Marco Franciosi: «Ecco come il cozzetiello è sceso in strada»
«Da merenda casalinga a marchio registrato e simbolo dello street food napoletano. Marco Franciosi, titolare del pub The Sign e inventore del “cozzetiello”, ci racconta come è successo»
Vi spiego in breve la domenica mattina nelle case napoletane: la pentola col ragù sobbolle, il profumo invade tutto e succede così che, al posto di caffè e brioche, si faccia colazione con pane e sugo. Un gesto così semplice che ha tutto il profumo e il sapore della tradizione, profondamente radicato nei ricordi di tutti i napoletani. Ma com’è successo che da cibo di casa, appunto, diventasse cibo di strada? Il merito va tutto a Marco Franciosi, titolare del pub The Sign di Pozzuoli, che grazie ad una geniale intuizione ha permesso che il cozzetiello rientrasse a pieno titolo nel gotha dello street food partenopeo. Noi di Snap Italy, incantati dalle foto di queste speciali merende ripiene di ogni bendidìo, non abbiamo resistito e abbiamo voluto scoprirne di più; e chi meglio dello stesso Marco Franciosi poteva delucidarci in merito? Ed è così che Marco Franciosi ha ripercorso con noi tutte le tappe che lo hanno portato da esperto di comunicazione a diventare titolare del marchio registrato cozzetiello. Ecco tutto quello che ci siamo detti!
Marco Franciosi, da giornalista e conduttore radiofonico a titolare del The Sign. Perché hai deciso di lanciarti nel mondo della ristorazione e come è nato il tuo pub?
I lavori che ho sempre scelto di fare, tra cui anche quelli che hai citato, rientrano nel mio concetto che “il miglior lavoro è quello che non ti sembra un lavoro”. Non che non siano lavori faticosi eh, tutt’altro. Ma quando alzandomi al mattino sono contento di quello che sto per andare a fare, vuol dire che la strada che sto percorrendo è quella giusta. Se invece mi accorgevo che iniziava a pesarmi, voleva dire che era il momento di cambiare. Nel 2010 iniziai ad occuparmi di consulenze per la ristorazione, soprattutto per ciò che riguardava la comunicazione, la gestione delle risorse umane e la creazione del prodotto da diffondere. Partii con grande entusiasmo e ottenevo buoni risultati. Ma sempre più spesso capitava che gli imprenditori che seguivo, dopo i miei interventi, prendessero altre strade convinti di “aver capito il segreto” e vedevo il mio lavoro sprecato. Mio fratello Michele, che è anche mio socio nel The Sign, nel 2013 tornò in Italia dopo aver lavorato in Hilton a Londra. E proprio nel periodo in cui mi disse che stava per rientrare per un po’, uno dei miei locali preferiti dei tempi dell’università chiuse i battenti. Credo molto nel destino e questa combinazione di eventi per me voleva dire “Ma perché continuare a cercare di aiutare gli altri e non fare quello che propongo in un locale mio?”. E così, con la voglia di Lasciare il Segno (ed ecco uno dei tre motivi per cui il locale si chiama The Sign), iniziammo questo progetto! Ah… inutile dire che Michele non partì mai più!
E invece come nasce il cozzetiello? Parlaci dell’idea che c’è dietro, da cosa trae ispirazione, come ha preso forma concretamente e del processo che lo ha portato a diventare un marchio registrato.
Stavo preparando un articolo per il giornale con cui collaboravo. All’epoca, nel 2012, il concetto di street food non era ancora così diffuso come ora. Ma soprattutto mi resi conto che in giro per il web tra gli esempi di cibo da strada non c’era nulla di napoletano! Il che è assurdo… Noi qui a Napoli mangiamo a qualunque ora del giorno e della notte e non è affatto insolito vedere persone che camminano con in mano una pizza a portafoglio (la pizza tonda cotta al forno e piegata in quattro parti) o ungersi le dita mangiando zeppole e panzerotti (che per il resto del mondo sarebbero i crocché di patate e le paste cresciute), ma nulla di tutto ciò era in nessuna classifica pubblicata su siti o blog. E pensai che ci voleva una svolta. Napoli è palesemente la capitale del mangiare per strada! Dovevo scoprire quindi il prodotto street food che rappresentasse Napoli. Ma non trovavo nulla di vincente. Il pensiero mi ronzava sempre in testa ed alcuni mesi dopo l’apertura del The Sign, mentre ero in cucina, trovai in un cestino un mucchio di cozzetielli. La parte terminale dei filoni di pane, per galateo, tende a non essere messa mai nei cestini di pane che vengono portati in tavola, e quindi sono scarti. Fu un’epifania! Presi da parte il mio chef, Giuseppe Postiglione, e gli dissi: “E se creassimo una linea di cozzetielli ripieni e li proponessimo sul menu?”. Dopo averlo convinto che non stavo scherzando (e c’è voluto del tempo…) provammo. E non siamo più riusciti a farne a meno! Da esperimento poi divenne un progetto vero e proprio, con ricerca di materie prime che fossero adeguate per una clientela moderna ma allo stesso tempo tradizionali come le nonne vorrebbero, ed è così che è nato il nostro prodotto di punta. La registrazione del Marchio poi fu più che altro un omaggio al cozzetiello stesso.
Cosa ci dici invece sugli ingredienti e sulle materie prime che utilizzate per il cozzetiello, a partire dal pane fino ad arrivare ai ripieni?
Il pane è fatto con farina di tipo 2 e lievito madre. Concediamo gratuitamente l’utilizzo del nome a chi lo chiede, chiediamo in cambio solo il rispetto della ricetta, almeno per quello che riguarda l’uso della farina. Molti usano la doppio zero, che è la più raffinata di tutte. Molto industriale, cosa che tradizionalmente non sarebbe stata possibile. E sicuramente molto più economica. Nella farina di tipo 2 invece il chicco di grano intero viene macinato a pietra, è più digeribile e più sano ed ha ottime caratteristiche nutrizionali. Potremmo definirla una semi-integrale. In alternativa utilizziamo la Farina Petra®1, che addirittura viene macinata in mulini antichi e che ha una croccantezza ed una leggerezza unica.
Quali e quanti sono i gusti con cui è possibile farcirlo e quali sono i più apprezzati dai clienti?
Per quel che riguarda i ripieni andiamo da sughi tradizionali fino a sperimentazioni un po’ particolari, ma quelli più gettonati sono di certo quelli più classici. Cambiamo il menu ogni 3 mesi e ci troviamo ad affrontare musi lunghi ogni volta dei clienti abituali che vedono sparire i cozzetielli con la genovese di carne, o quelli con il soffritto, o il ragù. Quelli che invece teniamo tutto l’anno sul menu sono i nostri bestseller, e tra tutti ti cito il Polpette e Parmigiana di Melanzane!
Dove si può trovare il cozzetiello, oltre che al The Sign di Marco Franciosi? Si parlava dell’apertura di un take away completamente dedicato. È stato aperto o è un progetto ancora in cantiere?
Attualmente posso dirti che l’unico altro locale che propone un cozzetiello vero come il nostro non si trova nemmeno a Napoli ma a Verona. Il locale si chiama Ancestrale, ed è l’ultimo progetto di Chef Fabio Tammaro, dove i cozzetielli vengono proposti prevalentemente con ripieni di mare. Inoltre, sono stati aperti altri due punti vendita dedicati. Abbiamo inventato una formula chiamata Temporary Pub, piccoli locali già attrezzati presi in gestione per un periodo limitato di tempo, una stagione ad esempio (3 o 6 mesi). I locali si chiamavano Eat & Biv (che allo stesso tempo richiama un’esclamazione colorita napoletana, il Mangia e Bevi misto anglo-napoletano). Proponevamo birre artigianali e cozzetielli. Ora abbiamo perfezionato la formula e vorremmo portare questa idea alla fiera del franchising. Aprire un punto Eat & Biv, chiavi in mano, costerà meno di 20.000€.
Dal prodotto “cozzetiello” è nato anche un altro progetto: il Cozzetiello Tour. Com’è venuta quest’idea a Marco Franciosi e quale scopo ha?
Il Cozzetiello Tour è stata un’idea mia e dello chef per farci una vacanza diversa. Abbiamo preso a noleggio un mezzo già predisposto per lo street food e lo abbiamo brandizzato. Volevamo vedere in tutta Italia come le persone accogliessero questo prodotto. È stato un successo e contemporaneamente è servito a definire ancor meglio il prodotto. Il pane ad esempio è diverso di regione in regione. Volendo aprire un franchising si dovrà tener conto dei gusti e delle abitudini locali. Quindi mentre in principio credevamo di poter usare il nostro pane ovunque, essendo un prodotto da acquistare con cadenza giornaliera, si dovrà fare una ricerca tra gli artigiani locali e trovare fornitori che seguano le ricette a menadito. Comunque ti assicuro che vedere sardi, pugliesi, siciliani accalcarsi davanti al furgone per accaparrarsi uno dei cozzetielli disponibili (ne facevamo solo 300 alla volta) è stato meraviglioso e commovente.
Meraviglia e commozione… deve essere proprio questo quello che si prova quando si addenta un cozzetiello, penso. Non ci resta che varcare la soglia spazio temporale del The Sign di Marco Franciosi e toglierci ogni ombra di dubbio!
Marcella Scialla