Quokka
06 Maggio 2016   •   Snap Italy

Quokka, tutto il mondo nella tua mano

«Quokka è la prima app che ti permette di vedere in tempo reale quello che succede intorno a te. Abbiamo intervistato Roberto Verde, uno dei suoi fondatori»

Quokka (sito web) nasce da un’intuizione, da una necessità comune ai suoi quattro giovani fondatori: sapere in tempo reale tramite un’app quello che succede in tutto il mondo, interagire con le persone che si trovano in un determinato posto attraverso le tecnologie di geolocalizzazione.

A partire dall’idea di Roberto, Lorenzo, Alessandro e Simone, imprenditori e sviluppatori di Roma tutti under30, questo progetto è riuscito in meno di un anno ad attrarre investitori e promotori, aggiudicandosi 150,000 euro di fundraising e il titolo di “Alpha Startup” al Web Summit di Dublino, uno dei più importanti eventi di startup al mondo.

La storia di Quokka riflette un modo di fare impresa giovane e innovativo, in cui si valorizzano le persone e l’aggregazione sociale, e in cui la modalità di interazione hanno l’obiettivo di distruggere i paradigmi tradizionali del social network. La app, che al momento si trova in versione beta, si rivolge soprattutto all’area delle università romane ma grazie a una serie di investimenti importanti sta raggiungendo passo dopo passo mercati nazionali e internazionali, con l’obiettivo di arrivare a coprire “ogni angolo del mondo”.
Abbiamo intervistato Roberto Verde, classe 1994, studente di economia e CEO di Quokka, che ci ha spiegato come funziona, quando è iniziata la sua avventura e dove vuole arrivare questa startup.

Qual è l’intuizione, la prima idea che vi ha fatto pensare a un’app come Quokka?
La prima intuizione che mi ha fatto pensare a un’app come Quokka è divertente e risale a parecchio tempo fa. Avevo quattro o cinque anni, ogni volta che andavo in bagno immaginavo di poter premere con la mano le mattonelle e vedere, tramite uno schermo, tutto quello che stava accadendo intorno a me: una mattonella mi faceva vedere cosa succedeva al parco, un’altra in piazza, un’altra nel salotto di casa. Avevo il pallino di stare in un posto limitato e poter vedere da lì ciò che accadeva nei luoghi per me importanti.

La startup vera e propria nasce dall’unione di questo mio pallino con l’idea di Simone, quello che ora è uno dei miei soci. Lui è più grande di me, la sua esperienza nel mondo digitale è iniziata prima, circa 5 anni fa, quando il mercato delle startup in Italia non era neanche lontanamente simile a quello che è oggi, aveva provato a realizzare un’app che ti permetteva di vedere in tempo reale ciò che accadeva in discoteca, creando una serie di match tra te e le persone che erano state lì durante la serata, sia in tempo reale che successivamente.
Il prodotto era molto performante, ma non si riuscirono a trovare supporti finanziari e strategici e così si dovettero chiudere i battenti. Io e Simone ci siamo conosciuti proprio durante questo primo progetto: lui stava cercando una persona che potesse aiutarlo a mettere su questa impresa e Alessandro, l’amico in comune che ora è un altro socio fondatore di Quokka, ci presentò tentando di unire le nostre skills. Io però avevo solo diciassette anni e nonostante mi sentissi onorato per questa proposta, rimandai l’impegno perché non mi sentivo all’altezza di avviare un business. Durante l’università, deciso a mettere in pratica questo mio pallino, ho ricontattato Simone e Alessandro, e il progetto pian piano ha iniziato a prendere forma.

Qual è stato l’input definitivo che ci ha spinto a realizzare Quokka?
Una sera di marzo 2015, eravamo tutti insieme e volevamo uscire per prenderci una birra. Non avevamo idea di come fare a sapere chi avremmo trovato in giro, e ci rendemmo conto del fatto che ancora non esisteva uno strumento che permettesse di visualizzare in tempo reale quello che succede in un determinato posto. Ecco, è stata questa la motivazione pratica e concreta che ha dato il via al progetto finale. Abbiamo coinvolto Lorenzo, il quarto socio, e a testa bassa ci siamo messi a lavorare sulla creazione dell’azienda.

Il vostro primo incontro è avvenuto quando tu avevi solo diciassette anni. In che veste ti era stato richiesto di partecipare al progetto?
Io sono da sempre una persona che ama fare impresa e network, in piccolo e in grande. Già a 15-16 anni organizzavo eventi al liceo, poi ho continuato a farlo in ambito universitario. Visto che l’idea di Simone era quella di realizzare un’app per le discoteche, i miei contatti e il mio network di potenziali utenti sarebbero stati un buon punto di partenza.

Dalla vostra storia emerge un profilo importante: quello dell’imprenditore che riesce a fare network, a lavorare sul mantenimento di una community. Quanto conta questa qualità per avere successo in un’impresa digitale?
Credo sia la chiave. Per come la vedo io, le aziende sono fatte innanzitutto di persone, ognuna con le sue qualità e con il suo ruolo principale, ma in cui tutto siano anche abbastanza umili da imparare molte altre cose. La capacità di fare network e di realizzare interazioni, partnership e collaborazione appartiene dunque a una figura specifica dell’azienda, e non è una cosa dalla quale si può prescindere. Nel mondo in cui viviamo, senza fare un po’ di rumore non si va da nessuna parte. Al di là di qualsiasi aspetto informatico e tecnico, la figura chiave di un’impresa digitale, a mio avviso, è chi riesce a fare network e da quel network creare valore, vantaggi per l’azienda.

Un’azienda è fatta di persone, e voi siete un vero e proprio team. Come si è svolta la vostra avventura da questo punto di vista?
È stata un’esperienza bellissima. Come team, la prima cosa che abbiamo deciso di fare è partire dalle nostre capacità individuali per un’iniziale divisione dei ruoli. Lorenzo è una persona precisa e puntigliosa e si occupa di tutta la parte amministrativa e burocratica, che nel nostro paese è una cosa incredibile. Alessandro e Simone sono i due sviluppatori, uno si occupa di server e sviluppo iOS, l’altro di sviluppo Android. Io mi occupo del network, della fase finanziaria, della strategia di penetrazione dei mercati e anche della parte creativa del prodotto. Certo, nella parte creativa e di sviluppo fanno molto anche Alessandro e Simone: ci piace elaborare innovazioni, nuove funzionalità, progetti interni alla app. Dal punto di vista creativo siamo tutti costantemente a lavoro.
Il team negli ultimi mesi è cresciuto e da quattro che eravamo siamo diventati otto: si sono uniti Davide e Marco, sviluppatori; Francesco, copywriter, e Valeria, che ha studiato design industriale e delle app ed è addetta al marketing e art-director.

Torniamo al concetto di rumore: ho notato che, oltre ad avere una vocazione per gli eventi dal vivo volti alla promozione dell’app, state anche introducendo una nuova figura, quella del Brand Manager…
Il nostro punto forte sta nel fatto che siamo vicini alla gente. Uno dei motivi per cui abbiamo oltre 10,000 utenti è che puntiamo su una strategia di community e di vicinanza alle persone. Promuoviamo occasioni di aggregazione in cui parliamo, interagiamo, creiamo audience. L’80% dei nostri utenti li abbiamo incontrati di persona.

Ora che gli investimenti stanno diventando importanti stiamo introducendo la figura dei Brand Manager, che in pratica rappresenteranno per gli utenti il vero e proprio volto dell’azienda. Immagina un sistema di assistenza clienti: mediamente questo viene fatto con form on-line e indirizzi mail. Noi invece, visto che ci siamo sempre orientati verso un approccio il più vicino possibile alle persone, stiamo preparando una squadra di gente simpatica che vada in giro, risponda e aiuti gli utenti in un rapporto faccia a faccia, del tutto amichevole. Oltre a un’assistenza clienti, ovviamente, questo è anche un modo per avvicinarsi a nuove persone e far crescere la community.

Parliamo di come funziona l’app. Quali sono al momento le possibilità pratiche per l’utente?
Al momento Quokka è ancora in versione beta, si rivolge soprattutto alle facoltà di Roma3 e Sapienza. L’utente può selezionare un’area e vedere in tempo reale chi si trova lì per chattare, chiedere informazioni o pubblicare contenuti. Qualora in quell’area non ci siano foto, inoltre, l’utente può chiederle in tempo reale. Faccio un esempio: devo andare all’università e non so se è presente un professore. Tramite Quokka posso mettermi in contatto con le persone che si trovano lì in quel momento e chiedere informazioni.

Al momento, se devo essere sincero, il modo in cui gli studenti lo stanno utilizzando di più è per chattare. Si chatta moltissimo. Il riscontro pratico attuale, dunque, sta soprattutto nella chat geolocalizzata. Oltre alle aree universitarie abbiamo anche una macro-area dedicata alla città di Roma, che non permette di vedere gli utenti presenti, ma di scattare e pubblicare contenuti.

Questo modo di fare social network sembra ribaltare un po’ la concezione classica, per cui l’interazione on-line è qualcosa che distrugge la reale aggregazione sociale. Era nei vostri intenti?
Si, Quokka nasce proprio per distruggere i paradigmi tradizionali dei social network. Se lo smartphone troppo spesso viene utilizzato come fine, con la nostra app torna ad essere un mezzo, uno strumento per avere informazioni sui posti in cui stai andando, e questo permette una reale aggregazione sociale. Quando il prodotto sarà finito, diventerà possibile selezionare qualsiasi posto nel mondo.

L’idea di Quokka è anche quella di contribuire alle fonti del giornalismo?
Sicuramente è un’app che può contribuire a dare informazioni in tempo reale e in maniera costante. Se ad esempio accade qualcosa di particolare a Piazza Trilussa, una volta che ci sarà un bacino di utenti importante il giornalista non dovrà aspettare le agenzie per dare la notizia, ma potrà cercare sulla mappa il luogo d’interesse e analizzare i contenuti degli utenti per capire quello che sta succedendo. Tra i social network ancora non ne esiste uno intuitivo e semplice per avere informazioni geolocalizzate, Quokka sfrutta anche le potenzialità del citizen journalism.

Quali sono i progetti futuri?
Come accennavo, sta arrivando un round importante in seguito al quale la app non sarà più rivolta solo all’ambito universitario, ma a mercati nazionali e internazionali. Siamo pronti a ricevere log-in da tutto il pianeta, l’obiettivo è quello di realizzare step by step un prodotto che sia performante, scalabile e capace di portare in tempo reale in ogni angolo del mondo.

Qualche goal passato che vi ha resi quello che siete oggi?
Sicuramente il goal più importante sono stati i 150,000 euro di fundraising. Poi la partecipazione al Web Summit di Dublino, che ci ha permesso di creare un grande network di contatti in tutti i paesi del mondo: USA, Filippine, Cina, solo per dirne alcuni. Personalmente, credo che il bagaglio culturale con cui siamo tornati da Dublino abbia un valore pari a quello dei 150,000 euro di fundraising, perché la crescita imprenditoriale a cui ci ha portato è stata veramente molto importante.