diavù
18 Maggio 2018   •   Redazione

Diavù: «Il Cielo è di tutti i colori, e il mio privilegio è la libertà»

«Roma è come una nonna, una nonna che ti racconta una storia lunga 3000 anni, e io devo risponderle: questa è solo una delle tantissime cose che ci ha rivelato Diavù, il famoso artista romano, durante la sua conferenza del 14 maggio nella sede del DAMS di RomaTre»

David Diavù Vecchiato (questo il suo sito ufficiale), è una delle firme italiane, e soprattutto romane, più importanti dell’Urban Artideatore dei progetti MURo e GRAArt. Lunedì 14 maggio ha tenuto un’interessantissima conferenza nella sede del DAMS dell’Università RomaTre, per esporre il progetto che sta portando avanti nell’Ateneo, ossia quello di dipingere le pareti dell’Aula Parco con 10 opere che celebrano 10 grandi film della storia del cinema, una grande passione dell’artista. Tra una mano di vernice e l’altra, e reduce da un’aggressione subita al Quadraro, suo quartiere di origine, mentre era intento a dipingere un murale,  Diavù ha deciso di tenere una lezione per i ragazzi, non solo per parlare dell’iniziativa per l’ateneo, ma anche per introdurli a vari temi, quali l’importanza e gli scopi della sua arte, l’urban art, la riqualificazione urbana, il rapporto tra cinema e arte, e la differenza fra arte e vandalismo.

Alla fine della conferenza, che si è rivelata un vero successo e di cui tutti gli studenti sono rimasti entusiasti, e della quale io stessa non mi sono riuscita a perdere una parola, ho incontrato per voi Diavù. Con il suo fare gentilissimo, così disponibile, curioso, allegro e auto-ironico, che fa da contrasto con il nome con cui è solito firmarsi, ha accettato molto volentieri di farci una chiacchierata, nonostante dovesse andare a dipingere con gli studenti e fosse richiesto da tantissime persone.

Ecco cosa ci ha raccontato Diavù che, con qualche risata e qualche meravigliosa frase filosofica su Roma, oltre che come un grandioso artista si è svelato anche come una persona ancora più straordinaria.

 

1) Durante questa conferenza, che cosa voleva Diavù che arrivasse dritto ai ragazzi che studiano al DAMS?
Mi premeva che non si trovassero poi sommersi da immagini simboli senza sapere da dove arrivassero queste immagini. Non tanto i 10 film, perché fai presto, gli fai una foto e forse su google immagini riesci anche a trovarle subito (ride, ndr). Ma perchè? Chi è questo? E poi mi sono accorto lavorando, che più tempo stavo lavorando e più lo vivevano come normale. In queste settimane alcuni venivano a chiedere, a dire bello, bellissimo, grazie! Ma per molti era naturale che stessi dipingendo; uno a vent’anni è abituato a vedere che la gente dipinge palazzi ormai. Quindi ho detto no, aspetta! Parliamo di questa questione e dei motivi.

2) Ecco, a proposito di questo… secondo te è positivo o negativo che per noi giovane vedere qualcuno che dipinge un muro è normale? Magari ci siamo abituati e non gli diamo più importanza, o meglio, quel valore che forse gli si dava anni fa, dove era qualcosa di innovativo ecc.
Io cerco di pensare sempre in positivo e pro-positivo; non penso “ah stiamo andando in una direzione peggiore di come eravamo prima”, perché in fondo stiamo sempre meglio del passato in qualche modo. Quindi anche questo è positivo; ma bisogna capire perchè, bisogna essere un po’ consapevoli. Nel senso tu stai facendo una cosa: se sei consapevole che le persone lo ritengono normale, allora scuotile. Vuol dire che con quelle prima bastava l’immagine; invece a quelli che ti guardano oggi raccontagliela, cioè scendi, fa la figura del matto e raccontagli perché stai facendo la Luna di Méliès vicino a Sylvia Bataille su  la Partie de Campagne di Jean Renoir. Comunica.

3) Cosa vuol dire dipingere al DAMS? Come si può rivalutare l’università attraverso l’arte? Inoltre hai anche permesso agli studenti di dipingere con te, il che è molto interessante e formativo.
Con il DAMS ho un legame da ragazzino: non capivo niente, sentivo solo che tutti i miei idoli ci andavano, e poi dopo ho capito cosa era approfondendo. Mi piace un sacco dipingere qua perché le persone stanno entrando per vedere dipingere le opere; in questi giorni viene un sacco di gente che non frequenta mai l’università o che non la frequenta proprio. Però si ritrovano qui,  in fondo all’università si può entrare, è luogo pubblico. È fondamentale: l’università deeve dialogare con la società. Pensa, l’arte riesce a fare questo: a spingere chi sta fuori dentro, il che non è male.

4) Invece dipingere  a Roma che importanza ha per Diavù? Cioè dare un volto a Roma, la tua città, e sapere che lì ci sono le tue opere e che tante persone vanno ad ammirare.
Roma la considero una città che andrebbe gestita non dall’Italia, ma da un governo internazionale, perché è un bene dell’umanità così importante che non puoi permetterti di rovinare nulla. Perché sono 3000 anni di cultura e di storia che ci sta raccontando questa vecchia nonna. Cioè questa città è una vecchia nonna che ti racconta 3000 anni di storia con cui tu, se sei un’artista, ti viene da dialogarci e di risponderle. Quindi dipingere una scalinata a Trastevere, per me è rispondere a nonna, che sta raccontando la storia della repubblica romana. Io da artista devo risponderle: uso la tela, che è la città stessa e le rispondo. Il rapporto con Roma per me è fondamentale. Se vado da un’altra parte e vado a cercare nelle memorie dei luoghi, e vado a cercare che tipo di opera potrei fare, me l’ha insegnato Roma, raccontandomi storia. È un dialogo: qualcuno ti sta parlando da 2000 anni fa e ti sta dicendo qualcosa. È la potenza delle immagini, del simbolo.

5) Hai fatto moltissimi murales dedicati al cinema, che è un’altra delle tue grandi passioni. Come si lega oggi la street art al cinema?
Io penso che si lega tantissimo. Immagina quando accendi la radio e conosci già la canzone e tutte le parole: ti viene da cantarla. Quando vedi un’immagine che conosci già, in un punto dove magari non te l’aspettavi, è tutto un effetto sorpresa, ma quell’immagine ti fa scattare una molla emotiva comunque, perché ti appartiene. Quella molla emotiva che è legata al film che hai visto e alle emozioni che hai provato. E’ come una chiave per entrare nei sentimenti della persona. Ti faccio un’immagine, che se tu la riconosci, se ti appartiene già ed è parte della tua vita, è una grammatica già conosciuta, e ti comunica immediatamente: ma non un messaggio, un’emozione.

6) Cosa vuol dire essere uno street artist al giorno oggi? I privilegi e rischi, anche a proposito di ciò che purtroppo ti è successo recentemente al Quadraro.
Finalmente qualcuno m’ha dato un po’ de botte! (ride, ndr) No vabbè, quella è stata una vera aggressione, una cosa tosta, che ha conseguenze non solo fisiche, ma di contesto, per la famiglia ecc. Praticamente comunichiamo come le scimmie. Fin quando non lo provi non pensi che ti capita. Io poi non faccio la vittima, però mi sono chiesto: cosa sta succedendo? Vedi l’odio, che sembra esserci solo sui social network. Solo che poi qualche leone da tastiera scende per strada e catalizza quest’odio. Ma vabbè…la domanda originale era?? (ride, ndr)

7) Vantaggi e svantaggi di essere uno street artist!
Io penso sempre di essere un’artista. Non so bene cosa sia la street art oggi, ma non lo sa nessuno. Se la street art prima era fatta da stickers, e stencil fatti illegalmente, oggi è anche il murales fatto all’università. Ma sono un artista. È la street art qualsiasi arte portata fra le strade. Il privilegio è che si è trasformato sempre più in una professione. Come artista di galleria faresti più fatica a vendere delle opere se non ti adegui a quello che ti dicono altri, che chiedono di entrare in un determinato linguaggio. Fare arte urbana è molto più libera come cosa. Il privilegio è la libertà.

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8) Quanti murales sono stati firmati da Diavù?
Non lo so, sai? Non tengo il conto. Ogni tanto vedo delle foto e dico “ah, mi ero dimenticato, questo l’ho fatto io!”

9) E all’estero?
All’estero ho fatto mostre. Ho proposto una scalinata a Parigi, ma i francesi sono molto conservatori e preferiscono un’artista francese. All’estero ho fatto cose piccole: stencil e altre cosette qua e là, mentre i murales solo in Italia. E poi è relativamente poco che faccio murales, circa 10 anni.

10) Quando ti ho chiesto la tua opera che preferivi per l’articolo dei migliori murales a Roma, mi hai risposto con quella di Enea, realizzata per GRAArt (un progetto di Diavù per il Raccordo Anulare di Roma, ndr), dove hai messo tantissimo di te: Anchise con le fattezze di tuo padre, e Ascanio con quello di tua figlia. Una dimostrazione di  quanto metti te stesso in tutto quello che fai…
Sì, ma non ho messo me in mezzo: serviva un vero Enea, ossia un vero profugo, e per questo ho messo un Enea somalo, ovvero Xassan, un ragazzo arrivato anni fa dalla Libia con il barcone, e l’ho messo tra mio padre e mia figlia. Il contrasto è: Roma era considerata città aperta, molto prima di Rossellini. Era città degli stranieri, fatta da stranieri per gli stranieri. Era una città in cui serviva che arrivassero persone, quindi era aperta. Non eri straniero a Roma: Roma era ovunque nel mondo, era l’impero. Quindi le nostre origini vengono da Troia, e non dai contadini etruschi del Lazio, e poi oggi che ragioniamo al contrario? Diciamo: quello straniero che arriva e mi sporca la mia identità. Ma che stai a dì? Ragionano senza cultura. Prima di esprimere un’opinione informati, perché forse è sbagliata l’opinione. Roma proprio perché aperta è diventata enorme, e ha preso tutto, le divinità dalla Grecia e tutto da tutti. Ha accettato di contaminarsi completamente. Per questo dico che Roma è dell’umanità.

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11) Che consigli che dai ai giovani di oggi che vogliono prendere la strada della street art e dell’arte in generale  Anche a quelli che magari per paura non si buttano in questo mondo.
L’arte è una malattia, ma è anche la sua cura: perché tu sei malato e non puoi smettere di fare arte. Se hai quello, il talento e hai paura di proporti, cambia carattere. Impegnati, cerca di capire che oggi in questo tipo di società, di economia e di tecnologia, in cui tu sei artista, pensi che se metti le cose chiuse nel cassetto poi arriva un giorno un manager che ti scopre? No, tu sei il manager. Arriva un giorno un commettente o un mecenate? No, sei tu mecenate. Se sei artista, sei come quel bambino che usava il linguaggio disegno e poi glielo fanno abbandonare a scuola perché gli dicono che i tetti sono rossi e che il cielo è blu. Ma quando mai il cielo è blu? Il cielo è di tutti i colori. L’omologazione? No, se vuoi fare l’artista, cambia carattere. Devi essere imprenditore di te stesso, nell’accezione più positiva: devi essere colui che prende il suo lavoro, il “prenditore” del tuo lavoro, e lo promuovi, lo porti fuori. E non sai mai quello che può succedere, non devi farti un’idea chiara di quello che potrà succederti. Ma tu apri il dialogo, apri il dialogo con il mondo, altrimenti non succede niente.

Foto copertina: Pagina Facebook Mat Nardone Photography; sito ufficiale: Matteo Nardone

Francesca Celani