murales a rebibbia
24 Aprile 2019   •   Sara Giannessi

Murales a Rebibbia: viaggio nella street art a Roma

«In pochi conoscono i murales a Rebibbia, ma se amate la street art in una delle sue forme più pure, una gita ai confini del G.R.A. è quello che vi ci vuole.»

Rebibbia è l’ultima fermata della metro B di Roma, è il carcere, è il quartiere di Zerocalcare. La prima volta che sono scesa al capolinea “Rebibbia” mi sono messa a girare a caso nelle vie tra la fermata e il carcere cercando questi quasi-famosi murales a Rebibbia. È una zona diversa Rebibbia. Così isolata quasi ai confini del Grande Raccordo Anulare, sembra una città nella città. Isolata tanto da non essere neanche stata inclusa nel film-documentario Sacro GRA. si trovano ancora le macellerie e i piccoli supermercati come nei paesini, non certo come nella Capitale. E si vede che le persone si sentono a casa. Finché non si acquista una certa appartenenza ci si sente quasi intrusi.

Zerocalcare

“Welcome to Rebibbia, fettuccia di paradiso stretta tra la Tiburtina e la Nomentana, terra di mammut, tute acetate corpi reclusi e cuori grandi.”

Il murale realizzato dal fumettista Zerocalcare alla fermata della metro.

Appena usciti dalla metro, ad accogliere gli abitanti e chi è solo di passaggio c’è un murale di Zerocalcare, il fumettista romano famoso ormai in (più o meno) tutta Italia e che dell’appartenenza a Rebibbia ha fatto un tratto distintivo. Il murales rappresenta il mammut il cui scheletro dovrebbe essere conservato al museo di Casal de’ Pazzi. Uso il condizionale perché non si è ancora capito con certezza se quella del mammut sia solo una leggenda e se in realtà lo scheletro contenuto al museo sia “semplicemente” quello di un elefante molto antico. Una leggenda che Zerocalcare ha contribuito ad alimentare, pur sempre specificando come anche per lui il contenuto del museo sia rimasto un mistero indefinito.

Questo murales a Rebibbia rappresenta bene sia il quartiere, sia il suo legame con il fumettista. Segna un confine, l’ingresso in un nuovo territorio, identifica una posizione geografica, rimanda a un personaggio che ormai chi è di Roma considera un’istituzione, ricorda che a Rebibbia c’è sì un carcere ma anche un museo. E che oltre qualsiasi muro, ci sono persone, e dentro alle persone ci sono dei cuori che li rendono umani. Qualsiasi prodotto di Zerocalcare non può prescindere dalla dimensione sociale.

Blu

Continuando questo vagabondare, mi sono imbattuta per la prima volta in un murale colorato, che si stende su tutta la facciata di una palazzina di casa popolari. La palazzina sarebbe stata un altro ammasso di cemento grigio e pesante, se non fosse stato per quella botta di colore che vuole farsi vedere. Via Giovanni Palombini. Lo street artist in questione è Blu, il cui nome che è stato accostato dal The Guardian a Keith Haring e Banksy.

La spirale della storia del mondo, Blu

Questo murales a Rebibbia ha per titolo Spirale della storia della terra, ma non starò a descriverne il significato perché avrebbe molto meno valore che scoprirlo da soli osservandolo a testa in su. Quello che ha valore di questo murale e di altri realizzati da Blu a Rebibbia è che non l’artista abbia deciso di non cancellarlo. Perché è quello che è successo a Berlino e a Bologna, entrambe città con una bella “tradizione” di street art alle spalle. E proprio per questo probabilmente Blu ha deciso di far sparire le proprie opere, non erano più quello per cui erano nate: riqualificare e dare valore a aree urbane altrimenti abbandonate. Dopotutto questo è il senso della street art. Se poi queste opere rischiano di “invecchiare” e diventare il residuo quasi istituzionale di una ribellione passata, allora tanto vale rifare tabula rasa. A Rebibbia invece è ancora possibile sperare in una ribelle riqualificazione, e forse è questo che vogliono testimoniare questi murales.

Sara Giannessi