Marina Spadafora: la donna che ripensa il futuro della moda!
«Abbiamo intervistato Marina Spadafora per parlare del suo lavoro e del futuro della moda. Ecco cosa ci ha raccontato.»
Il mondo della moda è in continua evoluzione. Ogni stagione, la passerelle propongono nuovi stili e materiali, sempre più innovativi e dinamici. Tuttavia, c’è un trend che a poco a poco sta travolgendo tutte le aziende del settore: è la moda sostenibile. Infatti come pochi sanno, il settore della moda è tra i più inquinanti al mondo e un crescente numero di consumatori, sta avendo effetti catastrofici sull’ambiente e sulla vita di milioni di persone. Se sessant’anni fa, in occidente la moda, sdoganando capi some la minigonna, ha cambiato il mondo per milioni di donne, oggi in Italia c’è una donna che sta cambiando la moda stessa. Questa è Marina Spadafora, imprenditrice e coordinatore italiano di Fashion Revolution, movimento che dal 2013 lavora per sensibilizzare persone e brands sull’importanza della sostenibilità. L’abbiamo incontrata per farci raccontare come è arrivata a costruire una carriera nel mondo della moda mettendo in discussione tutte le regole e per capire come stia cambiano il mondo della moda oggi. Ecco cosa ci ha raccontato.
Nonostante una carriera di successo nella moda, qualche anno fa, quando ancora pochissimi parlavano di sostenibilità, Marina Spadafora, ha abbracciato Fashion Revolution. Cosa l’ha spinta a prendere questa decisione? E come è cambiata la sua carriera da quel momento?
Fin da piccola, sono sempre stata molto sensibile ai temi dell’ambiente e dei diritti umani. Crescendo a Bolzano, in uno scenario naturale mozzafiato, ho sempre pensato che è un nostro dovere mantenere e proteggere la natura. Alle scuole medie ho avuto la fortuna, e il privilegio, di avere la professoressa Delugan, una persona speciale che ci introdusse a personaggi come Gandhi e Martin Luther King. Mi appassionai moltissimo alla loro filosofia e al loro messaggio. Lessi le loro biografie e il loro pensiero entrò nel mio DNA morale e culturale. Ma prima ancora, quando ero molto piccola, e gli adulti mi chiedevano cosa volevo fare da grande, rispondevo che sarei andata in Africa ad aiutare i bambini. La mia altra passione è sempre stata il disegno e la pittura. Crescendo in una famiglia, la cui attività era la produzione di maglieria, iniziai a disegnare modelli da subito e mi appassionai al mestiere che mi portò, anni dopo, a fare prima la costumista a Hollywood e poi la designer a Milano. Il mio DNA, però, mi chiamava a gran voce, chiedendomi di fare qualcosa di più per il mondo in cui viviamo.
I primi passi in questa direzione li presi quando sfilavo ancora con il mio marchio Marina Spadafora. Decisi, al terzo figlio, di far sfilate più intime, da atelier, e tutti i soldi che risparmiavo dal fare le grandi sfilate in fiera, li devolvevo a istituzioni che si occupano di bambini, come l’ospedale Buzzi di Milano e la Casa dei risvegli di Bologna. Dopo consulenze per Ferragamo, Prada e Miu Miu decisi che dovevo dare una svolta alla mia vita e feci un salto nel buio, fiduciosa che l’Universo mi avrebbe appoggiata.
E cosa successe?
Arrivò il bellissimo progetto Banuq per il quale mi chiesero di curare lo stile e la produzione interamente fatta in Africa con filati sostenibili; a seguire arrivò la proposta di seguire Cangiari, progetto moda del consorzio Goel in Calabria, dove, con l’utilizzo di filati bio si creavano, sugli antichi telai a mano, tessuti bellissimi e dando a molte persone la possibilità di avere un lavoro dignitoso al di fuori dei giri mafiosi.
In contemporanea, fui contattata da CTM Altromercato, la più importante realtà di commercio equo e sostenibile in Italia. Qui, mi sono occupata della direzione creativa della linea di abbigliamento Auteurs du Monde per 10 anni, collaborando con artigiani e realtà appartenenti al WFTO in più di 20 paesi nel mondo. Orsola de Castro, fondatrice di Fashion Revolution, mi chiamò nel 2014 da Londra per chiedermi di diventare Country Coordinator del movimento per l’Italia.
Qual è stato l’impatto di Fashion Revolution in Italia? Ci sono state delle difficoltà specifiche?
Fashion Revolution in Italia sta crescendo di anno in anno. Gli eventi si articolano durante tutto l’anno e non solo durante il mese di Aprile, in cui si ricorda il crollo del Rana Plaza. Le richieste di adesione al movimento, di risposte a quesiti, di possibili partnerships e molto altro sono incessanti. A volte non è facile dedicare tempo a tutto, visto che il team è composto da volontari che oltre a lavorare per Fashion Revolution, hanno professioni e impegni propri. Recentemente, ci ha contattati la Rai e ha realizzato un bellissimo pezzo sul telegiornale. Questo riconoscimento, da una rete televisiva nazionale, da la misura in cui il movimento sia conosciuto e rispettato in Italia.
Oggi tutti parlano di la sostenibilità, anche nel mondo della moda. Pensa che questo concetto sia diventato un “trend” oppure un impegno serio e condiviso? E quali sono le opportunità per la moda Made in Italy?
È proprio vero che oggi il termine “Sostenibilità” sia sulla bocca di tutti. Da una parte è un bene, dall’altra ci sono molte persone che non sanno di cosa stanno parlando. La divulgazione di notizie, e nozioni, attendibili fa parte del lavoro di Fashion Revolution: infatti, attraverso il programma Fashion Revolution Education entra nelle scuole e racconta agli studenti, anche in tenera età, cosa possono fare per avere un impatto positivo sull’ambiente. Le opportunità per il sistema moda in Italia sono enormi. Il settore manifatturiero tessile italiano già oggi è molto virtuoso per quanto riguarda le politiche ambientali. Se la produzione di abiti seguisse l’esempio, potremmo diventare velocemente leaders nel settore, dimostrando che si può fare business rispettando persone e ambiente.
Ha dedicato la sua carriera a rendere la moda un business più etico. Che messaggio si sente di dare Marina Spadafora a tutti i giovani che vorrebbero lavorare nel mondo della moda?
Il mio messaggio per i giovani che entrano oggi nel sistema moda è di essere coerenti con i propri principi e ideali. E soprattutto di non aver paura di dire quello che pensano! Proponete alle aziende soluzioni nuove per creare un’industria più responsabile ed etica.
Deborah Scaggion
Crediti immagine di copertina: Fashion Revolution