carloforte
26 Ottobre 2018   •   Federica Portoghese

Carloforte, l’isola sarda dall’accento genovese

«Carloforte, alla scoperta di un’isola nell’isola. Tutto quello che c’è da sapere su questo piccolo pezzo di Genova in terra sarda, in cui abitudini, tradizioni, cucina e accento ligure si sono mescolati in maniera naturale…»

Se per qualche assurdo motivo non siete ancora stati sull’Isola dovete fare due cose: innanzitutto trovare una buona scusa (ma quello è impossibile) e in seconda battuta correre a prenotare uno dei tanti traghetti Sardegna, primo passo per un viaggio alla scoperta dei suoi luoghi più belli e particolari. Strano ma vero, oggi vi parliamo di un’isola sarda in cui si parla e si mangia genovese, nonché dell’unico borgo abitato dell’isola di San Pietro, a 10 km a sud dalle coste della Sardegna. Rullo di tamburi… ecco a voi Carloforte, di fatto una vera e propria enclave, o meglio un territorio compreso in una regione ma che appartiene a un’altra. Ad essere precisi, però, giuridicamente Carloforte è terra di Sardegna, annessa in effetti alla provincia di Carbonia-Iglesias. Ma qui, ci risiamo, tutto ricorda Genova, cucina, lingua e tradizioni, tanto che Carloforte è, dal 2004, comune onorario di Genova.

L’origine genovese di questo fazzoletto di Liguria in mezzo al mare (misura 50 kmq), risale a secoli fa. Intorno al 1540, pescatori e commercianti di Pegli abbandonarono la patria alla volta dell’isola tunisina di Tabarca, attirati dall’oro rosso del mare, il corallo. Dopo circa due secoli, le pressioni subite da arabi e pirati e l’esaurimento dei banchi corallini, costrinsero i “tabarchini” a lasciare l’isola e a trovare rifugio al largo del litorale sardo. Qui, a San Pietro e Sant’Antioco, isole dell’arcipelago del Silcius, fondarono rispettivamente i comuni di Carloforte e Calasetta (1741). Ed è così che ebbe inizio la storia dei “genovesi di Sardegna”.

 

Carloforte, un’isola paradisiaca

Carloforte è uno dei borghi più belli d’Italia, con i suoi carrugi, le sue piazzette, il molo, il porticciolo e le antiche chiese. Fuori dal perimetro murario, ancora oggi si ammirano i palazzi risalenti al XVIII e XIX secolo che affacciano sul lungomare, Corso Battellieri, dove, nell’omonima piazza, spicca il monumento a Carlo Emanuele III di Savoia, colui che permise ai tabarchini di colonizzare San Pietro. A pochi chilometri dal centro, in un forte del 1738 sempre dedicato al re, prima costruzione in muratura isolana, oggi rivive in immagini e reperti la storia della comunità locale, raccolta ed esposta nelle sei sale del Museo Civico Casa del Duca. La comunità oggi conta circa 6.400 abitanti, nelle cui vene scorre sangue di Africa, Liguria e Sardegna. E parlano il “tabarchino”, una lingua molto simile al genovese antico studiato anche da De Andrè per la stesura di alcuni testi della raccolta Creuza de mä.

Di viottoli in mezzo al verde ce ne sono anche a San Pietro, con scorci panoramici straordinari. L’isola, di origine vulcanica, è infatti un paradiso per naturisti, dove tra la lussureggiante vegetazione mediterranea spuntano antiche saline, nella zona a sud del borgo, incantevoli baie e piatte scogliere che degradano dolcemente verso il mare.

Alla scoperta di Carloforte

Il modo migliore per scoprire l’isola è noleggiare un gommone o una barca così da accedere anche ai tratti costieri difficilmente accessibili via terra. La costa presenta un’ampia varietà di spiagge, calette di sabbia lambite da acque cristalline e alte falesie a strapiombo sul mare. Quest’ultime sono l’habitat naturale del falco della Regina (o falco eleonorae), una specie molto rara che nidifica proprio qui. È per questo rapace che San Pietro è anche detta Isola dei falchi ed è per la presenza di oltre 200 esemplari che è considerata un’area di importanza internazionale (fenicotteri rosa e gheppi).

Tra le calette Cala Fico e Cala Vinagro, ad ovest, sono le più suggestive, strette tra alte pareti di roccia bianca e il turchese del mare. A breve distanza da Cala Fico si trova Capo Sandalo, la punta occidentale dell’isola, dominata da un piccolo faro che guarda l’isolotto del Corno. Cala Lunga, a nord, che prende nome dalla forma allungata, è l’ultima insenatura prima di raggiungere la Tonnare, punta settentrionale di fronte all’Isola Piana. In più, passeggiando nell’entroterra (giugno e settembre sono i mesi migliori) sarà facile imbattersi in strane “sculture naturali”, rocce erose dal maestrale, il vento che soffia quasi costantemente su tutta l’isola, che gli autoctoni chiamano funghi di pietra.

 

Natura e tradizioni

Oltre al fascino di storia, borgo e natura, Carloforte attrae anche per la sua cucina, tipicamente marinara, fusione di culture mediterranee. Oltre a focaccia e farinata, eredità alla cultura madre genovese, un altro piattoforte è il cascà, simile al cous cous, condito con pesce e verdure, e di evidente influenza magrebina. Ma l’elemento principe della cucina in terra carlofortina è il tonno, di cui i “tabarchini” sono abili pescatori. Cucinato in ogni modo e senza risparmiarne alcuna parte, è alla base di ottimi piatti: c’è il tonno alla carlofortina, tagliato a cubetti e saltato in padella con vino bianco e alloro, o il sugo di tonno fresco, olive, capperi e pecorino da unire a una pasta punga, come le linguine. E il tonno è protagonista anche di una delle manifestazioni tradizionali dell’isola e a carattere internazionale, il Girotonno, che si tiene a fine maggio e si snoda tra gare di chef, eventi musicali e spettacoli all’aperto che richiamano l’antico rito della mattanza, un po’ brutale ma tipico di questa originale comunità.

Federica Portoghese