Mine
22 Ottobre 2016   •   Snap Italy

Un film “quasi” americano: Mine di Fabio&Fabio

«Per festeggiare il box office e non solo, il 19 ottobre presso il Cinema Adriano di Roma si è tenuta una proiezione speciale di Mine, a cui hanno partecipato anche i due registi Fabio Guaglione e Fabio Resinaro. Noi di SnapItaly eravamo lì e vi raccontiamo cosa c’è dietro il film evento delle ultime settimane»

Che il cinema italiano stia risorgendo ormai non lo si può più negare. Un nuovo gruppo di cineasti si sta facendo largo (da Gabriele Mainetti a Stefano Sollima), una generazione capace di guardare alla contemporaneità e di utilizzare la struttura del film di genere per narrare storie diverse e dal respiro internazionale. E’ il caso di Mine, il film che è diventato un caso nel momento in cui il pubblico si è reso conto che quella locandina non era il solito action-movie americano, ma l’opera prima di due giovani registi milanesi, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro. Un film italiano ma girato in Spagna, con produzione ed attore protagonista americani. La reazione è stata quella che inizialmente si era osservata anche con Lo chiamavano Jeeg Robot, ovvero curiosità mista a scetticismo, perchè sembra impossibile credere che nel nostro paese ci possa essere davvero un cambiamento. Ma i numeri dimostrano il contrario, e Mine, col suo incasso di 1.134.536 €, sta facendo parlare di sé (è perfino nato l’hashtag #SupportaMine). Mercoledì 19 ottobre noi di Snapitaly abbiamo partecipato ad una proiezione speciale presso il Cinema Adriano, seguita da una sessione di domande per i due registi, presentata dal critico cinematografico Francesco Alò. Ecco la nostra recensione del film e il resoconto dell’evento.

Mike è un soldato americano che in seguito ad una missione nel deserto, resta bloccato su una mina antiuomo ed è costretto ad attendere i soccorsi per più di 52 ore. A leggere la trama, Mine sembra un tipico high-concept movie, ovvero un film con alla base un’idea accattivante che può essere spiegata in tre parole ad un produttore. Proprio come Buried – Sepolto di Rodrigo Cortés (il cui produttore, Peter Safran è non a caso lo stesso di Mine) oppure 127 ore di Danny Boyle, entrambi film ambientati in una sola unità di tempo e spazio e con un protagonista bloccato in una situazione estrema.

Ecco il trailer del film

Ed invece Mine è una parabola umana inaspettata che si svela a poco a poco, così come a poco a poco si è svelata anche ai produttori, a detta dei registi: «la differenza sostanziale con Buried» spiega Guaglione, «è che quello è un film interamente high-concept, rimane fino alla fine quello che viene venduto e che è alla base dell’idea, mentre noi abbiamo usato l’high-concept come un trucco, un cavallo di troia per andare in realtà a fare un film più personale e stratificato. E questo è stato chiaro ai produttori solo man mano». Un tattica molto strategica quella messa in atto da Fabio&Fabio, così come strategica è stata l’intenzione di realizzare un film con un budget contenuto (il film è costato meno di una commedia italiana), in modo da poter poi avere un maggiore margine di libertà per difendere e portare avanti le idee che più stavano a cuore ai due cineasti, come appunto quella del messaggio finale.

L’idea del restare bloccati su di una mina è solo un pretesto per raccontare una storia personale, il viaggio interiore di un uomo che deve ritrovare se stesso. La mina stessa è simbolo delle difficoltà che ci bloccano e che non riusciamo ad affrontare, il catalizzatore dei demoni che il personaggio deve fronteggiare, la metafora di quegli ostacoli che sembrano insormontabili ma che invece possono e devono essere superati. Mine può essere definito proprio per questi motivi un film di formazione, con un viaggio che il personaggio deve intraprendere, delle fasi da seguire ed un risultato da raggiungere: ma la cosa straordinaria di Mine è che il suo protagonista compie un viaggio incredibile verso la propria libertà restando però fermo tutto il tempo. Anche la posa che Armie Hammer mantiene per tutta la durata del film non è scelta a caso, è anch’essa una metafora della condizione in cui il protagonista ha vissuto fino a quel momento, quella di un uomo in ginocchio, un uomo che sembra essere con un piede su una mina da sempre, vittima della sua immobilità sia nel deserto che nella vita, incapace di andare avanti. Con scene come questa Fabio&Fabio fanno cinema nel senso più proprio del termine, ovvero raccontano una storia mediante le immagini, che diventano simbolo  ed allegoria di significati diversi.

Ma come sono arrivati questi due giovani milanesi dallo girare cortometraggi a realizzare un film con Armie Hammer? Il loro percorso è stato molto surreale in un certo senso: dopo aver realizzato il corto Afterville ricevono una telefonata in cui gli viene comunicata la vittoria ad un Festival in America. «Da quella telefonata a Mine sono passati sei anni» spiega Guaglione. «L’America è un sogno, però bisogna saperla gestire, e noi siamo finiti nel calderoni dei mega studi americani a sviluppare un progetto che poi non ha visto la luce». Resinaro aggiunge «la storia di Mine nasce proprio così, è la storia della nostra condizione in quel momento, quando eravamo bloccati su di un progetto ed avevamo bisogno di andare avanti». L’idea del film i due l’hanno avuta nel 2012, ma prima di arrivare a concretizzare tutto sono passati un po’ di anni. «Fino all’ultimo momento non era neanche sicuro il budget» afferma Guaglione, «ma alla fine abbiamo comunque deciso di fare il film, perchè ci siamo detti che non potevamo non farlo per paura di sbagliare, perchè è un film che parla di fare un passo contro la paura. Ricordo ancora la telefonata a Peter Safran in cui gli ho piazzato la frase “Let’s make the step!”. E questo lo ha conquistato di brutto!».

Mine oltre ad essere un esercizio di stile per i due registi, lo è anche per il suo protagonista, l’attore Armie Hammer (The Social Network di David Fincher, The Lone Ranger di Gore Verbinski), che regge da solo un film che è un vero One Man Show. «Noi abbiamo cercato di scrivere una sceneggiatura con un ruolo che sapevamo avrebbe attirato un attore affamato di mostrare quello di cui era capace» rivela Fabio Resinaro. Ed in effetti l’interpretazione di Hammer è davvero impressionante: Mike viene sottoposto a sfide estreme, e tutto questo ci viene restituito perfettamente con la sua performance, grazie anche ad una regia che riesce a mantenere la tensione fino alla fine senza alcun calo di ritmo, attraverso l’uso di campi lunghi che raffigurano la solitudine del personaggio nell’immensità del deserto, ai primissimi piani che evidenziano ogni dettaglio, dalla pelle arsa dal sole, agli occhi persi nel vuoto, alle labbra secche per la sete. Una tensione che non perde mai il ritmo, che t’inchioda letteralmente alla sedia come se fossi anche tu bloccato col piede su una mina, che si sviluppa e si trasforma in modi inaspettati, perfino con momenti grotteschi che lasciano inizialmente interdetti, ma a che col senno di poi ci si rende conto essere il motore per la riflessione profonda del protagonista. Notevoli gli effetti visivi e sonori, così come la splendida ed intensa colonna sonora di Andrea Bonini. E alla domanda se ci siano o no degli echi stilistici a Star Wars, Guaglione risponde «ma infatti il deserto in cui vediamo Mike è Tatooine!» ricordandoci che è proprio il cinema sci-fi il background cinematografico dal quale i due provengono. In un film con un solo ambiente il rischio di annoiare lo spettatore è sempre dietro l’angolo, ma complice le invenzioni visive di Fabio&Fabio, un montaggio consapevole, la malinconia del viso di Hammer ed una storia profonda, la pellicola si regge benissimo in tutti i suoi 106 minuti.

Definire Mine un prodotto di genere sarebbe riduttivo, visto che già nella prima parte, in un crescendo di tensione magistralmente diretta, si passa dal film di guerra al thriller, per poi arrivare solo alla fine alla sua vera essenza, che va ricercata molto più in profondità. Fabio Guaglione è d’accordo su questo quando afferma che lo diverte il fatto che «per alcuni è un film troppo complesso, per altri troppo semplice, per alcuni troppo pop, per altri troppo d’autore, e questo lo posiziona in mezzo e in una posizione difficile da classificare». Per questo motivo Mine possiede una doppia chiave di lettura, può essere apprezzato a livello più superficiale, quello del thriller ben costruito su di un solido high-concept, e quello della riflessione profonda capace di coinvolgere su di un piano molto più emotivo. Il pregio più bello di Mine è che ti porta inaspettatamente a riflettere in modo profondo anche parecchio tempo dopo averlo visto, come sta di fatto succedendo a chi scrive.

Un sodalizio fortunato quello tra i due registi, che alla domanda su come funziona la dinamica tra loro, Resinaro risponde che sono soliti pianificare tutto con precisione prima di girare, «perchè dovendo girare in 5 settimane non si avrebbe il tempo di litigare, quindi lo facciamo prima e dopo». In generale però i due affermano di essere abbastanza interscambiabili e alla provocazione sul loro futuro come coppia scherzano dicendo «ci conosciamo dal liceo, se non ci siamo divisi fin’ora, la fase critica è superata».

Bisogna essere orgogliosi di Mine, perchè nonostante tutto è un film italianissimo così come lo era Per un pugno di dollari, che, come fa notare Francesco Alò, è stato girato anch’esso in Spagna da un regista italiano, il grande Sergio Leone, nel lontano 1964. Si può quindi tornare a far conoscere il nostro cinema anche all’estero, si può allargare il pubblico ed è più facile di quello che si potrebbe pensare. Tutto ciò che occorre è la volontà di uscire dal proprio giardino, così come succedeva nel cinema italiano del passato, quando non si aveva paura di andare a girare fuori dall’Italia e di ingaggiare attori stranieri per pellicole made in Italy, che non per questo perdevano la loro identità nazionale pur spostandosi su di un mercato internazionale. Mine è una bellissima sorpresa, sia per noi spettatori che per gli stessi registi: «questo successo è arrivato all’improvviso anche se in realtà noi ci stiamo lavorando da anni, ed è per questo bello constatare la reazione positiva sia della critica che del pubblico, perchè per voi la sorpresa è il film, per noi è la reazione». Fabio&Fabio hanno fatto il primo passo e noi li ringraziamo per questo.

Mine è un film di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, con Armie Hammer, Annabelle Wallis, Tom Cullen, Juliet Aubrey e Geoff Bell. Prodotto dalla The Safran Company e distribuito dalla Eagle PicturesMine è nelle sale italiane da giovedì 6 ottobre.

Serafina Pallante