31 Maggio 2019   •   Redazione

Jacopo Ratini: cantare la felicità rimanendo se stessi

«Intervista a Jacopo Ratini, artista romano a tutto tondo, che appunta a suon di canzoni la sua felicità.»

Una persona che scrive un libro intitolato Se rinasco voglio essere Yoko Ono (2012) per “Sapere cosa si prova a sottrarre John Lennon ai Beatles”, deve avere non solo una grande cultura musicale ma anche una spiccata sensibilità. E pare sia proprio questo il caso del romano Jacopo Ratini: cantautore, scrittore, docente di songwriting, teatrante. Numerosi i premi vinti dopo partecipazioni ad importanti festival come Musicultura, il Roma Music Festival, Sanremo Lab. Dopo essere stato concorrente del Festival di Sanremo nel 2010, il primo album, Ho fatto i soldi facili, uscito per la Universal nello stesso anno e Disturbi di personalità del 2013 per Atmosferica Dischi. Il 22 marzo 2019 è uscito l’ultimo lavoro di Jacopo Ratini, Appunti sulla felicità, nuovo capitolo di canzoni che scorrono come pagine di diario intime ed istintive, senza doversi per forza incastrare nelle rigide ansie della popolarità a tutti i costi. Ho parlato con lui di passione, creatività e necessità di esprimersi.

Ciao Jacopo, in Cose che a parole non so dire scrivi: “Ci sono cose che a parole non so dire ed altre ancora che forse non dirò mai.” Ciò che non riesci a comunicare a parole riesci ad esprimerlo con la musica?
Beh, a volte sì. Ciò che non riesci a dire face to face è più semplice comunicarlo con una canzone, perché in qualche modo ti permette di nasconderti dietro qualcosa che stai registrando in quel momento. Inoltre, dopo il grande lavoro che si fa su se stessi nel momento della scrittura, una volta uscita, quella canzone non è più solo tua ma diventa di tutti.

Jacopo Ratini non è solo un cantautore ma anche uno scrittore, un docente, un organizzatore di eventi musicali, un teatrante. Come riesci a conciliare tutte queste sfaccettature insieme?
Guarda, semplicemente per necessità. Ognuna di queste attività ha un peso specifico nell’economia mensile anche se, ringraziando il destino o chi per lui, hanno tutte un grande filo conduttore comune che è la musica, intesa anche come arte. Gestire un locale (il Mons n.d.r.), girare con uno spettacolo teatrale a tema musicale, produrre dischi, fare le masterclass di scrittura di canzoni sono attività che comportano una grande creatività.

Quando e come Jacopo Ratini ha capito di voler scrivere canzoni e diventare cantautore?
Io scrivo canzoni da quando ho sedici anni, adesso ne ho trentasette, quindi sono ventuno anni. Non l’ho capito subito, perché nel frattempo ho fatto anche altre cose: ho studiato, mi sono laureato in Psicologia. Forse l’ho iniziato a capire quando ho cominciato a vincere un po’ di concorsi importanti, nel 2008/2009, quando presentavo i miei brani e vincevo oppure mi piazzavo bene ad un concorso. Ho compreso che qualcosa si stava cominciando a muovere. Poi quando ho vinto l’accademia di Sanremo, arrivando come uno dei due finalisti su circa ottocento persone, io che non avevo raccomandazioni, ero indipendente, con la mia compagna dell’epoca che mi faceva da manager, ho capito che qualcosa di buono c’era. Era tutto giusto.

Chi sono gli artisti a cui ti ispiri?
Qualche anno fa ti avrei detto che Bukowski (Jacopo Ratini è ideatore del “Salotto Bukowski”, un reading musicale tra teatro e canzone dove le poesie dello scrittore si incontrano con i più grandi cantautori italiani, n.d.r.) è quello che mi ha influenzato di più nella scrittura, perché comunque la mia modalità compositiva nello scrivere canzoni ha sempre preso le distanze da tutte le altre. Il complimento più bello che mi hanno fatto negli anni ascoltando i miei brani è che non somigliassero a nessun’altra cosa, che non fossero per forza derivativi o derivanti da qualcos’altro. Io non ho un artista preferito ma ho tante canzoni preferite di singoli artisti. Poi è normale che io sia cresciuto a pane e Lucio Battisti e a pane e Beatles, ma non mi sento di aver mai scritto una canzone “alla Battisti” o “alla Beatles”. Questo è ciò che mi piace del mio lato compositivo: Bukowski secondo me mi ha dato la capacità di sintesi.

E qual è la ricetta di Jacopo Ratini per scrivere una canzone che funzioni?
Gli ingredienti fondamentali credo che siano tre: il primo è un testo chiaro, che arrivi diretto. Giochi di parole ma non giri di parole. Poi ci deve essere una melodia facilmente riproducibile, perché una canzone va ricanticchiata, rifischiata, ricordata. Il terzo ingrediente, che secondo me in molti trascurano, è l’interprete. Chi canta può fare il bello e il cattivo tempo di un brano.

Cosa consiglieresti ad un ragazzo che voglia fare il cantautore?
Sicuramente tanta pazienza, tanta costanza, tanta tenacia ma anche tanta umiltà nel voler imparare dagli altri. Sono dieci anni che pubblico cose a livello professionale grazie alla grande curiosità di recepire e rubare cose nuove, sempre accompagnata dalla voglia di mettermi in discussione. In questo mestiere non si arriva mai: ci si mettono anni per costruire un percorso che potrebbe disintegrarsi in tre secondi. Bisogna sempre capire chi si è e dove si sta andando.

Appunti sulla felicità è il tuo terzo album dopo Ho fatto i soldi facili (2010) e Disturbi di personalità (2013). Cos’è rimasto e cos’è cambiato di quel Jacopo Ratini lì? Cosa ti sei appuntato sulla felicità?
Beh, innanzitutto sono cambiate le esperienze di vita: sono cresciuto e maturato. E poi c’è la voglia di raccontare in maniera diversa quello che mi succede. Il motore è la voglia di parlare di quello che è il lato intimo di questi ultimi anni: emozioni, stati d’animo, sentimenti, anche la fine dei rapporti, raccontanti in maniera nuova. Sempre nell’ottica dei dischi precedenti ma con una maturità diversa.

Progetti per il futuro?
Oltre alla promozione del disco che ho già cominciato (si trovano tutte le date sul sito ufficiale: www.jacoporatini.it, n.d.r.), due appuntamenti che voglio segnalare sono: il 28 giugno alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, per il Retape Festival 2019, organizzato da Ernesto Assante e Gino Castaldo, e il 20 luglio per ‘Na Cosetta Summer accanto ad altri big della musica italiana contemporanea. Devo dire che sono molto contento, perché in questi eventi si trova sempre spazio anche per cantautori come me che non abbiano quest’ambizione marcatamente indie. Mi fa piacere anche perché il singolo che ha preceduto l’album omonimo, Appunti sulla felicità, è uscito ad ottobre e sta andando ancora molto bene.

Lavinia Micheli