Pietro Ceccarelli
26 Maggio 2017   •   Snap Italy

Pietro Ceccarelli: «Il rugby è una scuola di vita»

«“Penso che il rugby sia uno sport dove non puoi barare, perché i primi ad accorgersene sono i tuoi compagni, e deluderli è la peggior cosa che tu possa fare come giocatore.” – Pietro Ceccarelli»

Questa volta è un giovane ragazzo a spiegarci cosa significa la parola sport e soprattutto cosa significa fare di questo, oltre che la propria professione, anche la sua passione più grande. Parliamo di Pietro Ceccarelli (FB), pilone destro della squadra di rugby italiana, Zebre Rugby. Pietro ha venticinque anni, una vita davanti e tanti sogni nel cassetto. Molti di questi sono stati già realizzati, come ci racconta. Anche lui non ha perso di vista la realtà, e ha capito che studiare è necessario per non rischiare di cadere nel baratro dell’illusione che, al giorno d’oggi, risucchia molti giovani. Qualche giorno fa Pietro è stato in Francia, e ci ha raccontato, in esclusiva, una grande novità della sua carriera.

Pietro Ceccarelli

Ma non voglio dilungarmi troppo, lasciamo a lui la parola.

Quando hai iniziato a giocare a rugby e come si è evoluto il tuo ruolo?
Ho iniziato a giocare a 8 anni nella Rugby Roma 2000, é stata una decisione di mia madre perché mi riteneva un bambino troppo delicato e, inoltre, essendo lei francese, non le piaceva il calcio, perciò ha scelto per me questo sport. Scelta per cui ancora oggi la ringrazio!
Quando sei piccolino il ruolo importa poco, diciamo che incomincia ad avere una sua valenza verso i 15 anni. Ecco a quell’età ho iniziato a giocare tallonatore, ruolo che ho ricoperto fino ai 20 anni, quando sono arrivato alla SS Lazio e mi hanno spostato come pilone destro, il mio ruolo attuale.

“Non puoi barare, perché i primi ad accorgersene sono i tuoi compagni, le persone che lottano in campo insieme a te, e deluderli è la peggior cosa che tu possa fare come giocatore

Quanto pensi abbia inciso il rubgy nella crescita di Pietro Ceccarelli? 
Molto. È un sport che ha tanto da insegnare, prima di tutto il rispetto dei compagni e degli avversari. Inoltre penso che il rugby sia uno sport dove non puoi barare, perché i primi ad accorgersene sono i tuoi compagni, le persone che lottano in campo insieme a te, e deluderli è la peggior cosa che tu possa fare come giocatore. Ma l’insegnamento più grande, a mio parere, è che il lavoro e i sacrifici pagano; non importa quando, ma alla fine sarai sempre ricompensato.

Quale squadra ha sempre tifato Pietro Ceccarelli?
Ho sempre tifato per la SS Lazio, prima squadra per cui ho giocato una partita in eccellenza. Devo dire però che ho un debole per lo Stade Rochelais, il club che mi ha formato al mondo professionistico.

Poi ci sono state le convocazioni in nazionale a livello Under 19 e Under 20. Che emozione si prova a sapere di essere stati scelti e inseriti tra le eccellenze?
La prima convocazione in Nazionale Under 19 è stata una vera sorpresa per me, non me l’aspettavo proprio. Giocammo una partita contro la nazionale Under 18 dell’Inghilterra; fu una esperienza indimenticabile cantare l’Inno di Mameli la prima volta. Ma se quella in Under 19 fu una sorpresa, quella in Nazionale Under 20 lo fu ancora di più perché fui convocato con i più grandi. Non avrei ma pensato prima di essere selezionato per giocare un Sei Nazioni juniores, fino a quel momento giocavo solo per piacere.

“Fu una esperienza indimenticabile cantare l’Inno di Mameli la prima volta”

Dal 2012 al 2014 invece Pietro Ceccarelli ha militato in due squadre francesi, debuttando anche in Pro D2. Come mai questa scelta di andare all’estero?
La mia scelta di partire è stata del tutto casuale. Ho avuto l’occasione di poter svolgere, per due anni di seguito nel mese di agosto, degli stage di rugby al Centro di Formazione dello Stade Rochelais. Alla fine del secondo mese di stage, lo staff mi ha chiesto di passare dei test fisici per entrare nell’effettivo dell’Accademia, dato che il mio profilo li interessava. Passati i test, appena finito il liceo, sono partito per questa nuova avventura. Per di più quando sei membro di un Centro di Formazione di rugby, sei obbligato a svolgere degli studi, quindi questo mi avrebbe permesso di potermi iscrivere all’Università e, nello stesso tempo, continuare con la mia passione.

Come ti sei trovato in Francia? E in cosa pensi sia differente il rugby italiano da quello francese? 
In Francia mi sono trovato veramente molto bene. Dal punto di vista sociale è stato abbastanza facile, perché già conoscevo la lingua, essendo mia madre francese. Dal punto di vista rugbistico invece, è stato più difficile, perché ero stato catapultato in una realtà completamente professionistica.
Penso che la più grossa differenza tra noi e loro sia nella tradizione; in Francia il rugby e il calcio si dividono tra regioni il primato di sport nazionale, mentre da noi ovunque regna il calcio. Ad esempio, nella regione in cui mi trovavo, quando mi capitava di andare in spiaggia, vedevo più palle ovali che tonde!

Cosa studia Pietro Ceccarelli e come riesce a conciliare studio e lavoro?
Non ho mai deciso di dedicarmi solamente al rugby, perché bisogna essere realisti, basta poco per vedersi la propria carriera sfumare davanti agli occhi. Quindi, appena entrato al Centro di Formazione dello Stade Rochelais, ho incominciato gli studi in Amministrazione delle Imprese. Non è facile rispettare i tempi con i grossi impegni sportivi, però piano piano vorrei portare a termine la laurea.

Dal 2015 sei tornato in Italia. Fai parte delle Zebre. Come stai vivendo questa esperienza?
Alle Zebre mi trovo molto bene, ho ritrovato degli amici con cui avevo giocato e il gruppo è molto sano e competitivo. Quando mi hanno contattato non credevo alla mie orecchie, certo giocare in Pro12 è veramente stata un’esperienza incredibile.

E della convocazione nel febbraio 2016 per l’incontro del Sei Nazioni a Dublino nella Nazionale dell’allora ct Brunel, cosa ricorda Pietro Ceccarelli?
Effettivamente quella è stata veramente un’emozione unica. Ricordo che è successo tutto molto velocemente; ero in vacanza quando ho ricevuto la telefonata del team manager della Nazionale. Inizialmente non avevo ben compreso le sue parole, mi disse che mi dovevo recare il giorno dopo in aeroporto per prendere un volo per Dublino. Quando realizzai che era per giocare una partita del Sei Nazioni con l’Italia, non volli andare a dormire, credendo che fosse un sogno. Arrivato a Dublino fu un’esperienza incredibile, realizzai quello che mi stava succedendo solo a partita finita: l’inno, lo stadio, la partita, tutto passò come un sogno sfuocato.

Cosa vuol dire allenarsi con i grandi campioni del rugby?
Inizialmente ero un po’ in soggezione, però da subito ho capito che bisogna imparare da loro il più possibile, prendere da loro tutta l’esperienza che possiedono. E poi rappresentare il proprio Paese è un onore immenso, ogni volta che indosso la maglia azzurra è come se fosse la prima ma anche l’ultima, devo sempre dare tutto in campo per essere il migliore!

Qualche successo che Pietro Ceccarelli ricorda con particolare affetto?
Certamente il mio ricordo più bello resta l’esordio in Nazionale. Ricordo però con grandissimo affetto anche il mio esordio nel mondo professionistico, in ProD2. Era una patita di recupero contro Carcassonne, lo Stade Rochelais aveva messo molti giovani, fra cui il sottoscritto, giocammo fuori casa e vincemmo la partita.

La scorsa settimana sei stato in Francia a firmare un contratto. Raccontaci di questa novità.
Sì, ho firmato 2 anni di contratto con US Oyonnax, la squadra che quest’anno ha vinto il campionato di ProD2 francese ed è salita direttamente in Top14, il massimo campionato francese. Il mio obiettivo principale è quello di giocare in questo campionato il maggior numero di partite possibili. Tuttavia questa mia decisione di partire nuovamente per la Francia, è un’avventura. Infatti questo campionato è uno dei più ostici a livello mondiale per un giocatore del mio ruolo!

Pietro Ceccarelli

Il rugby è una grande scuola di vita e non c’è di meglio per far crescere i vostri bambini in un ambiente sano e stimolante!

Che cos’è il rugby per Pietro Ceccarelli?
Prima di tutto è la mia passione, lo pratico fin da quando sono piccolo e non riuscirei assolutamente a vedermi senza, mi ritengo fortunato ad averne fatto il mio lavoro.

E invece Pietro Ceccarelli fuori dal campo che ragazzo è? 
Fuori dal campo sono un ragazzo come tutti gli altri, ho molti hobby, come la lettura e il golf.

E, come di rito per le mie interviste, cosa consiglia Pietro Ceccarelli ai più piccoli, “aspiranti rugbisti”?
Il consiglio che posso dare è divertitevi! In questo sport, come in tutti, prima di tutto bisogna divertirsi e prendere gusto, se diventa un obbligo non serve a niente continuare a farlo. E farei anche un appello a tutte mamme italiane che esitano a mettere i loro figli in un campo da rugby perché lo considerano uno sport violento, non c’è niente di più falso. Il rugby è una grande scuola di vita e non c’è di meglio per far crescere i vostri bambini in un ambiente sano e stimolante!


Chiara Rocca