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02 Ottobre 2018   •   Redazione

Acetaia Giusti: alla scoperta dell’acetaia più antica d’Italia

«L’aceto balsamico di Modena è uno tra i prodotti gastronomici italiani più famosi e invidiati al mondo che vanta l’utilizzo di materie prime preziose come l’uva, il clima e il materiale del legno dove viene contenuto. Oggi Snap Italy vi porta alla scoperta dell’antichissima Acetaia Giusti, la più antica del mondo, che ha contribuito alla diffusione di questo “balsamo” prezioso».

L’acetaia Giusti (sito ufficiale) è una delle più antiche che ha iniziato a produrre aceto balsamico. All’epoca la famiglia aveva una salumeria di fronte il palazzo Ducale a Modena, producevano aceto balsamico solo per uso personale. Questo fino all’Ottocento, quando Giuseppe Giusti scrisse per la prima volta un documento che parlava di questo “balsamo” nero. Nel 1889 all’Esposizione Universale di Parigi, quando fu inaugurata per la prima volta la Tour Eiffel, si dice che i Giusti si misero ai piedi della torre con questa botte di aceto balsamico a fare i primi assaggi e degustazioni. Ottennero subito importanti riconoscimenti proprio perché all’epoca questo prodotto non era conosciuto, era una novità e tutti ne rimasero incuriositi ed estasiati. Nel 1929 il prodotto dell’acetaia Giusti arriva anche sulle tavole della famiglia reale d’Italia quando il Re Vittorio Emanuele III nomina l’acetaia Giusti come unico fornitore di aceto balsamico del regno. Col tempo il prodotto, oltre che aromatico, divenne anche balsamico poiché veniva venduto nelle farmacie per curare mal di stomaco, mal di testa, tubercolosi, ma anche per avere capelli più lucenti ed unghie più forti.

Come si fa l’aceto balsamico?

La perfezione degli aceti Balsamici di Modena dipende unicamente da tre condizioni, cioè la scelta delle uve, dalla qualità dei recipienti e dal tempo”.

Così scrisse Giuseppe Giusti il 15 settembre 1863 nel suo trattato: qui troviamo i passaggi per ottenere un aceto balsamico tradizionale, quello che oggi è garantito e tutelato dal Consorzio di Modena (Denominazione DOP che tutela e garantisce qualità al prodotto). Tutto inizia a settembre con la vendemmia. Dopo aver raccolto l’uva bianca o rossa dalle campagne modenesi (Trebbiano, Lambrusco, Ancellotta…), il succo ottenuto dalla pigiatura viene messo in un pentolone molto grande e viene cotto ad alte temperature (80-85 gradi). Dopo aver ottenuto uno sciroppo denso e dolce, il composto viene versato all’interno di una badessa, un tino di castagno che contiene circa 600 litri di prodotto, dove rimarrà a riposo fino alla fine dell’inverno. A fine stagione l’acetiere riempie la sua “batteria”, vascelli di legno disposti in file di 5-7 botti ognuna fatta con un legno diverso: ginepro, castagno, rovere, gelso, acacia, che contribuiscono a dare un aroma particolare all’aceto.

Queste botti vengono riempite con il mosto fresco della badessa fino all’80% della capacità. Poi si aspetta…
Superati i 15 gradi, intervengono dei batteri naturali presenti nell’aria chiamati “acetobacter”. Questi piccoli microrganismi trasformano l’alcol in acidità, entrano nella botte e vanno ad attaccare la
madre, sedimento pesante che proviene dall’aceto di vino che si deposita sul fondo. Questa madre cresce, gli acetobatteri l’attaccano, poi scoppia, e parte la fermentazione acetica. Tutto questo è un processo assolutamente naturale! Successivamente il mastro acetaio andrà ad effettuare il metodo dei travasi e rincalzi prelevando il prodotto finito dalla botte più piccola a quella più grande, che contiene il prodotto il mosto cotto e fermentato.

Il terzo punto è importantissimo e riguarda il tempo: oggi come minimo si aspettano 12 anni (prodotto affinato), ma per un prodotto extra vecchio se ne aspettano 25. All’epoca queste età non c’erano, quindi Giuseppe Giusti disse che più si aspettava meglio era. Se vogliamo ottenere un aceto della massima bontà dobbiamo aspettare oltre i 100 anni. Quindi l’aceto balsamico è uno di quei prodotti che può fermentare all’infinito, che non ha data di scadenza e, se mantenuto in condizioni adatte, mantiene il suo sapore buono e un gusto sempre più corposo. All’interno dell’acetaia la botte più antica risale al 1600, ed è ancora in uso oggi.

 

Il prodotto Bandarossa e la degustazione

A fine visita, l’acetaia Giusti vi offrirà la possibilità di degustare tutti gli aceti di loro produzione: un’esperienza unica e imperdibile. Il prodotto affinato è molto ricco e fruttato e viene utilizzato per tartare di pesce, gelato o macedonie; l’extra vecchio è quello che ricorda di più il gusto del legno aromatizzato, quindi rimane più corposo. Quest’ultimo veniva chiamato l’oro nero di Modena ed è molto buono sul parmigiano o per condire risotti. All’interno dello spaccio viene prodotto anche il Bandarossa, una ricetta antica della famiglia Giusti che metteva insieme il tradizionale DOP con l’IGP, un composto molto aromatico ma più acre alla fine. Ottimo il suo accostamento con carpaccio e roast beef.

Maria Giulia Gozzi