Giorgio Rubino: «La marcia? È mettersi in gioco con tutto se stessi»
«In fin dei conti la gioia e l’essenza stessa della vittoria sono racchiuse in quei metri in cui stai per tagliare il traguardo. Ed è lì che raggiungi la consapevolezza di ciò che stai facendo». – Giorgio Rubino
Originario di Roma e appassionato di calcio, questo un piccolo assaggio di quello che è Giorgio Rubino (FB), classe 1986. Il marciatore azzurro era giovanissimo quando ha iniziato il suo percorso agonistico, ed in pochissimo tempo ha trovato quel ritmo vincente con cui ha conquistato il terzo posto ai Mondiali di Berlino 2009. In occasione di questa competizione, in realtà, il “vero premio” lo ha ricevuto solo 8 anni più tardi ma non ho intenzione di anticiparvi nulla. In quest’intervista il nostro campione si è messo a nudo e ha permesso di farsi conoscere al di là della sua veste di atleta. Una persona altamente etica e determinata a dare il massimo, soprattutto in previsione di Tokyo2020.
Scopriamo insieme chi è Giorgio Rubino.
–
Quando è iniziata la tua avventura nel mondo della marcia?
Tutto è cominciato quando avevo solo 12 anni. Stavo partecipando ad una gara di corsa nel contesto dei giochi della gioventù e lì ebbi la fortuna di essere notato da un allenatore delle Fiamme Gialle Giovani, Patrizio Parcesepe. È stato poi il mio allenatore per i successivi 10 anni, davvero un grande colpo di fortuna considerando che non seguivo l’atletica, anzi, in quel periodo giocavo a calcio visto che sono un grande appassionato.
–
Quest’estate in occasione dei Mondiali di atletica 2017 di Londra, ti sei posizionato 16esimo. 20 km in 1h20:47, come commenti la prestazione?
Se penso al punto da cui ripartivo lo scorso anno sono davvero contento anche perché dopo gli scarsi risultati degli ultimi anni nessuno credeva più in me. Era troppo tempo che non avevo certe sensazioni in gara, mi sentivo assolutamente padrone della prestazione e questo mi ha dato la consapevolezza di poter lavorare con fiducia in vista di Tokyo 2020. Fare un tempo sotto l’ora e 21 minuti su una 20 chilometri è una grande cosa ma di sicuro non mi accontento di arrivare sedicesimo al traguardo.
Propositi per il 2018?
Il 2018 sarà molto impegnativo. La stagione culminerà con i Campionati Europei di Berlino dove voglio assolutamente fare bene. Sarebbe grandioso arrivare tra i primi 5 anche se attualmente il livello continentale è altissimo. Ma prima ci sono altri importanti appuntamenti dove voglio ben figurare e tra questi c’è di sicuro la Coppa del Mondo di Taicang in Cina a maggio.
–
Nel corso della tua carriera hai sempre marciato nei 20km o anche nei 50km?
Nella mia carriera ho sempre gareggiato nella 20km ma non è escluso che in futuro possa provare anche la distanza più lunga.
–
Quanto è realmente difficile mantenere costante il passo di marcia per tutti quei chilometri senza incorrere in ammonimenti o squalifiche?
Sinceramente è un problema che non mi sono mai posto in quanto è un gesto che mi viene più naturale della corsa. Basta lavorare molto sulla respirazione e la scioltezza, il resto viene da sé in maniera assolutamente automatica.
–
Giorgio Rubino ha mai praticato altri sport a livello agonistico?
No, anche perché il nostro tipo di allenamento non permette di praticare altri tipi di sport.
–
Qual è il tuo segreto di Giorgio Rubino per concentrarsi al massimo prima e durante la marcia?
Io credo che questa sia una cosa molto soggettiva. Ho provato ogni tipo di approccio ed ho capito che personalmente l’avvicinamento migliore è quello che fa sprecare il minor numero possibile di energie nervose. Nel mio caso cerco di pensare a tutt’altro come se non mi stessi trovando nel contesto della competizione per poi far salire tutta la concentrazione e la cattiveria agonistica dopo lo sparo.
«Quel giorno sul nastro di partenza avevo la consapevolezza di essere il più forte di tutti»
Giorgio Rubino
Ai Mondiali di Berlino 2009 arrivasti quarto ma 8 anni più tardi il russo Valeriy Borchin viene squalificato e la medaglia di bronzo diventa tua. Raccontaci nel dettaglio cosa è successo.
Beh ricordo quel giorno come se fosse ieri. Ad essere sincero se il russo non avesse falsato la gara avrei anche potuto vincere visto che a metà gara avevo più di 30 secondi di vantaggio. Valeriy Borchin (Facebook) però, fece un cambio di ritmo fortissimo dove portò con se un nutrito gruppo di avversari che crollò col passare dei chilometri. Da primo ho dovuto addirittura rimontare per arrivare 4°, ma c’è una cosa che mi ricordo perfettamente: quel giorno sul nastro di partenza avevo la consapevolezza di essere il più forte di tutti.
Chi mi conosce bene sa che quella medaglia l’ho sempre sentita mia. Tutti avevamo dubbi sulla bontà della scuola russa ed io stesso avevo dichiarato le mie perplessità anche pubblicamente. Dopo qualche anno mi è stata data ragione. A Londra ho avuto l’opportunità di vivere il podio mondiale, è stata un emozione indescrivibile che porterò per sempre con me, ma la domanda che mi porrò sempre è come sarebbe stato vivere quella gioia il giorno della gara. In fin dei conti la gioia e l’essenza della vittoria sono racchiuse in quei metri dove raggiungi la consapevolezza di ciò che stai facendo mentre stai per tagliare il traguardo.
31 anni e non sentirli. Qual è il tuo prossimo impegno agonistico di Giorgio Rubino?
A dire la verità il peso dell’età non lo sento affatto, sono lo stesso di 10-15 anni fa, è cambiato solo il modo di vivere le cose. Il prossimo appuntamento sarà il trofeo invernale del 28 gennaio a Grosseto dove mi cimenterò nella distanza spuria di 35km.
–
A chi dedichi le tue vittorie?
Dedico le mie vittorie alle persone che mi sono vicine e che mi sostengono ogni giorno. In primis i miei genitori che hanno sempre creduto in me, ma mi ritengo fortunato perché ho tanti amici che mi vogliono bene ed a loro devo tantissimo.
–
Qual è il tuo rapporto con il coach De Benedictis?
Giovanni De Benedictis per me è il simbolo della rinascita. Mi ha preso per mano nel momento più difficile della mia vita dove in tanti mi avevano girato le spalle fidanzata compresa. Gli addetti ai lavori gli ripetevano che ero una missione impossibile ma non ha mai ascoltato nessuno. Ha sempre creduto nella mia voglia di lavorare e nelle mie capacità. Ed allo stesso tempo la sua dedizione e professionalità hanno fatto in modo di riaccendere in me un fuoco che si era affievolito. Ci siamo capiti subito ed il feeling è stato immediato, sono davvero felice!
Se ti chiedessero di descrivere la tua disciplina quali parole utilizzeresti?
Direi che è una continua lotta con se stessi alla ricerca del proprio limite e della propria essenza. Un confrontarsi e scoprirsi ogni giorno perché non ce n’è uno uguale all’altro. La definirei faticosa e spietata in certi sensi visto che una squalifica può cancellare il lavoro di una stagione intera. È mettersi in gioco con tutto se stessi ed è forse per questo che amo da impazzire questa disciplina.
–
Dove ti vedi fra 5 anni?
Ad essere sincero non lo so. Fino a qualche mese fa avevo tutto chiaro, avrei voluto smettere con Tokyo 2020 e dedicarmi alla costruzione della mia famiglia. Adesso che non ho più questa certezza dopo l’Olimpiade deciderò anno per anno, staremo a vedere!
Foto: https://www.facebook.com/giorgiorubino86/
Elisa Malomo