Andrea Gandini
30 Maggio 2019   •   Anita Atzori

Andrea Gandini: «Il legno è il materiale del futuro»

«Andrea Gandini, il ragazzo che dà vita agli alberi. Intaglia i tronchi di tutta Italia per restituire il ricordo e la storia ai paesi.»

Se c’è una cosa che ho sempre cercato di fare è quella di non cadere mai sul banale. Insomma non è facile cercare ogni giorno nuove idee e scrivere contenuti mediamente interessanti. Ci sono le volte dove proprio l’immaginazione ti manca e quelle volte dove hai talmente tante cose da dire che alla fine opti per il silenzio, perché come ben sappiamo “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Scrivere è un compito arduo, scrivere non è per tutti, raccontare ancor meno. Però ci sono storie che toccano l’animo, storie che sembrano una rarità in mezzo a questo trambusto social dove essere influencer è più facile che essere autentici. Andrea Gandini è un po’ il motivo che mi ha spinto a non restare in silenzio e a dimostrare che non sempre il potere social distrugge. Esatto, a volte è solamente una fortuna, perché io lui l’ho conosciuto proprio tramite le sue pagine web. E più passava il tempo e più mi domandavo “Ma che talento ha questo ragazzo?”; c’è voluto tempo prima di chiedergli un’intervista, perché non stai parlando con un artigiano qualunque, ma con un ragazzo di soli 22 anni la cui maestria lo porta ad essere già uno degli scultori più apprezzati sul panorama nazionale.

L’asso nella manica? Non lavora con pietre, vetro o ceramiche ma è uno scultore di tronchi d’albero morti che grazie ai suoi volti intagliati nel legno con così tanto talento, sembrano prendere vita e talvolta non essere mai morti. Andrea Gandini è così la nuova generazione ancora viva e speranzosa. Andrea Gandini è quel mix di genio, follia e tradizione che un po’ ti fa dimenticare la data in cui uscirà il nuovo modello di iPhone, perché chi se ne frega, se vedi le sue opere per un minuto ti scordi pure di avere un telefono in mano. La sensazione quando vedi i suoi alberi è quella di completa libertà. Tutto intorno a te ha una vita, tutto intorno a te parla e racconta una storia. Il legno sembra parlare, sembra sempre più fresco e meno vecchio. Assume il volto di chi non se ne vuole andare e tu lo guardi come se avessi qualcosa da dirgli che forse solo lui può capire. È così che decido di farmi una chiacchierata con Andrea Gandini, perché o sono pazza e vedo cose che non esistono o lui ha fatto centro e ci ha reso tutti un po’ più vivi.

Intervista allo scultore dei tronchi

Andrea Gandini, un nome e una garanzia per un lavoro che ti porta non solo a viaggiare tanto, ma anche a confrontarti con Comuni e Associazioni di tutta Italia che ti chiamano per ridare vita ai loro parchi e giardini. Hai avuto difficoltà a relazionarti con questi enti?
Se ti devo dire la verità in realtà da parte dei Comuni c’è sempre stato il benestare, un po’ perché sono opere commissionate da loro e un po’ perché è nel loro stesso interesse collaborare per portare a termine in tempi brevi il lavoro.

Prima abbiamo detto che la tua particolarità è quella di scolpire alberi e tronchi piuttosto che ceramiche o pietre. Ma su quali basi scegli un albero da intagliare?
Guarda la maggior parte delle volte sono alberi importanti. Alberi che hanno avuto un ruolo importante all’interno della storia del paese e in un certo senso è la popolazione per prima ad essersi affezionata. A quel punto se decidi di toglierlo, e quindi sradicarlo, automaticamente è come se stessi decidendo di cancellare o dimenticare il passato. Sai, molte volte è bene sfatare il mito per cui si dice che l’Italia incontri una certa facilità nel dimenticare il passato, e questo secondo me è un buon modo per dimostrare il contrario. Gli alberi non sono solo un decoro, ma un modo per ridare dignità alla storia di un paese.

Ma ci racconti come Andrea Gandini ha iniziato a fare questo lavoro? Da cosa nasce questa passione?
Sicuramente il mio è un lavoro molto complesso, questo penso sia visibile a tutti. Io ho iniziato nel mio garage anni fa trovando alcuni utensili da lavoro arrugginiti ma pur sempre funzionanti. Da lì ho iniziato a scolpire e a migliorare giorno dopo giorno. È stato un percorso di crescita e scoperta personale totalmente autonomo, anche perché non conoscevo nessuno che facesse questo mestiere. La mia fortuna in tutto ciò è stata quella di aver frequentato il Liceo Artistico e quindi di aver avuto buone basi di disegno, nonché un Professore eccezionale, Roberto Dottorini,  che mi ha incoraggiato a coltivare questa passione per il legno. Anche lui in passato è stato un grande artista, quindi credo abbia capito sin dall’inizio ciò che provavo io nel cimentarmi in questa avventura. Quando ho fatto la prima scultura per strada ho notato da subito l’interesse che destava sul pubblico, tanto da spingermi ad abbandonare il lavoro in garage per trasferirmi direttamente all’aria aperta. La maggior parte delle mie opere sono tutte concentrate a Roma, anche se fortunatamente ora sto iniziando a viaggiare e a scolpire ovunque ce ne sia bisogno.

Ti è mai capitato di ricevere commissioni di lavoro bizzarre e per certi versi assurde?
Mi capita di continuo! La verità è che proprio quella richiesta rappresenta il mio cliente tipo. Se non mi chiedessero lavori bizzarri probabilmente non si rivolgerebbero a me. Proprio di recente a Firenze ho intagliato una scultura con all’interno un cassetto che poi è servito per creare il famoso fenomeno di book-crossing, dove la gente passa magari durante un allenamento o una passeggiata al parco e lascia un suo libro. La persona che apre il cassetto potrà prenderlo e leggerlo a casa lasciando così spazio ad un nuovo libro.

Come vivi il tuo lavoro in Italia? Molti dicono che l’arte stia vivendo un momento di crisi economica e sociale non indifferente, tu cosa ne pensi?
Questo è un mito da sfatare. In realtà io credo che questo sia un momento per l’arte molto propizio. Certo se ti riferisce all’artista tradizionale certamente il discorso cambia, perché comunque i canali di vendita sono quelli attuati tramite gallerie ed enti istituzionali, quindi senza dubbio la difficoltà c’è. Conosco artisti di enorme talento, con un background di alto livello, che non riescono ad arrivare a fine mese perché le gallerie non vendono abbastanza quadri. Io tendenzialmente non lavoro con le gallerie a meno che loro non abbiano un cliente interessato alle mie opere, allora le gallerie fungono da tramite per la vendita, ma per il resto i lavori che ho me li trovo da solo.

È inutile dirlo, questo è il lavoro della tua vita. Ma perché uno così giovane come te si appassiona ad un lavoro così sacrificante e di nicchia come questo?
Beh, che sia di nicchia nessuno lo mette in dubbio, ma se ci pensi bene non c’è niente di più moderno del legno. Il legno è il materiale del futuro e se dai uno sguardo all’innovazione vedrai che adesso è preferibile costruire una casa in legno piuttosto che in cemento, in primis perché costa meno e poi perché il suo livello di eco-compatibilità non è nemmeno da paragonare. In Italia abbiamo dei boschi fitti e rigogliosi che non si vedevano dagli anni ’20 e se ci fai caso la loro crescita è aumentata del 3%. È un momento fortunato per il verde italiano e anche per le industrie di settore che secondo me potranno mettere in campo idee sensazionali.

Cosa sogna Andrea Gandini per il suo futuro?
Uno dei miei grandi sogni è quello di buttarmi il più possibile nella land art. Stiamo parlando di opere molto più grandi che si impongono nel paesaggio in maniera dolce e per certi versi mimetizzata. Ecco questo è uno dei miei progetti più ambiziosi.

Sul sito c’è una sezione chiamata “Segnalami un tronco” a cosa serve?
È una sezione a cui tengo tanto e  io la vedo come una sorta di invito. Chiedo sempre a chi mi segue tramite sito web e pagine social di segnalarmi dei tronchi in qualsiasi parte del mondo che secondo loro andrebbero scolpiti. Mi arrivano segnalazioni persino dal Canada e questo è un modo per me di lasciare il segno, perché con tutti i viaggi che faccio non escludo di eseguire, oltre alle opere commissionate dai privati, anche lavori scelti dai miei stessi lettori. È un modo per creare un legame diretto con loro.

Anita Atzori