Biennale arte di Venezia 2019 george condo facebook art
22 Maggio 2019   •   Deborah Scaggion

Biennale 2019: alla scoperta di May You Live in Interesting Times

«Tra tecnologia, arte e bellezza ecco le grandi novità in servo dalla Biennale di Venezia 2019, aperta al pubblico fino al prossimo 24 novembre.»

Lo scorso weekend è stata finalmente aperta al pubblico la 58. Edizione della Biennale di Venezia 2019 – Sezione Arte, una delle più antiche e famose biennali dell’arte al mondo. Come di consuetudine, la manifestazione prende vita in due aree: l’Arsenale e i Giardini, a cui si aggiungono poi numerose mostre ed eventi collaterali in tutta la città. Snap Italy ha visitato la Biennale per voi e ora vi accompagnerà alla scoperta delle opere e degli artisti migliori di questa edizione, cominciando dalla mostra May You Live in Interesting Times, presentata ai Giardini della Biennale.

I Giardini della Biennale sono un luogo incantato, a metà tra la realtà e un sogno bucolico. Infatti, sono una delle poche e tra le più grandi aree verdi di Venezia e ogni anno ospitano, oltre che la mostra principale della Biennale di Venezia,  anche numerosi padiglioni nazionali provenienti da tutto il mondo.

May You Live in Interesting Times: La Mostra della 58. Biennale Arte

Il tema centrale attorno a cui ruotava la mostra di quest’anno è stata la frase, quasi profetica “May You Live in Interesting Times”. La mostra, allestita ai Giardini della Biennale e curata da Ralph Rugoff, ospita i lavori di quasi 80 artisti ed mira a mostrate tutte quelle prospettive del reale che mettono in discussione i nostri preconcetti.

Le opere in mostra sono moltissime e dialogano tutte con il presente. Tra quelle più interessanti c’è sicuramente Thinking Head, dell’italiana Lara Favaretto. L’opera consiste in una stanza allestita con 50 gruppi di oggetti e ogni gruppo corrispondente ad una parola, un concetto, che, a sua volta, è espresso da questi oggetti secondo la mente dell’artista: per esempio, la parola “humor” è rappresentata da una scatola che contiene altre scatole. Tuttavia, questo allestimento non è statico, ma piuttosto vuole essere un dialogo: infatti, durante la Biennale Arte di Venezia  2019, l’artista potrà decidere  di aggiungere, rimuovere o sposare gli oggetti, in base al cambiamento di prospettiva su un singolo concetto.

Una Mostra Inclusiva

Altro aspetto interessante di questa mostra è la sua inclusività, ovvero la sua capacità di dare voce a tutte quelle realtà che spesso non trovano spazio nel panorama artistico internazionale. Tra queste, ci sono gli artisti proveniente da paesi (purtroppo) ancora troppo poco rappresentati, come gli artisti africani. Tra loro, c’è Zanele Muholi, fotografa che si autodefinisce “un’attivista visiva”. Presenta qui una serie di autoritratti che pongono l’attenzione sul colore della pelle e sui tratti del suo volto, rivendicando la sua identità di “donna nera”. Ma questa mostra include anche tanta bellezza nascosta, come quella protagonista dei lavori di Mari Katayama, artista giapponese che attraverso la fotografia mostra la bellezza del suo corpo al di là dei canoni prestabiliti dalla società, facendosi fotografare con cuscini fatta a forma di arti.  Ci piace pensare a lei come la Frida Kahlo dei nostri giorni.

Come detto in precedenza, molte delle opere della Biennale Arte di Venezia 2019 dialogano con l’attualità. Tra queste c’è anche Muro Ciudad Juárez di Teresa Margolles, un’installazione fatta dal muro di una scuola della città di Juárez, in Messico. Il muro, che idealmente richiama quello che il presidente degli stati Uniti d’America Donald Trump vorrebbe costruire sul confine tra Stati Uniti e Messico, è in più punti traforato da colpi di pistola sparati dalle gang di fronte alla scuola: un’opera che senza troppo parole dà una voce ai migranti, spesso inascoltati, materializzando davanti ai nostri occhi la violenza da cui scappano. Una prospettiva inedita di un fenomeno globale.

Arte e Tecnologia

Un altro elemento innovativo è la tecnologia, che in questa edizione ha trovato diverse applicazioni. La prima è BOB (Bag of Beliefs), ovvero un “essere virtuale” creato da Ian Cheng capace di evolversi in autonomia dal suo creatore. Infatti, il suo sviluppo sarà determinato da altre persone, che possono influenzarne le azioni attraverso un’app. Scopo dell’opera è insegnare l’auto-derminazione a BOB come si fa con un bambino.

Altra opera futurist’ di quest’anno è Can’t Help Myself di Sun Yuan e Peng Yu: quest’opera è costituita da un robot programmato per svolgere ben 26 azioni all’interno di una gabbia di vetro, tra queste c’è ruotare su se stesso e muovere il sedere (a quanto pare agli uomini piace credere che ne abbiano uno anche i robot). Intorno al robot è cosparso un liquido rossastro che, nonostante gli sforzi del robot, continua a cospargersi sempre più lontano da lui. Questo liquido simboleggia il sangue, la passione irrefrenabile che spinge l’uomo a fare arte, uno slancio tanto forte che nemmeno la tecnologia può contenere.

Infine, in questa Biennale Arte di Venezia 2019, il famoso artista George Condo nella sua opera Facebook ha voluto esplorare il nostro rapporto con i social media.  Questi, non solo hanno la capacità di farci cambiare prospettiva, ma addirittura di distorcerla. Il risultato? Una sorta di Guernica dell’era digitale.

Deborah Scaggion