le perle di pinna
24 Gennaio 2018   •   Anita Atzori

Le Perle di Pinna: «Vi svelo chi è Andrea»

«Le Perle di Pinna si racconta su Snap Italy con un’intervista esclusiva fatta di risate, sentimenti e passione. Conoscetelo assieme a noi.»

Lo adorano tutti, alcuni lo ritengono il guru della comunicazione 2.0 e altri lo identificano come l’amico perfetto per sotterrare i cadaveri. Andrea Pinna in arte Le Perle di Pinna (sito internet) ha conquistato davvero tutti, dalla ragazzina adolescente alla mamma casalinga, perché in realtà il suo più grande pregio è quello di arrivare alla gente. Di origini sarde, ma milanese di adozione, ha saputo prendere il mondo dei social come la miglior piattaforma di sana ironia. Ha tanto da dire, un po’ su tutto, specialmente sull’amore e su qualsiasi cosa gli desti interesse e curiosità. Se prima la sua vetrina era Facebook, ora il palcoscenico l’ha conquistato con la partecipazione al programma televisivo Pechino Express che gli ha donato non solo tanta visibilità ma anche una fedeltà assoluta da parte di chi in tutti questi hanno non ha mai smesso di seguirlo.

È giovane, energico e pieno di idee, tipico per la sua età, ma non così scontato se si pensa che il suo hobby è diventato in poco tempo una vera e propria professione. Le Perle di Pinna hanno scavalcato numerosi cliché, hanno abbattuto le imponenti mura del pregiudizio social e di tutti coloro che non vedono nel web una prospettiva sul mondo del lavoro. Ma non solo, Le Perle di Pinna fanno compagnia, portano sane risate e quel tocco in più per chi cerca nei social media un intrattenimento fuori dal comune e per giunta innovativo. Così noi di Snap Italy ve lo presentiamo in un’intervista esclusiva fatta di sarcasmo, buon umore e incoraggiamento, perché Andrea parla di amore, ma parla anche di problemi, diritti civili e coming out. Un ragazzo di provincia diventato grande molto presto e forse anche per questo apprezzato da intere generazioni.

Le Perle di Pinna, ma per tutti Andrea. Sei di origini sarde, ma ormai da qualche tempo milanese a tutti gli effetti. Come mai questo trasferimento?
Allora io mi sono trasferito dopo il successo della mia pagina. L’ho aperta nel 2010 e in poco tempo dopo la vendita di gadget e t-shirt diciamo che ho iniziato a vedere dei guadagni. Non sapevo se potesse diventare un lavoro, ne tanto meno se durasse in eterno, però mi sono detto “o la va o la spacca”, così ho fatto questo passo e mi son trasferito. Del resto facevo il commesso dunque se non fosse andata bene sarei ritornato a fare il mio lavoro di sempre. Fortunatamente dopo poco tempo mi ha contattato la Mondadori per scrivere il libro, e a giugno dello stesso anno Pechino Express mi ha chiamato per partecipare al programma. Dunque è andata benissimo.

Hai mai pensato al fatto che questo potrebbe essere il lavoro della tua vita o l’hai preso più come una sorta di hobby?
Credo che per quanto io possa essere una persona negativa (ride, ndr) è arrivato il momento di dire che le professioni sul web sono a tutti gli effetti un lavoro. Ti faccio un esempio: quando ho vinto Pechino Express tutti mi chiedevano «E adesso cosa vorresti fare?», oppure «Dopo il blog cosa vorresti fare?», ma non è così. La Ferragni non fa Sanremo eppure lavora tanto quanto altri, ma sul web! Bisogna capire che questo mondo non pensa al futuro ma al presente, e inoltre che acquisterà sempre più campo col passare del tempo, magari non per me – anche se me lo auguro – ma in generale per chiunque voglia cimentarsi.

Hai fatto tanti lavori nella tua vita giusto?
Sì, prima ero un commesso, successivamente son diventato vetrinista. Ma in realtà prima di allora ho fatto il porta pizze, il promoter di Tv Sharp, e anche il dipendente in un salone di parrucchieri. Insomma un po’ di tutto, robe molto chic!

Ma toglimi una curiosità, i tuoi genitori a fronte di tutto il successo che hai ottenuto, cosa pensano?
Allora i miei genitori stanno in Sardegna, tranne una delle mie sorelle che invece vive pure lei a Milano. La mia famiglia è molto contenta, ma considera che mio padre è insegnante, quindi sai, stipendio fisso e sicuro da anni, vedendo me con una partita iva e un mestiere che un mese va bene e l’altro no di certo un po’ li terrorizza. Infatti ogni volta che faccio una collaborazione con qualche azienda la sua domanda è «Ma non ti assumono?». No papà non devono assumermi! In realtà, però, sono felicissimi, anche se mia mamma è molto puritana e quando legge ciò che scrivo molte volte mi chiama arrabbiata (ride, ndr) !

Ma inizialmente quando hai aperto la pagina Le Perle di Pinna ti aspettavi tutto questo successo?
Assolutamente no! È iniziato tutto per gioco e anche per noia, nel senso che essendo per motivi lavorativi tutto il giorno a casa senza far nulla – e per giunta arrabbiato – ho iniziato a sfogarmi sui social. In sostanza curavo la mia depressione col mio umorismo. Poi ho visto che numerosi amici apprezzavano le mie scemenze e allora ho detto «Vabbé io mi apro la pagina». Non voglio fare quello che ha inventato chissà cosa, però sai, nel 2010 non erano così in auge determinate iniziative, ne tanto meno vedevi così tanti blogger e influencer come ora. Così l’ho aperta davvero per farmi due risate e senza nessuna aspettativa, ma ringrazio Dio perché è stata una fortuna.

Il fatto che la maggior parte delle persone ti definisca influencer ti pesa? Ti senti più responsabilità addosso?
Sinceramente credo che la parola influencer non sia appropriata, io non penso di influenzare la gente. Al massimo cerco di dare dei consigli, ma neanche su tutto, nel senso che se mi chiamano per pubblicizzare un cine-panettone mi rifiuto categoricamente; ma se invece vado al cinema a vedere un film e mi piace, ovviamente mi sento anche di consigliarlo. Dunque lo vedo più che altro come un consiglio tra amici e nulla di più.

Molti prima ti seguivano tramite i social ma in realtà non sapevano nulla di te, e forse non conoscevano nemmeno il tuo volto. Pechino Express ha contribuito a darti quell’immagine visiva che prima d’ora non era così scontata, Le Perle di Pinna ha avuto finalmente un volto nazionale dopo questa partecipazione. Cosa ne pensi?
Esatto, per me Pechino Express è stato utilissimo perché ha dato un volto a delle frasi. Ma cosa più importante ha dato una voce a ciò che scrivevo. Tante persone vedevano i miei scritti sotto una chiave isterica, con protagonista un ragazzo maligno e senza sentimenti, poi finalmente hanno visto quanto sono cretino e sono riusciti a dare la giusta chiave di lettura ai miei pensieri. Ora quando io dico «cessah» tutti sanno che mi sto riferendo al mio migliore amico e che dietro non c’è nessun sessismo. Da questo punto di vista è stato un grande salto.

Hai sperato di poter fare altre collaborazioni in tv?
Non per forza. Ovvio ci ho sperato, ma non farei qualunque cosa. A me piacerebbe lavorare con la Bignardi, peccato che non c’è più il programma (ride, ndr)! Sono davvero pazzo di lei. Poi, in verità, tempo fa ho fatto una dichiarazione, nel senso che mi son detto «Cavolo ho fatto un programma dove correvo, facevo sport e non mangiavo, a sto punto adesso vorrei fare il Grande Fratello!». Ovviamente sotto certi punti di vista il Gf è un programma molto diverso rispetto a Pechino Express. All’interno del gruppo dei concorrenti, in quanto creatore di contenuti, punterei sicuramente sull’ironia intellettuale per distinguermi!

Ma parliamo della tua terra, la Sardegna. Pensi di ritornarci oppure sarà la meta delle tue vacanze?
Ti dico, in verità ci torno spesso, circa ogni mese e mezzo, e mi piace tornarci. Ma mi rendo conto che la mia vita è a Milano, e che la Sardegna se ci vivi la subisci e se ci stai lontano la ami ancora di più. La subisci se fai un lavoro come il mio, chiaramente se facessi l’avvocato non potrei mai pensare questo. Professionalmente non è il luogo adatto per un mestiere di questo tipo. Poi ho anche la fortuna di non amare il mare, lo odio, lo detesto! E questa è una fortuna perché a differenza di molti che ne sentono la mancanza io proprio non ne faccio conto. Mia sorella è la prima che fa il conto alla rovescia in estate per vedere il suo bel mare, io il conto alla rovescia invece lo faccio per mangiarmi un piatto di malloreddus.

E invece per quanto riguarda il supporto, pensi di averne ottenuto abbastanza dalla popolazione sarda, oppure Le Perle di Pinna hanno ottenuto molte critiche isolane?
Inizialmente molti pensavano che non sarei andato lontano, immancabilmente quando sono approdato a Milano hanno compreso e realizzato la portata delle mie attività. Diciamo che i sardi all’epoca erano i più cattivi e invece ora sembrano aver digerito bene la cosa tanto da mostrarsi sempre super carini e gentili. Mi seguono in tanti, sopratutto donne. E ti dirò… ho guardato i dati del mio Instagram da poco e l’81% dei miei followers sono donne.

Per quanto riguarda i progetti, come sarà il futuro di Le Perle di Pinna?
A Milano ho avuto la fortuna di conoscere un designer che mi ha fatto scoprire un nuovo mondo. Lui stesso mi ha detto «Guarda le tue frasi sono molto carine, ma potresti renderle ancora più belle con un tocco di design». Ti faccio un esempio: maglia bianca e scritta nera, ma dov’è il design? Sono dei semplici gadgets, ma nulla di più. Sicuramente con un tocco di design potrebbero diventare moda. Ecco io non mi sono buttato proprio sull’abbigliamento, ma ho pensato, invece, all’arredamento. Così a breve uscirà la carta da parati di Le Perle di Pinna, dove non ci saranno solo le mie frasi ad essere belle ma anche la carta stessa. E su questo fronte vorrei lavorare anche per quanto riguarda i piatti, la tavola e molto altro.

L’amore ai tempi di Andre Pinna.
No guarda niente amore per Pinna. Mi sono lasciato 8 mesi fa e sono felicemente single, dico felicemente perché per la prima volta non sto proprio cercando nessuno. Mi sono reso conto dopo una convivenza che vivo molto meglio da solo, anche perché sono parecchio disordinato e le uniche persone che potrebbero starmi vicino sono in non vedenti.

Quali sono i pregi e i difetti del tuo carattere?
Bene, sono molto pigro. Sono buono e generoso. Penso però di essere molto sfrontato, non maleducato certo, ma mi rendo conto alcune volte di esagerare con le parole.

Oltre al tuo lavoro che è sicuramente anche una passione, quali altri hobby coltivi?
Cinema, Musica, il Phon perché devi sapere che dormo con quello acceso. Dall’età di 5 anni siamo amici, e ho addirittura l’app perché quando fa troppo caldo e devo spegnerlo ho bisogno del rumore nelle cuffie. Ultimamente ho scoperto pure l’arredamento, forse perché devo cambiare casa, e quindi mi sto fissando di più.

Cibo preferito e Cocktail preferito.
Beh cibo preferito senza ombra di dubbio la parmigiana di melanzane. La fa mia madre e davvero Ciao a Tutti! Invece per il cocktail preferito forse lo spritz, anche se fino a un anno fa quando andavo in discoteca prendevo il Vodka Redbull come le peggiori ragazze anni ’90.

Come ti vedi tra dieci anni?
Ti potrei rispondere morto (ride, ndr)! A parte gli acciacchi, mi vedo più o meno uguale, forse con un po’ più di rughe. Poi chiaramente spero di vedermi realizzato, magari avendo una casa tutta mia e un compagno, ma la vedo piuttosto grigia. Non voglio neppure avere figli perché ho già dei nipoti bellissimi e mi bastano.

Quando hai fatto coming out?
Io ho fatto coming out a vent’anni, quando mi feci i capelli rossi e mia madre si arrabbiò pesantemente. Lei la prese male perché non riusciva a capire perché io facessi così e i miei amici no, allora andai da lei e le dissi «I miei amici non lo fanno perché non sono gay, ma io sì». Così dovetti ammettere che gli amici che venivano a casa mia a trovarmi non erano realmente amici ma i miei ex (ride, ndr)! Ma ovviamente l’unica cosa che disse mia madre fu «Ah, ecco perché volevi il materasso matrimoniale della Eminflex». Comunque si arrabbiò solo sul momento poi dopo poco bussò alla porta e mi chiese «Andrea cosa vuoi per cena?».

Hai incontrato delle discriminazioni per il tuo orientamento sessuale?
Sì, in Sardegna e anche a Roma. In Sardegna cercarono di lanciarmi delle pietre, ma non ci sono mai riusciti perché io correvo più veloce di loro. Adesso ci rido ma all’epoca ci ho sofferto molto, sin dai tempi delle elementari. Per fortuna non ho mai subito percosse, forse perché facevo sempre i compiti a tutti e dunque interpretavo un po’ la parte del benefattore pur di non prendere colpi. Me la sono vista brutta molte volte, e ho anche pianto tanto; ma se c’è una cosa che posso dire è quella di liberarsi del proprio peso il prima possibile. Essere gay non è una vergogna né un problema. Il problema è di chi ce l’ha.

Anita Atzori