opere italiane al Louvre
31 Agosto 2018   •   Redazione

Opere italiane al Louvre: depredate da Napoleone, restituite da Canova, reclamate da Alberto Angela

«Napoleone avviò la campagna d’Italia nel 1796 con l’intento di saccheggiare le migliori opere d’arte del Belpaese. Obiettivo: aggiungere diverse opere italiane al Louvre, facendone il più famoso museo di Parigi e del mondo.»

Quando si viaggia per città straniere, la prima cosa che programmiamo di fare è visitarne i musei. Questi grandi contenitori, custodi di arte e storia, sono fondamentali per immergerci completamente nella cultura dei popoli che li hanno immaginati e poi costruiti. A volte accade però un fatto abbastanza curioso. Camminando per gli androni illuminati, fra turisti e teche di vetro, succede di ritrovarsi di fronte un Michelangelo, un Raffaello o un De Chirico. Tralasciando i discorsi sull’universalità dell’arte, vi è mai capitato di pensare al modo in cui quelle opere italiane siano finite a New York, Londra o Parigi? Oggi parliamo della storia delle opere italiane al Louvre.

In una recente intervista del Fatto Quotidiano, il noto divulgatore scientifico Alberto Angela, ha affermato che “Il Louvre dovrebbe restituire le opere depredate”. Il principe dei musei europei, nasce come tale nel 1793, a seguito di una Convenzione che da vecchio palazzo reale lo tramuta in Museo Centrale delle Arti della Repubblica. Il patrimonio artistico iniziale era costituito dalla collezione della Corona, dai beni confiscati agli aristocratici francesi e dai beni ecclesiastici. A cosa si riferisce allora Alberto quando parla di opere italiane al Louvre “depredate”? No, non stiamo parlando della Gioconda di Leonardo, portata dallo stesso in Francia nel 1516 e che, si presume, da questi donata a Francesco I insieme ad altre opere. Ma parliamo delle opere di cui Napoleone fece incetta durante la campagna d’Italia fra il 1796 e il 1814.

Il celebre condottiero francese, imperatore prossimo venturo, aveva ben compreso che il prestigio e la civiltà di una nazione risiedevano prima di tutto nelle arti. E certo l’Italia, alimentata da classicismo, rinascimento e medioevo, ne indossava la corona. 506 le opere registrate che furono trafugate da una commissione di artisti e studiosi, creata appositamente per arricchire il Louvre di Parigi. Ne faceva parte Andrea Appiani, fondatore della Pinacoteca di Brera, voluta proprio da Napoleone nel 1804. Bersaglio principale: capolavori dell’antichità e del Rinascimento, di grande valore accademico. Ricordiamo fra gli altri Il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere, indicato come modello di perfezione artistica da Winckelmann, uno dei massimi teorici del classicismo. Ma anche opere di Raffaello, Tiziano, Guido Reni furono costrette all’espatrio.

Dopo il Congresso di Vienna del 1815, lo Stato Pontificio e le altre amministrazioni locali italiane ottennero la restituzione parziale delle opere italiane al Louvre. La restituzione non fu completa perché risultava abbastanza problematica a livello burocratico. Al tempo, l’”uom fatale” di manzoniana memoria, aveva predisposto una clausola nei trattati di pace con le terre conquistate. Le riparazioni prevedevano oltre al versamento di ingenti somme di denaro anche la cessione di numerose opere d’arte. Ottimo metodo per mascherare il furto. 248 opere delle 506 restarono in Francia, 9 andarono disperse.

Paladino della restituzione fu il celeberrimo Antonio Canova. Lo scultore era già famoso ed apprezzato presso tutte le corti europee e sembrò il più adatto a ricoprire questo ruolo. Papa Pio VII lo nominò commissario straordinario per il recupero delle opere. L’artista giungeva a Parigi nell’agosto del 1815. La missione di redistribuzione, appoggiata dal re inglese Giorgio IV, toccò tutte le città più importanti d’Italia. Prima Bologna, poi Roma (52 casse di capolavori erano arrivate a Civitavecchia sul battello Abbondanza). E poi Veneto, Piemonte, Toscana, Lombardia. In uno scritto del 1818 Leopardi esprimeva la sua gioia per le opere “ritornate alla patria.”

Le Scuderie del Quirinale di Roma, fra il 2016 e il 2017, hanno ospitato la mostra Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova. In mostra, circa una cinquantina delle ex opere italiane al Louvre: dal ritratto di Papa Leone X con i Cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de Rossi di Raffaello, alla Deposizione di Annibale Carracci. Dalla Venere Capitolina al Giove di Otricoli. Molte però, come abbiamo detto le opere rimaste oltralpe: una fra tutte Le nozze di Cana del Veronese, collocate proprio di fronte alla Gioconda, al Louvre.

Tra chi dice che leggere il “cartellino Campagna d’Italia” sotto alle opere del Louvre provoca un “fastidio profondo” (Alberto Angela dixit) e chi sostiene, come Sgarbi dalle colonne de Il Giornale nel 2009, che restituire le opere del Louvre “una follia”, una cosa rimane certa: la bellezza dell’arte italiana nel mondo, che si fa arte di tutti ma che racconta una sola storia, la nostra.

Foto copertina: Wikipedia

Lavinia Micheli