scavi di pompei
18 Ottobre 2018   •   Carolina Attanasio

Scavi di Pompei, uno spettacolare viaggio nella rinascita

«Sopravvissuti alla cenere e ai millenni, gli scavi di Pompei hanno rischiato di soccombere all’incuria: salvati in calcio d’angolo, stanno tornando più spettacolari di prima. Ecco perché dovreste andarci subito»

Ci sono molti posti, in Italia, che possono farti girare la testa, ma gli scavi di Pompei sono una cosa a parte. Se non ci siete mai stati perché è troppo lontano, avete sbagliato. Se non ci siete mai stati perché non vi interessa l’archeologia, avete sbagliato. Se non ci siete mai stati perché su Pompei ne sono state dette di tutti i colori in passato, avete sba-glia-to. Nessun luogo, neanche Roma, può restituirvi davvero il senso di continuità temporale con un passato letteralmente sepolto, come può fare questo posto. Gli scavi di Pompei trovano la loro fortuna nella tragedia, come spesso accade: in questo caso, la fortuna è duplice, perché è proprio grazie al mito della sventura che Pompei si è potuta conservare in condizioni da sfidare l’eternità.

Se avete un minimo di sensibilità d’animo, una sensazione di familiarità vi accoglie già all’ingresso degli scavi, quando attraversate un cortile-anfiteatro, circondati da due gallerie di vetro: vi basta superare il riflesso del sole sui vetri per scorgere subito l’incredibile scena dei corpi – o quello che non ne resta – incastonati nel calco che la cenere ha cementato secoli fa. E già qui dovrebbe cascarvi la mascella, nel trovarvi faccia a faccia con questi non-corpi, fisicamente spariti ma ancora cosi vivi nel loro movimento, mentre corrono, si rannicchiano, si abbracciano tra di loro, consegnati all’eternità dalla morte stessa.

Superato il varco, sembra di essere in un giardino, circondati da ulivi e silenzio: l’anfiteatro degli scavi di Pompei, più vecchio del Colosseo, si apre nel suo spazio ovale dopo aver attraversato la galleria, la stessa che percorrevano i gladiatori. E la stessa che hanno percorso i Pink Floyd quando, suonando il loro Live at Pompeii (senza pubblico), hanno consacrato definitivamente l’eternità di queste pietre. Una volta fuori, benvenuti in città: case, botteghe, giardini segreti, cortili  con fontane, la vita qui la senti tanto più forte quanto puoi avvertire il fatto che non ce ne sia più. L’unico respiro è il tuo, sotto il sole di agosto, scivolando sulle enormi pietre delle strade cittadine, mentre fai lo slalom tra blocchi di pietre parallele che tagliano trasversalmente la strada: sono le prime strisce pedonali, pensate per attraversare la strada nei giorni di pioggia, quando tutto diventava un grande fiume cittadino, in assenza di canali di scolo.

Entri in un cortile, e scopri che la fontana al centro è in realtà il principio di una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, attraversi la corte, e ti ritrovi nel giardino dei sogni, circondato da pareti che descrivono leggende antiche, storie d’amore che anticipano i più moderni Romeo & Giulietta. Al thermopolium ti ritrovi a un bancone proprio come se fossi al bar, e scopri che lo street food non se l’è inventato Ronald Mc Donald, ma i pompeiani millemila anni fa, quando condivano il cibo di strada con una salsa nauseabonda chiamata garum (che, in versione rivisitata e commestibile, è ancora in auge in alcuni posti del nord Italia). Prima o dopo essere andati alle terme o ad allenarsi al ginnasium, chi lo sa. Tutto quello che resta è l’ombra imponente delle statue, dei templi, delle mura che hanno sfidato la furia del tempo e della cenere.

Sugli scavi di Pompei è stato detto, fino a qualche tempo fa, che l’incuria stava riuscendo in ciò che neanche il Vesuvio aveva potuto: distruggere pian piano questo patrimonio di inestimabile valore e di certa, tangibile, emozione. Quando il crollo della Schola Armaturarum ha portato sotto gli occhi del mondo la fragilità di uno dei siti Patrimonio UNESCO più spettacolari mai esistiti, gli Scavi di Pompei sono diventati un altro dei simboli dello spreco e del malcostume che – di tanto in tanto – ci ricorda quanto possiamo essere stupidi. Il mondo forse tiene a Pompei più di noi, di sicuro ci ha tenuto l’Europa, che ha finanziato il ‘Grande Progetto Pompei’, con cui il lavoro di squadra guidato da Massimo Osanna, Direttore generale del parco archeologico, sta sistematicamente trasformando un grave episodio di degrado in una storia di rinascita, ancora una volta, in barba ai millenni che passano.

Oggi gli scavi di Pompei sono un grande cantiere che continua a restituire sorprese e gradi testimonianze, ovunque si scavi: l’ultima, di qualche mese fa, il ritrovamento dello scheletro di un altra delle vittime dell’eruzione del 79 d.C. , con la testa schiacciata da un masso. Quello che la vita gli ha tolto bruscamente, la storia ha conservato per l’eternità.

Carolina Attanasio