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29 Aprile 2020   •   Raffaella Celentano

La moda italiana unita contro il Coronavirus

«La moda italiana corre ai ripari e reagisce all’emergenza sanitaria del Coronavirus. Da Armani a Prada, ecco come le nostre maison affrontano questo periodo di difficoltà»

Stiamo vivendo un periodo difficile, che forse non ha precedenti nella storia recente. Sono ormai settimane che ognuno di noi cerca di reagire al meglio in questa “nuova normalità” che ci è piombata addosso in così poco tempo. Siamo tutti disorientati, perché non sappiamo cosa aspettarci, ma allo stesso tempo stiamo cercando di tirar fuori il meglio da questa situazione difficile e di reagire come possiamo. Questo discorso vale non solo per i singoli, ma soprattutto per molte realtà lavorative che in poco tempo stanno stravolgendo le vecchie abitudini, e si stanno preparando ad una nuova vita, ad una nuova quotidianità e ad un nuovo modo di lavorare. E anche il sistema della moda italiana sta pian piano facendo i conti con questi innumerevoli cambiamenti portati in dote dal Coronavirus. Tutte le aziende italiane e straniere, infatti, hanno cercato soluzioni adeguate, che possano non solo far fronte alla crisi, ma anche salvaguardare la salute e il lavoro della maggior parte dei loro dipendenti. E se Giorgio Armani è stato considerato come il pioniere di questi cambiamenti, colui dal quale imparare e prendere spunto, tante altre aziende non sono state da meno, seguendo il suo esempio e introducendo importanti novità all’interno della loro filiera produttiva e dei loro uffici.

In tempi di crisi il carattere delle persone (e delle aziende) viene fuori, senza filtri o maschere, perché è proprio nel bel mezzo di un’emergenza o di una rivoluzione che emerge la nostra vera natura. Nel bene e nel male questa crisi sanitaria (ma anche economica e lavorativa) squarcerà il velo, e renderà evidente – se non a tutti, alla maggior parte degli addetti ai lavori – quali sono i punti di forza e i limiti dei brand di moda italiani e stranieri. Ma vediamo insieme quali sono state le nuove direttive delle maison italiane e come gli imprenditori e gli stilisti stanno reagendo all’emergenza Coronavirus in queste settimane.

Giorgio Armani: la moda italiana unita contro il Coronavirus

Giorgio Armani, dopo aver donato 2 milioni di euro agli ospedali, ha dato il via alla conversione di tutti i suoi stabilimenti produttivi per realizzare camici monouso destinati alla protezione individuale degli operatori sanitari. Ma le azioni di Re Giorgio sono andate ben oltre: lo stilista 85enne ha, infatti, detto la sua su quello che sta succedendo nel settore, prospettando un nuovo, più intimo scenario per la moda post Coronavirus. Armani auspica ad un “rallentamento” della moda, il cui il ritmo è diventato troppo rapido, a tratti insostenibile. E la quarantena da Coronavirus rappresenta un’opportunità per ripensare molte cose: a partire dalla stagionalità delle collezioni.

«Vedo questa crisi come un’opportunità per rallentare e riallineare tutto; per definire un nuovo e più significativo panorama per la moda. Ho lavorato con il mio team per tre settimane in modo che, dopo il blocco, le collezioni estive rimarranno nelle boutique almeno fino all’inizio di settembre, com’è giusto che sia. E così faremo d’ora in poi.»

Bulgari promuove lo smart working e produce gel disinfettante

Il brand romano, nonché uno dei marchi di riferimento della moda italiana è stato uno dei primi a reagire all’emergenza sanitaria provocata dal Coronavirus donando all’Ospedale Spallanzani un microscopio 3D, strumento di ultima generazione, ideale per studiare le infezioni del Coronavirus a livello cellulare. Eppure, il CEO di Bulgari Jean-Christophe Babin non avrebbe mai pensato che alle strutture ospedaliere potesse mancare il gel disinfettante per le mani. Così ha deciso di fare qualcosa e convertire la produzione dell’azienda, producendo 6mila bottiglie da 75cl di gel disinfettante al giorno, in consegna alle strutture che ne avevano bisogno. Il ragionamento fatto era molto semplice: i disinfettanti sono a base d’alcool, proprio come i profumi. Babin ha quindi contattato la ICR (Industrie Cosmetiche Riunite) di Lodi, storica produttrice delle fragranze Bulgari, per proporre loro di riadattare temporaneamente una parte degli stabilimenti alla creazione di gel disinfettante. Pochi giorni dopo poi da Parigi è arrivata la notizia che anche la LVMH (gruppo di cui Bulgari fa parte, ndr) stava avviando un’iniziativa simile.

Le sarte di Ermanno Scervino in “smart working

A marzo Ermanno Scervino ha promesso il proprio contributo in questa emergenza sanitaria, mettendo a disposizione la sua sartoria per avviare una produzione di mascherine e camici. L’obiettivo è stato sin da subito quello di distribuirli gratuitamente presso le strutture sanitarie, venendo così incontro alla crescente esigenza di questi prodotti da parte del personale medico e infermieristico. Inoltre, Toni Scervino – amministratore delegato della maison – ha messo in smartworking le sue sarte: tutti i giorni gli incaricati dell’azienda portavano metri di tessuto non tessuto, gli elastici e i ferretti a casa delle dipendenti, ritirando anche i dispositivi già realizzati, destinati alle aziende sanitarie e alle residenze sanitarie assistenziali della Toscana.

«Il nostro primo pensiero e la nostra più profonda gratitudine vanno a chi in questo momento, ovunque nel mondo, sta lavorando in prima linea, instancabilmente, per garantire a chi ne ha bisogno tutte le cure necessarie. Per questo Ermanno Scervino ha deciso di mettere a disposizione il lavoro delle proprie sarte, che si dedicano alla produzione di mascherine e camici che verranno gratuitamente distribuiti alle strutture sanitarie del territorio»

Gucci converte la produzione e riapre in sicurezza

Anche il brand Gucci, come il gruppo Armani, ha sin da subito deciso di aiutare l’Italia nella lotta al Coronavirus e, su spinta della regione Toscana, ha donato oltre 1.100.000 le mascherine chirurgiche e 55.000 camici. Inoltre, il marchio a fatto due donazioni a favore di due specifiche campagne di crowdfunding: a favore del Dipartimento della Protezione Civile, e a favore del Covid-19 Solidarity Response Fund a supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gucci ha poi chiesto a tutti i membri della sua community di intervenire al suo fianco per raccogliere fondi. Un’iniziativa che ha messo in luce l’importanza di una tribù globale, in cui le persone di tutto il mondo sono unite dai medesimi principi. Infine, lunedì 20 aprile Gucci ha deciso di riaprire il suo laboratorio di prototipi per pelletteria e calzature di Scandicci (Firenze). L’azienda ha precisato che che questa riapertura è stata parziale e ha riguardato un numero ristretto di lavoratori (circa il 10%) ed è avvenuto nella massima sicurezza per i dipendenti.

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Prada dona camici e mascherine alla Toscana

Il Gruppo Prada, su richiesta della Regione Toscana, ha avviato la produzione di 80.000 camici e 110.000 mascherine da destinare al personale sanitario della Regione. Il piano iniziale prevede consegne giornaliere. Che saranno ultimate in data 6 aprile 2020. Gli articoli sono prodotti internamente presso l’unico stabilimento del Gruppo (Prada Montone, nel perugino). Rimasto operativo a questo scopo e da una rete di fornitori esterni sul territorio italiano.

Raffaella Celentano