18 Luglio 2019   •   Federica Portoghese

Spiagge più pulite grazie al plastic free

«Si moltiplicano gli stabilimenti “plastic free”, spiagge più pulite d’Italia nei quali la plastica e gli oggetti realizzati con questo materiale sono messi al bando, sulla scia della direttiva europea che impone di ridurre la plastica usa-e-getta entro il 2021»

Ogni estate si produce il 30 per cento in più di rifiuti di plastica, 5 kg al giorno su ogni km di costa. Sempre più stabilimenti la mettono al bando. Posate, piatti, bicchieri, cannucce, ecc da sostituire con prodotti realizzati in materiali biodegradabili e compostabili, il tutto per tornare ada avere spiagge più pulite e confortevoli.

Spiagge più pulite e “plastic free

Tra le prime località si è distinta Rimini, che già dallo scorso 15 aprile ha vietato l’uso di contenitori in plastica usa-e-getta. Tutta l’Emilia Romagna ha messo a punto un progetto, chiamato Plastic free 2023, che prevede politiche analoghe, così come ha fatto anche buona parte del litorale ligure: a Vernazza (Cinque Terre) già dal 1° gennaio 2019 tutte le attività commerciali e di ristorazione hanno vietato gli oggetti monouso in plastica. Da Lerici (Levante) ad Andora (Ponente) si moltiplicano gli stabilimenti balneari dove campeggiano cartelli con divieto di uso di bicchieri e posate in questo materiale.

Pelagos Plastic Free

Si chiama Pelagos Plastic Free, invece, il progetto dell’isola d’Elba, dove i comuni di Porto Azzurro, Capoliveri, Marciana Marina e Campo all’Elba hanno scelto prodotti riutilizzabili o compostabili anche nei supermercati. Stessa linea per altri litorali come quelli delle Marche e del Lazio, dove a Sperlonga, ad esempio, si accede solo con borse della spesa e contenitore di carta.

Multe per gli incivili

In Campania, a Ischia e Capri multe salate (fino a 500 euro) per chi usa prodotti non riciclabili. La Puglia è stata poi la prima regione a bandire gli oggetti monouso in plastica, non solo nelle spiagge attrezzate, ma anche in quelle libere, con controlli rigidi e attenzione particolare alle isole Tremiti, dove lo scorso anno sono state trovate concentrazioni di microplastiche tra le più elevate d’Italia. Politiche analoghe sono state adottate anche in Sardegna (da Olbia a Stintino, fino a Carloforte) e in Sicilia, dove i divieti a San Vito Lo Capo sono scattati il 1° maggio scorso mentre a Taormina entreranno in vigore da agosto.

Mari e spiagge più pulite? Non è più così!

«Francia, Italia e Turchia, affacciati sul Mediterraneo, producono oltre 24 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica ogni anno» spiega il WWF. «Il problema aumenta in estate con un flusso turistico che fa salire del 30 per cento la produzione di rifiuti plastici». Il nostro Paese produce 4 milioni di tonnellate di plastica all’anno, dei quali l’80 per cento proviene dall’industria degli imballaggi. Ogni anno solo l’Italia riversa in natura mezzo milione di tonnellate di rifiuti plastici.

Più sensibili al problema?

«Quella della plastica è una vera emergenza, una delle sei più grandi problematiche globali e viene sicuramente percepita di più rispetto al cambiamento climatico, su cui c’è un forte negazionismo da parte del mondo dell’industria. Chiunque di noi può vedere il capodoglio o la tartaruga spiaggiata per aver mangiato plastica. Per agire, però, occorre intervenire a livello di abitudini» spiega Eva Alessi, responsabile programma Consumi sostenibili del WWF, che quest’anno ha organizzato il Tour #plasticfree 2019, per ripulire spiagge e fondali dalla plastica, lungo i litorali italiani, con 6 tappe fino al 31 agosto.

Come vengono sostituiti gli oggetti di plastica?

«Nelle spiagge delle località che hanno deciso di mettere al bando la plastica il primo passo è sicuramente quello di sostituire gli oggetti monouso in questo materiale con altri biodegradabili, come la carta, ma in realtà dovremmo fare un passo in più, usando per esempio bicchieri di vetro o posate di metalli o piatti di ceramica. Non possiamo pensare di sostituire 500 kg di piatti in plastica con altrettanti in carta, bioplastiche o bambù, perché se è vero che non rimarranno per 600 anni nell’ambiente, questi materiali devono essere coltivati, raccolti, lavorati e trasportati, con notevole inquinamento e impatto ambientale» spiega Eva Alessi, esperta del WWF.

Ogni settimana “ci mangiamo” una carta di credito

«L’obiettivo è rinunciare a qualche comodità. Ormai non c’è più spazio per i rifiuti: abbiamo trovato carte di caramelle alla Fossa delle Marianne. Ormai ognuno di noi ha dentro di sé microfibre di plastica: l’ultimo report ci segnala che ciascuno mangia ogni settimana l’equivalente di una carta di credito o una penna, pari a 5 grammi di plastica; ogni 3 settimane è come se ingerissimo un pettine» spiega l’esperta.

Federica Portoghese