Milano Jewelry Week 2019
14 Novembre 2019   •   Cecilia Presutti

Milano Jewelry Week 2019: cronache di un mondo dorato

«Alla scoperta della Milano Jewelry Week 2019: quattro chiacchiere con gli artisti (e tanti, tantissimi gioielli)»

Sono stata alla Milano Jewelry Week 2019. Vagando per le affollate vie del centro, sotto un sole primaverile, ho dato la caccia a gallerie d’arte e palazzi storici, in cerca di piccoli capolavori d’oreficeria che mi lasciassero a bocca aperta. Devo ammettere che non sapevo bene cosa aspettarmi da questa inedita esposizione: ero curiosa ma, al tempo stesso, temevo di incappare nel classico evento mainstream dai contorni decisamente troppo commerciali. Per fortuna, tutte le mie reticenze sono state spazzate via nel momento in cui ho varcato la soglia di Palazzo Bovara: se allestire un’iniziativa di queste proporzioni senza scadere nella grossolanità da manifestazione fieristica non è facile, alla Milano Jewelry Week 2019 ci sono riusciti. Ho davvero apprezzato la scelta di questa eleganza discreta, di questa atmosfera intima e raffinata, ben lontana dal caotico frastuono che spesso accompagna i grandi eventi culturali. 

Vorrei scrivere di aver percorso, con dovizia da certosino, ogni centimetro quadrato delle tantissime location che hanno ospitato l’evento, ma – ahimè – il giorno è fatto di sole ventiquattro ore (e anche la mia disorganizzazione cronica non scherza). In qualsiasi caso, ho visto abbastanza da portarmi dietro un bel ricordo e gli incontri con alcuni espositori – pochi ma significativi – l’hanno reso ancora più prezioso. Ringrazio di cuore chi mi ha dedicato il proprio tempo e riporto con piacere le brevi “chiacchierate” con due artisti le cui opere mi hanno particolarmente colpita: Alfredo Cittadini e Margherita Forgione. In chiusura, invece, l’intervista a Carlotta di Babs Art Gallery, che – insieme alla titolare Barbara Lo Bianco – mi ha sopportata mentre girovagavo fotografando compulsivamente tutti i gioielli esposti.

Intervista ad Alfredo Cittadini

Allora Alfredo, mi racconti qualcosa? Poco fa accennavi alla fisionomia dei tuoi gioielli…
L’intera collezione è basata sulle geometrie armoniche. Tutte le cose di cui è composto l’Universo, dal legno alla pietra, dagli alveari delle api ai capelli, sono formate da un reticolo, da una geometria, appunto. Questo regola il Tutto, e lì dentro ci sono la vita, la morte e la rigenerazione: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Io volevo creare una collezione che rappresentasse questa cosa, con quello che – notoriamente – è la rappresentazione della morte per noi tutti: le ossa. Volevo però che l’idea non fosse manifesta e il fatto che non si capisca che sono ossa significa che questa cosa è arrivata.

In effetti, la cosa più interessante, al di là del (bellissimo) risultato estetico finale, è capire che cosa ci sta dietro: scoprire la filosofia, la sensibilità che ha portato alla creazione.

Certo. Il mio professore di Antropologia diceva che o si lavora sulle proprie ossessioni e i propri traumi o non si tirerà mai fuori niente di interessante. Quindi diciamo che ho attinto ai traumi che un po’ tutti viviamo durante la vita e ho cercato di codificarli in un modo che fosse resilienza: trasformare un’esperienza non piacevole in una cosa bella e piacevole.

Insomma, hai canalizzato i traumi emotivi nell’arte.
Esatto.

E da quanti anni è che ti occupi di questo settore?
Ho iniziato con l’Istituto d’Arte a quattordici anni, poi ho proseguito con l’Accademia di Belle Arti e Scenografia, continuando però sempre a disegnare e realizzare gioielli. Anche questi li realizzo fisicamente io. Sono fatti in cera persa, quindi sono micro-fusioni: preparo sculture in cera, le porto in fonderia, loro me le restituiscono e io le rifinisco. A quel punto creo pezzi unici, oppure delle piccole serie. Trovo che Artistar sia una grande manifestazione perché dà la possibilità alle persone di indossare arte contemporanea.

Anche perché non capita di imbattersi in opere simili nelle normali gioiellerie.
Infatti. Questo è uno spazio fantastico, un progetto che portano avanti da anni con dedizione.

Quindi hai avuto un buon feedback da questa esperienza.
Assolutamente. Tutte le persone del team sono davvero carine, professionali e disponibili. Hanno messo in mostra le opere di tante persone, di tanti caratteri e sensibilità differenti, creando un’esposizione molto interessante per molti. 

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Magari anche per chi di solito non andrebbe a vedere manifestazioni di questo genere. Ti chiedo un’ultima cosa: quanto tempo impieghi per realizzare uno dei tuoi pezzi unici?
Un bel po’, perché parto proprio da un lavoro sulle ossa. Mi sono consultato con un tassidermista, poi da lì ho imparato, ho studiato un po’ di anatomia specifica e ho riprodotto quelle ossa in cera. Una volta riprodotte mi sono creato un campionario di ossa differenti. Nella fattispecie, appartengono alla colonna vertebrale, e le opere portano il loro nome (T7, S4…): volevo che ci fosse un rimando, che poi venga letto o meno importa poco.

In fondo l’arte è sempre una questione di letture…
Esatto. Io di base volevo che passasse il messaggio che con la nostra morte non è che non lasciamo niente: ci trasformiamo. 

Milano Jewelry Week 2019

Intervista a Margherita Forgione alla Milano Jewelry Week 2019

Ciao Margherita. Mi parli un po’ di te?
Vengo da Roma, sono laureata in Storia dell’Arte e da due anni mi dedico al mondo del gioiello. Creo gioielli ispirati principalmente alla storia dell’arte e alla vita quotidiana. Mi guardo molto intorno e, proprio da questa osservazione, sono nate le due collane esposte, che hanno come tema la metamorfosi. La collana che ho chiamato H.b., per esempio, è basata sul passaggio dal legno alla matita al truciolo temperato. Stessa cosa per la collana con i pop corn: il passaggio dal chicco di mais al popcorn, appunto. C’è questo concetto dei tre tempi, passato presente e futuro, che si fondono in un unico pezzo (mentre di solito li osserviamo in momenti consequenziali).

Come mai hai deciso di lanciarti in questo settore?
È una passione che ho da quando ero piccola, non ho mai fatto nulla per alimentarla. Mi sono iscritta a un corso a Roma e da cosa nasce cosa.

Alla Milano Jewelry Week 2019 che feedback hai avuto? Ti sei trovata bene?
Molto bene, sono soddisfatta, soprattutto per la reazione del pubblico. Ho ricevuto molti complimenti e mi piace osservare l’espressione delle persone quando guardano i miei pezzi. Sono simpatici, passano, sorridono…anche i bambini. Ho vinto il premio per andare in Romania alla Settimana del Gioiello, quindi esporrò anche lì le mie collane. 

Milano Jewelry Week 2019

Intervista a Carlotta – Babs Art Gallery

Voi, come galleria d’arte, di cosa vi occupate generalmente?
Noi nasciamo come galleria di gioielli d’artista. Collaboriamo con artisti che normalmente si occupano di pittura, scultura o fotografia e che quindi non hanno mai realizzato gioielli nel corso della propria carriera. Ispirandoci al loro lavoro, creiamo queste collezioni di gioielli, realizzate in esclusiva per la nostra galleria. È un lavoro a sei mani, che coinvolge galleria, orafo e artista: l’artista disegna i bozzetti, che poi noi seguiamo per andare a creare, insieme all’orafo, il gioiello vero e proprio. Sono sempre collezioni molto piccole: sei, nove, massimo dieci pezzi, che sono delle opere d’arte a tutti gli effetti. Quando poi vengono vendute, rilasciamo delle autentiche. Questo è, fondamentalmente, il concept della Babs Art Gallery. I gioielli vengono esposti – per due mesi/due mesi e mezzo – insieme alle opere, in modo da creare il dialogo di cui dicevo. Terminata la mostra, le opere vengono portate via, mentre la collezione di gioielli va a unirsi con gli altri pezzi esposti precedentemente.

Che feedback avete avuto da questa prima edizione della Milano Jewelry Week?
Positivo. Siamo contenti, abbiamo avuto una buona risposta.

Quindi, se ci fosse una seconda edizione, la Babs Art Gallery parteciperebbe di nuovo?
Sì, penso proprio di sì.

Un’ultima domanda: gli artisti che avete selezionato tra i 350 coinvolti nella manifestazione sono stati scelti in base a un vostro gusto personale?
È una scelta che viene fatta direttamente dalla titolare. Di sicuro alla base c’è un gusto personale, ma anche la ricerca di una certa particolarità, che può essere ad esempio l’utilizzo di determinati materiali.

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Cecilia Presutti