11 Giugno 2016   •   Snap Italy

Il Mulino diventa social: il ritorno ai sapori di una volta

«Un ragazzo, la sua terra da difendere e da valorizzare. È la storia di Stefano Caccavari che, tramite la ripresa delle tradizioni locali, è riuscito a salvare e rivoluzionare la zona in cui vive.»

Purtroppo nelle tavole degli italiani, sono sempre più presenti prodotti ortofrutticoli trattati con la chimica, alterando le loro caratteristiche e i loro benefici. Stefano Caccavari, un ragazzo di origine calabrese, ha pensato di tutelare il suo territorio coltivando la terra in modo naturale, difendendo la tradizione, usufruendo dei grani locali per produrre farine 100% made in Italy. Scopriamo nel dettaglio i progetti che ha sviluppato.

Da dove nasce l’amore nei confronti della terra?

Bisogna partire con la premessa che il territorio di San Floro, due anni fa, rischiava di essere devastato per la costruzione della seconda discarica più grande d’Europa. Fortunatamente, la popolazione si è mossa affinché questo non avvenisse, così i politici hanno revocato i permessi per la realizzazione di questo progetto. Nello stesso periodo, un amico, mi chiese cosa facessi per tutelare l’ambiente terra in cui vivo e in cui hanno vissuto i miei antenati, perché se una persona non fa nulla per difendere il territorio questo tende, un po’ alla volta a scomparire. Ho riflettuto molto su questa domanda, guardandomi attorno e cercando di trovare delle risposte. Ho scoperto che la vocazione della mia terra è quella agricola, perciò l’unica cosa da fare è ritornare a coltivare come una volta. Con gli studi in economia aziendale, e pronto per andare nella Silicon Valley, sono rimasto partendo da un’idea banale e semplice, dove ho applicato tutto ciò che conoscevo: fare un orto dove i lavori agricoli li svolgiamo noi, in modo da ridurre l’impegno alle famiglie o ai professionisti che vengono esclusivamente a raccogliere i prodotti. In conclusione siamo riusciti a difendere il territorio, coltivando le terre di proprietà e quelle dei vicini, e successivamente abbiamo riscoperto la tradizione: per esempio le farine macinate a pietra, i grani locali e di conseguenza il “brunetto”, pane fatto con il lievito madre, farine integrale e cotto nel forno a legna. Per un anno abbiamo macinato nell’unico mulino a pietra della Calabria che  sfortunatamente è stato chiuso e venduto. Così il 14 febbraio ho lanciato su facebook la proposta “cari amici di facebook e dell’orto aiutatemi a fare un mulino”: un crowdfunding da record, dove in soli 90 giorni sono stati raccolti 500mila euro per un progetto agro-alimentare senza alcun tipo di sovvenzione pubblica, ma solo iniziative private.13221718_10209853168674822_8969565853247905331_n-min

Come è riuscito a sviluppare i progetti “orto di famiglia” e “mulinum”?

Orto di famiglia nasce dall’idea dal copiare il sistema di coltivazione di mio padre, dunque con verdure di stagione, rispettando i ritmi naturali e seguendo il suo prototipo di lavoro, sviluppando il tutto in un sistema più grande. Anziché iniziare con molte persone, abbiamo pensato di inaugurare questo progetto con dieci orti. Ognuno di questi ha una durata di quattro mesi, ergo in un anno ci sono tre raccolti; durante questo primo quadrimestre, i dieci che hanno aderito all’iniziativa hanno fatto pubblicità tramite il passaparola, i social, divulgando le foto divenendo così 20, poi 94 e infine 150. Ora puntiamo a diventare 250.

Come funziona l’orto di famiglia?

 Ad ognuno viene concesso un appezzamento di 85 metri quadrati circa, che viene coltivato da noi così che possano venire a raccogliere una o due volte a settimana – durante le quali vengono portate a casa un paio di cassette. La sicurezza dei nostri clienti è quella di mangiare in modo sano, visto l’assenza dei concimi chimici e dei pesticidi.orto di fam 2-minorto di fam-min

Che costi ha?

Viene chiesto di pagare in anticipo; il costo è 250 a quadrimestre ma ovviamente viene adattato al luogo in cui ci si trova, dunque sono prezzi che possono variare a seconda della zona dove sarà presente l’orto.

Il progetto “mulinum” in cose consiste e che obbiettivo si pone?

Mulinum ha l’obbiettivo di recuperare le farine di una volta, ovvero quello composte da grani locali e non modificati dall’uomo, utilizzando semi naturali. Il modello a cui mi sono ispirato è stato quello del “Mulino Bianco”, dove il grano diviene farina, che a sua volta diventa prodotti da forno – pane, pizza e dolci. Sarà il primo mulino in Italia con trazione idraulica e con macinatura a pietra naturale, utilizzando un sistema di filiera corta rispettando i brevi passaggi sopracitati. La novità sarà la presenza di una pizzeria bio inserita nel contesto del mulino, in maniera tale da ridurre ulteriormente i passaggi. Ormai è da circa un anno che lavoro a questo e sono riuscito a concretizzarlo quando ho visto che su facebook sono arrivati i capitali e la voglia di fare. Ho trovato 100 soci online, di cui la maggior parte sono catanzaresi ma un 20% sono sconosciuti. Il sogno è rivedere funzionare un mulino in ogni centro città, magari appoggiandosi ad un’azienda agricola locale, che possa produrre i grani; così le persone possono degustare il pane come cent’anni fa. Prima svilupperemo i mulini regionali, poi in ogni città andremo ad aprire i “forni mulinum” cioè panetterie e pizzerie affiliate a noi, che utilizzano i nostri ingredienti e che producano con il nostro metodo. A differenza di molti altri, dichiariamo la quantità di grano prodotta ogni anno, ergo quando finisce il grano, anziché comprarlo da altri, il mulino rimane chiuso- nel sito internet e nel mulino stesso è presente un countdown del grano, grazie al quale le persone hanno la garanzia che non andiamo ad imbrogliare comprando un grano di dubbia provenienza. Vista la quantità annua limitata di grano ho lanciato la Mulinum card: partendo dal dato statistico che un italiano su quattro panifica in casa, mi è venuta l’idea di sviluppare una prepagata – con la possibilità di scegliere un taglio di 100€ o 250€- dove l’acquirente ha la possibilità di ricevere a casa la farina tramite dei kit, di 5kg o 10 kg per esempio, in più volte fino ad esaurimento della card. Utilizzando questo sistema applico nuovamente il crowdfunding, questa volta non sulla società ma direttamente sul prodotto, la farina. Così facendo sapremo in anticipo che, per esempio, diecimila kg di farina sono già stati comprati in anticipo, perciò non andrò a venderla nei negozi bio o nei supermercati bio. L’edificio sarà costruito in modo da rispettare l’ambiente e con energie rinnovabili.

http://www.mulinodisanfloro.it/

Quando verrà inaugurato il mulino?

A gennaio 2017, ma già da settembre 2016 inizieremo a consegnare in tutta Italia grazie al nostro partner in Sicilia, che possedendo già tutte le autorizzazioni può macinare e impacchettare un tot di quintali da grano in modo tale da far conoscere il nostro marchio prima di Natale.

Ha già qualche idea per un prossimo progetto dopo il mulino di San Floro, magari estendendosi verso qualche altra regione?

Si, per l’anno prossimo “orto di famiglia” è previsto in ogni provincia italiana creando il primo franchising agricolo, quindi chiedendo la collaborazione di aziende agricole biologiche che già producono ma adottando il mio sistema di marketing e di produzione. Per ciò che concerne il Mulino è prevista l’espansione in ogni regione d’Italia.

Nei mulini che svilupperete nel resto d’Italia pensa di utilizzare grani esclusivamente calabresi?

Il Sud Italia è sempre stato considerato il granaio della nostra Penisola, per questo principalmente verrà utilizzato il grano locale che coltiviamo qui. Quello che vogliamo fare noi è privilegiare i grani regionali, dunque se per esempio in Veneto è prodotto un tipo particolare che qui non facciamo e invece lì ci sono quaranta contadini a produrlo, viene comprato da loro. Aderiamo alla filosofia “Slow Food”: buono, pulito, giusto e locale. È molto importante per noi tutelare la tradizione e il territorio; se non c’è tradizione portiamo i nostri grani. Purtroppo bisogna considerare che il 70% circa della farina che consumiamo ogni giorno arriva dall’estero.

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Chiara Brugiolo