Giuseppe Bonifati
31 Agosto 2023   •   Snap Italy

Giuseppe Bonifati: dalla Calabria alla conquista di Hollywood

«Attore, drammaturgo, poeta e regista: Giuseppe Bonifati è un artista a 360°, che si è aperto ai nostri microfoni raccontandoci la sua esperienza ad Hollywood e non solo.»

Poliglotta, poliedrico e sempre proiettato verso il futuro, alla ricerca di nuove esperienze e nuove emozioni da vivere. Perché da Castrovillari, dove ha messo i primi passi, Giuseppe Bonifati di strada ne ha fatta tantisssima, affermandosi non soltanto come “attore”, ma come artista a 360°, capace di conquistare prima l’Italia, poi l’Europa e infine Hollywood, recitando in due grandi produzione americane, All The Money In The World e Ferrari. E pensare che questa splendida favola inizia con il ballo, la prima passione artistica di Bonifati, che da lì in poi non si è più fermato, scoprendo passo dopo passo nuove passioni e un nuovo modo di intendere l’arte.

Classe 1985 di sangue calabro, Giuseppe Bonifati si forma come attore a Milano, frequentando la Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi”, approfondendo poi gli studi all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Queste le prime tappe di un viaggio lunghissimo, che lo porteranno poi alla conquista del Nord Europa, uno spicchio di mondo in grado di catturare Bonifati, che all’Odin Teatet – Nordisk Teaterlaboratorium in Danimarca si forma anche come drammaturgo e regista, scoprendo di fatto un nuovo sé artistico. Non a caso è proprio in terra danese che muove i primi passi i Det Flyvende Teater, un teatro molto particolare che si trova all’interno di un aeroporto di cui Bonifati è fondatore e direttore artistico. La passione per il cinema, però, non si è mai sopita, vivendo la sua sublimazione con la chiamata negli States, dove Giuseppe Bonifati si misura con Ridley Scott e Michael Mann, due veri e propri simboli del cinema hollywoodiano. Ma questo non è che l’inizio per Giuseppe, per cui il futuro resto ancora tutto da scrivere…

Attore, drammaturgo, poeta e regista: Giuseppe Bonifati è un artista a 360°. Ma Giuseppe, dal punto di vista artistico, come si descriverebbe?
«Un instancabile viaggiatore ed irriducibile sognatore».

La carriera artistica lo ha portato in tutta Italia, in giro per lEuropa (Danimarca e Ungheria solo per citare qualche esperienza) e nel resto del mondo (dal Brasile fino ad Hollywood): come cambia una professione come la sua?
«Si trasforma o evolve… Dopo la Danimarca, punto ad altri pianeti! Sono impegnato ad immaginare in questi mesi come i passeggeri possano ammazzare il tempo in un aeroporto, così come sulla luna. Dopo il Partito per l’Arte e l’Artbulanza, l’ultima evoluzione artistica è il Teatro Volante, un format unico al mondo, iniziato attraverso un progetto pilota di due anni presso l’aeroporto di Billund (Danimarca). Dallo scorso febbraio abbiamo messo su un teatro studio. Con la nostra crew composta da attori, cantanti e danzatori, l’obiettivo é quello di interagire come una compagnia aerea con i passeggeri provenienti da tutto il mondo e sorprenderli con esperienze artistiche uniche e indimenticabili: performances e opera ai gates, ai terminals e ritiro bagagli; eventi come spettacoli teatrali o di danza negli hangar. Stiamo esportando il format in Europa e presto voleremo anche lì da voi…»

LItalia vanta una grandissima tradizione di autentici mattatori, in grado di scrivere pagine importanti della storia del cinema: come viene visto un attore italiano allestero?
«Credo con profonda ammirazione e sana invidia. Le idee più geniali, d’altronde, hanno spesso un marchio di fabbrica italiano.»

Tra le ultime esperienze lavorative figura quella in All The Money in The World” di Ridley Scott, accanto a Kevin Spacey, Christopher Plummer e Mark Wahlberg (solo per citarne alcuni): qual è latmosfera a fianco di questi mostri sacri del cinema? Ci puoi raccontare qualche aneddoto particolare?
«Ridley Scott mi ha regalato il suo tocco da maestro quando, vedendo in me un avvocato eccentrico, ha preso a scompigliarmi i capelli, cosa che poi avrei dovuto fare ogni volta sul set prima di girare.
La prima volta non avevo riconosciuto invece Kevin Spacey che così trasformato dal trucco era già li sul set da diversi minuti.
A fine riprese (prima del re-shooting con Christopher Plummer), eravamo in questo famoso ascensore dell’hotel Savoy di Londra (il Red Lift) tutti stretti assieme a Ridley Scott, che ci ha chiesto: “E allora, dove stiamo andando?” Ho risposto senza dubbio: “Verso le stelle…” Ne avevo accanto una: Mark Wahlberg, seduto su una poltroncina, dopo una bella complicità sul set. Mentre un’altra star, Michelle Williams, era a pochi metri da noi. Poi, continuando a contare le stelle… Timothy Hutton aveva finito di girare con noi il giorno prima (indimenticabili i suoi “silenzi”).
In Ferrari invece c’era un macchinista che aveva il tatuaggio di Penelope Cruz su un braccio, ma lui non aveva il coraggio di avvicinarla. Quando le ho parlato della cosa, Penelope ha voluto a tutti costi che le mostrassimo almeno la foto. Lui era emozionantissimo ovviamente».

Lultima fatica in ordine di tempo è linterpretazione di Giacomo Cuoghi nel film Ferrari, diretto da Michael Mann e con la partecipazione di Adam Driver e Penelope Cruz: quali emozioni ti porti dietro dopo unesperienza del genere?
«È stata un’esperienza arricchente, la mia seconda partecipazione in un film Hollywoodiano di alto livello (dopo All The Money In The World) e la serie della BBC “US” (con Tom Hollander), potrei quasi dire che è stata una masterclass, lavorare con un regista così meticoloso come Mann, che ha cura di ogni singolo dettaglio: una posa, la tensione di un gesto o il modo di afferrare un oggetto in modo non scontato. È ammirevole che Michael Mann sia riuscito a realizzare questo film dopo quasi vent’anni. Per il mio lavoro di regista, farò sicuramente tesoro anche di questa lezione. Mi sono trovato a mio agio nel lavorare con gli attori (principalmente Adam Driver), anche durante le prove, pur avendo davanti a me uno degli artisti più richiesti dallo star system internazionale. Il fatto che poi Michael Mann abbia deciso di mettermi accanto ad Adam Driver e Penelope Cruz per la lettura del copione con il cast, ha sicuramente contribuito a rompere il ghiaccio prima dell’inizio delle riprese».

In molti considerano lapprodo negli States e Hollywood un punto darrivo: Giuseppe Bonifati, invece, come si pone davanti questo grande traguardo?
«Non si é mai arrivati, in nessuna professione. E vale forse dappertutto il detto “nemo profeta in patria”. Non si hanno meriti qui, ma sempre altrove. Personalmente sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli e traguardi, ma la corsa presenta a volte diversi ostacoli lungo il cammino.»

Ci puoi svelare alcuni dei tuoi progetti per il futuro?
«Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura di un lungometraggio che potrebbe essere il mio film d’esordio da regista, ambientato tra la Danimarca e la Calabria. “La vendetta è un piatto che va servito freddo”, un film vagamente ispirato alla tragedia di Amleto, un revenge movie rivisto in chiave contemporanea e attraverso i luoghi dell’immaginario che sono stati da sfondo principale nel mio percorso artistico degli ultimi vent’anni

Hai viaggiato in tutto il mondo e imparato a conoscere artisti molto diversi tra loro: in quale situazione versa l’Europaartistica”?
«Dopo il Corona ci hanno restituito un mondo più malato, inquinato, combattuto e povero, soprattutto di arte e cultura. Il valore dell’artista ed il suo peso specifico nella società sono scesi nettamente in basso, e lo si può constatare in tutta Europa, anche attraverso le esperienze di colleghi. L’arte e la cultura non sono una priorità all’ordine del giorno dell’agenda politica, mentre rappresentano invece un bene primario da tutelare a ogni costo. In conclusione l’importante è conservare intatta la capacità di costruire sogni e renderne partecipi gli altri, nonostante tutto.»