Murales Maam
04 Aprile 2019   •   Sara Giannessi

MAAM di Roma: 10 anni visti da una profana di street art

«La prima volta che ho sentito parlare del MAAM mi è stato presentato come un luogo “visitato dai turisti ma sconosciuto ai romani”. Poi hanno aggiunto che è un luogo di cui si è “fieri di far conoscere a quante più persone possibili”.»

Roma è ricca di questi luoghi inaspettati. Il MAAM – Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz – si trova su via Prenestina. Sui suoi muri, i culturi di street art già riconoscono qualche nome noto.

Il MAAM nasce come stabile occupato. Ad oggi è diventato un museo a tutti gli effetti, tranne che non c’è nessun biglietto da pagare, solo un’offerta per chi quel luogo continua a “occuparlo” e quindi a renderlo fruibile. All’interno opere concettuali di arte moderna, come quelle dei musei turistici delle grandi città, ma qui è l’intero edificio a rappresentare un’opera d’arte, concettuale e non. Una realtà che dilaga nella rete di artisti e di nomi che le si sono creati intorno e che in qualche modo ha contribuito a creare. Ma partiamo con ordine.

Che cos’è il MAAM?

crescere e rendere unici infiniti orizzonti ci guideranno alla ricerca “dell’altro e dell’altrove”

Il MAAM nasce nel 2009, 10 anni fa. Nasce con Metropoliz,  un progetto che unisce le necessità di persone in difficoltà e il voler fare qualcosa contro la decadenza del proprio territorio. Metropoliz è una città meticcia: ce lo dice il nome, dall’inglese, o meglio bad english, la lingua di tutti, modificata dalla massa globale che lo usa. Metropoliz è uno spazio abitato, si capisce dalle tante cassette della posta che segnano l’ingresso al museo. Per chi, come me, si è avventurato sprovveduto in questi territori, potranno sembrare quasi la prima installazione artistica di benvenuto. Il confine tra arte e elemento abitativo qui è molto sottile. Dall’altra parte rispetto all’ingresso si apre Piazza Perù, anche questa uno spazio reale e simbolico di integrazione e fusione.

Metropoliz è abitato anche da bambini, che vivono con allegria la dimensione “museale” della loro casa e vanno tra i visitatori a chiedere una gomma o a mostrare una porta segreta che secondo loro nessun altro avrebbe trovato. E gli abitanti di Metropoliz invitano e costringono il visitatore a ricordarsi che quello spazio è casa loro. Ma che questo permette lo stesso la condivisione dei “doni artistici” che a quello spazio sono stati fatti. Perché è tramite dei doni di artisti della street art e dell’arte moderna che questo spazio si è andato a formare, modificare e assestare.

I nomi del MAAM

Il MAAM è un posto di persone, e come tale le sue vere fondamenta vanno ricercate nella rete di personalità intellettuali e artistiche che gli si sono avvicinate e che l’hanno fatto nascere e poi curato, una rete che sembra veramente non avere confini.

Il curatore

Partire forse è più facile: il suo curatore, Giorgio de Finis, che è stato colui che ha proposto – come dichiara in un’intervista a Adnkronos – di innestare l’ambiente museo su un ambiente abitativo. A oggi il nome di de Finis è collegato anche e soprattutto al progetto del Macro Asilo, nonché alla casa editrice romana Bordeaux con cui ha pubblicato vari titoli, tra cui ovviamente un volume quasi interamente fotografico dedicato al MAAM. Sul museo ha anche girato, insieme a Fabrizio Boni, un film documentario – pubblicato sul canale YouTube di Space Metropoliz – sull’avventura surreale di costruire un luogo così lontano dalla realtà “capitalista” e “fordista” nel quale nasce e nel quale stenta a sopravvivere. Rimane comunque uno spazio occupato verso il quale le istituzioni si pongono in modo ambivalente.

Le personalità

Si prosegue con un nome autorevole e fortemente simbolico in questo contesto: quello di Marc Augè. L’antropologo francese ha definito il concetto di non-luogo, spazio della modernità che non appartiene a nessuno e a cui nessuno quindi sente di appartenere: i vagoni della metropolitana, i centri commerciali, le autostrade… Augè nel 2016 ha partecipato a un incontro organizzato da Più Libri Più Liberi (la fiera della piccola editoria di Roma) dislocato proprio al MAAM. È simbolico che proprio chi hariconosciuto l’esistenza di questi luoghi stranianti abbia voluto invece riconoscere il valore umano di questo “museo abitato”.

Simbolico è anche il videoclip di Caparezza girato sempre tra i graffiti del museo: Argenti vive è un pezzo culturale. Parte da un personaggio della Divina Commedia e ne fa un emblema della giustizia senza appello, ingiusta anche quando non dà voce a un colpevole. Argenti rimane però comunque un personaggio oppressore e distante dai valori della società civile, e il suo trovare spazio tra questi locali abbandonati e riabitati forse sta di nuovo a segnare la vittoria della comunità sull’individuo.

Gli (street) artisti

Si continua poi cercando di districarsi tra i nomi dei tanti artisti che hanno partecipato allo sviluppo di questo museo. La firma riconoscibile dell’esterno è di Eduardo Kobra, street artist brasiliano le cui opere sono immagini presenti nel repertorio di tutti. Per il MAAM ha realizzato il ritratto di Malala, attivista pakistana vincitrice del premio Nobel per la pace nel 2014.

Al museo si collega anche il nome affermato di Michelangelo Pistoletto, celebre per la Venere di stracci – in esposizione al MAAM nel marzo del 2015. Alla fondazione CITTADELLARTE della sua città natale, il MAAM ha donato un’opera per «ricambiare il favore», come ha detto in una presentazione informale de Finis.

Rendere giustizia a tutti gli artisti che si sono occupatidello spazio mi è impossibile: sono una profana dell’argomento e semplicemente so di non saperne parlare. Un altro nome però voglio farlo, più per soddisfazione personale che altro: quello di HONPP (Yuri), street artist lombardo che avevo già notato a Palermo. Qui l’avevo distinto tra gli altri artistici murales che abbelliscono la città per i suoi inconfondibili personaggi rossi e bianchi. È stato un piacere inaspettato ritrovarlo su questi muri.

 

Cosa mostra il MAAM

Per i profani come me, esiste un’opzione alternativa al (più che valido) vagare tra le opere e le installazioni. Lo spirito comunitario del MAAM ha messo a disposizione dei visitatori una guida gratuita. Sicuramente aiuta a scoprire il perché di certe opere, la loro spiegazione più o meno artistica.

Gli stimoli sono continui: murales che ti costringono ad alzare o abbassare lo sguardo, installazioni legate a temi di attualità o che rimandano alla precedente funzione dell’edificio – vecchio stabilimento della Fiorucci–, poesie, cartelloni pubblicitari sfatati e criticati, opere più steampunk, volti di argilla che si affacciano tra le mattonelle. Oltre alle singole realizzazioni, è l’edificio nel suo insieme a essere osservato e interrogato con curiosità. L’interrogazione è doverosa se si vuole comprendere la forza espressiva viva e “costruttiva” di questa forma d’arte. Una volta compreso, si capirà perché quella fierezza nel condividere una realtà così unica.

Sara Giannessi