museo della pubblicità
09 Giugno 2017   •   Carolina Attanasio

Museo della pubblicità, la Collezione Salce apre a Treviso

«Ferdinando Salce ha collezionato, nella prima metà del Novecento, una quantità enorme di manifesti pubblicitari che oggi, grazie al Mibact, diventano un grande Museo della pubblicità»

Un Museo della pubblicità in quel di Treviso (sito ufficiale), per accogliere i 24.580 manifesti della collezione Ferdinando Salce, collezionista del primo novecento. Benestante e appassionato, Nando compra il suo primo manifesto al prezzo di una lira, di contrabbando, dall’attacchino comunale: si tratta della pubblicità della Società Anonima Incandescenza a Gas Brevetto Auer, successivamente indicato come il primo vero manifesto pubblicitario italiano, capace di tener testa – per forma e contenuti – alle grandi grafiche europee.

La sua vita sarà dedicata totalmente alla compravendita di manifesti, che custodirà nella sua dimora di Treviso e di cui perderà presto il conto. Nel 1962, anno della sua morte, si avvia alla fine anche la grande stagione italiana della pubblicità su manifesto, soppiantato di gran carriera dai progressismi della prima televisione.

Il Museo nazionale collezione Salce è il primo museo della pubblicità in Italia a reggere il confronto con il gemello parigino, il Musée des Arts Decoratifs, sia per quantità che per qualità della collezione, che diventa un vero e proprio percorso cronologico verso quella che sarà l’esplosione del mercato pubblicitario negli anni a venire. Si tratta di un campionario di eccellenze senza paragoni in Italia.

Il Museo della pubblicità si divide in due sedi, una conservativa e una espositiva: la prima è la duecentesca Chiesa di Santa Margherita, che custodisce l’intera collezione tra i suoi absidi, in condizioni di assoluta sicurezza, per preservare la qualità dei manifesti. All’interno della chiesa sconsacrata trovano posto anche i laboratori dedicati al monitoraggio e alla conservazione della collezione. È previsto anche uno spazio espositivo, tuttavia il luogo deputato alla visibilità è il Museo di San Gaetano, dove ha appena inaugurato la mostra Illustri persuasioni. Capolavori pubblicitari dalla collezione Salce, che percorre la storia della cartellonistica promozionale in tre momenti salienti, La Belle Epoque, Tra le due guerre e Dal secondo dopoguerra al 1962. Ai manifesti del Museo della pubblicità si accompagnano calendari, locandine, latte serigrafate e foto storiche attraverso cui percorrere i fasti e l’eleganza di un periodo storico indimenticabile.

Metlicovitz, Mataloni, Honenstein, Dudovich sono alcuni dei grandi nomi in esposizione, che hanno fatto grande la stagione italiana del cartellonismo, creando linee altamente riconoscibili e regalando anni di fertilità alla nobile arte della grafica.

La pubblicità è una delle anime del Novecento, ha segnato decenni e influenzato la vita di milioni di persone, oltre a essere fonte di grandissima creatività e meritare, dunque, uno spazio appropriato di esposizione. Chi di noi si è imbattuto nello studio delle tecniche pubblicitarie sa che, dietro alla grande operazione di marketing, c’è il genio creativo di chi riesce a convincerti con una risata, o con una lacrimuccia, a comprare il suo dopobarba, o quei pannolini, quella macchina, quel detersivo. Fare leva sulle emozioni e sul contatto è, sempre di più, quello che i brand stimolano per generare la fiducia dei consumatori.

Nel primo episodio della prima stagione di Mad Men (chi non l’ha visto, per carità, lo faccia subito) Don Draper – il pubblicitario protagonista della serie – fa psicologia inversa per conquistare la donzella di turno, sostenendo che l’amore romantico, così come lei lo conosce, non esiste. È stato inventato da quelli come lui per vendere calze. Inutile dirvi come finisce tra i due, lei totalmente succube del cinismo e della bellezza imbarazzante di lui. Siamo a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 e i pubblicitari sono delle rock star, il tubo catodico inizia a spopolare e l’advertising conosce il suo più grande trampolino di lancio, la televisione. Fino a poco tempo prima, a farla da padrone erano i giornali, e prima ancora i manifesti pubblicitari, come quelli collezionati da Salce e finiti nel Museo della Pubblicità: manifesti che hanno segnato un’epoca e che, al di là della loro importanza nella comunicazione, rappresentano uno spaccato di vita e costumi che ci avvicina al passato dell’Italia e degli italiani.

Carolina Attanasio