotti (1870-1968):

Arrivato in Thailandia all’inizio del XX secolo, lavorò principalmente a Bangkok. Qui fu a capo dei lavori per Villa Norasingh: inizialmente costruita per ospitare le famiglie di alcuni generali favoriti dal re, questo complesso architettonico fu acquistato dallo Stato nel 1941 e da allora l’edificio ospita il Palazzo del Governo. La facciata è di stile gotico veneziano e richiama la Ca’ d’Oro di Venezia. Rigotti riuscì inoltre  ad integrare l’edificio con il gusto locale, aggiungendo una statua dorata alla sommità. La statua raffigura Brahma, divinità creatrice del mondo materiale. Per ragioni di sicurezza, il palazzo è normalmente chiuso al pubblico, ma viene eccezionalmente aperto nella seconda domenica di Gennaio per la Giornata dei Bambini, una festività tailandese. Pere questo e tanti altri motivi Rigotti è considerato uno degli architetti italiani in Thailandia più influenti del secolo scorso.

Royal Thai Government

Insieme a Mario Tamagno, un altro architetto italiano di cui vi parleremo tra poco, Rigotti, progettò anche la Siam Commercial Bank, lungo la riva est del fiume Chao Phraya. Lo stile barocco della facciata richiama l’architettura europea e anche gli interni sono decorati con affreschi di stile preraffaelita. Inaugurato nel 1910, dal 1993 ospita il Museo dalla Bank of Thailand e rimane una delle gemme nascoste della città.

Mario Tamagno (1877- 1941)

Tamagno visse in Thailandia per molti anni, e questo gli permise di lavorare a molti progetti e di collaborare con molti altri architetti europei nel paese. La sua opera più importante rimane infatti il Palazzo del Trono Ananda Samakhon, progetto a cui collaborarono vari architetti italiani in Thailandia come Manfredi e Rigotti. Questo palazzo, di gusto rinascimentale, ospitò il Parlamento fino al 1974, dopo di che fu trasformato in un museo dell’artigianato tailandese aperto a tutti.

Tamagni contribuì alla modernizzazione del paese soprattutto attraverso la costruzione della stazione ferroviaria di Hua Lampong (o Krungthep) nel 1910, che rimane ancora oggi la stazione principale di  Bangkok e collega la città con tutta la Thailandia. Suo anche il progetto della Biblioteca Neilson Hays, che si occupa di promuovere la lingua inglese nel paese e tra le giovani generazioni.

@AsiaWorld.net

Ercole Manfredi (1883 – 1973)

Nonostante Manfredi sia una figura minore tra gli architetti italiani in Thailandia, il suo è stato comunque un ruolo fondamentale per il progresso del paese. Fu lui infatti il progettista della prima piscina costruita in Thailandia presso il Royal Bangkok Sports Club e curò i progetti in stile Bauhaus di molti edifici della Chulalongkorn University e della Silpakorn University, l’università più rinomate di Bangkok.

@Chulalongkornuniversity

Architetti Italiani Oggi: Influenze e prospettive

L’influenza degli architetti italiani in Thailandia non si esaurisce certo con il loro lavoro. La loro eredità si ritrova infatti in altri edifici, che richiamano i loro lavori nello stile e nell’uso dei materiali. L’esempio migliore è il Wat Benchamabophit, letteralmente il Tempio di Marmo (1899), che prende il nome dal Marmo di Carrara con cui è stato interamente costruito.

Più recentemente la crescita del turismo ha portato molti studi di architettura italiani a trovare opportunità di business nel paese. È il caso di Studio Otto – Paola Navone, che ha progettato a Phuket il lussuoso  Como Point Yamu, resort che rivela la sua italianità nel nome, nell’attenzione per i materiali e per la presenza al suo interno di un ristorante italiano.

Deborah Scaggion