Marco Polo
18 Luglio 2016   •   Snap Italy

Marco Polo: la seconda stagione su Netflix

La serie tv sul grande esploratore veneziano Marco Polo, con protagonisti gli italiani Lorenzo Richelmy e Pierfrancesco Favino, torna su Netflix con una seconda stagione ancora più ricca di avventure e mistero

Era il 2014 e nonostante Netflix non fosse ancora sbarcata in Italia, il colosso dello streaming aveva già prodotto e distribuito una serie fortemente italiana e ad oggi una delle più seguite sulla piattaforma: Marco Polo. La storia del nostro paese non è certo nuova a trasposizioni internazionali (basti pensare a serie tv come I Borgia, Da Vinci Demons o Spartacus) e già questo dovrebbe renderci orgogliosi. Marco Polo però ha qualcosa in più: ad interpretare il protagonista stavolta non è una star americana qualunque, ma al contrario un giovane attore italiano, Lorenzo Richelmy, così come italiano è anche il volto del padre Niccolò Polo, ovvero l’attore nostrano più lanciato all’estero, il nostro Pierfrancesco Favino. Netflix punta sull’Italia e la cosa stupisce molto anche se non dovrebbe, visto che ad essere trasportata su schermo è una grande storia italiana. Ma la verità è che noi non siamo abituati a vederci coinvolti in enormi produzioni dai budget stellari, e leggere di un attore italiano protagonista di una grande serie tv internazionale è ancora una cosa che fa strabuzzare gli occhi. E Marco Polo è senza ombra di dubbio una grande serie tv.

Venezia 1274. Un giovane ragazzo veneziano assetato di avventura e conoscenza inizia il suo viaggio verso quell’Oriente tanto lontano quanto misterioso. Un giovane che tornerà in patria soltanto diciassette anni dopo e che racconterà tutto in un libro che dopo più di sette secoli è ancora citato come mirabile esempio di memorie, “Il Milione”. Un giovane veneziano di nome Marco Polo, uno dei più grandi esploratori che la storia abbia mai visto, un italiano che con i suoi viaggi e con i suoi racconti ha unito Occidente ed Oriente, due mondi agli antipodi per tradizione e cultura. Ma cosa sarà successo in quei diciassette lunghi anni? E’ di questo che parla Marco Polo, la serie tv statunitense di genere storico ideata da John Fusco, la cui seconda stagione è appena approdata online sulla piattaforma streaming, precisamente dal 1 Luglio. Quando si parla di una megaproduzione a sfondo storico il riferimento più immediato è ovviamente Game of Thrones: gli elementi di storia, intrighi, sesso e guerra sono ormai caratteristiche di uno stile ben preciso, e Marco Polo si configura infatti come una specie di gioco del trono condito in salsa wuxia, una miscela così particolare che funziona e coinvolge. Ad onor del vero il livello non è lo stesso del capolavoro della HBO, ma nonostante questo simili sono il respiro epico così come l’attenzione minuziosa alla ricostruzione storica.

Nella prima stagione la storia si concentra su di un giovane Marco Polo, che al seguito del padre Niccolò e dello zio Matteo, intraprende un lungo viaggio attraverso la Via della Seta, che lo conduce fin nel cuore del potente impero Mongolo, presso la corte di Kublai Khan, nipote del grande Gengis Khan. Ostaggio nelle mani del Khan, Marco entra a far parte della corte del sovrano, immergendosi sempre di più nel cuore delle tradizioni e della cultura dell’Asia Orientale. Entrato nelle grazie di Kublai, il giovane veneziano è testimone dei suoi tentativi di tenere insieme ed espandere ulteriormente il suo sterminato dominio, tra intrighi di corte, cospirazioni, lotte di potere e il conflitto in corso con l’ormai decadente Dinastia Song, ultimo baluardo del millenario impero cinese contro la potenza mongolica.
A leggere la trama la serie sembra essere quasi un documentario, una traduzione visiva degli eventi narrati nel diario dell’esploratore, ma al contrario l’esecuzione è frutto di una visione che vuole essere romanzata e personale, anche se la splendida cornice e gli eventi generali restano fedeli a Madre Storia.

Raccontando trame e personaggi che si dipanano tra giustizia, politica e guerre, Marco Polo colpisce per molti motivi, a partire dall’eleganza dei costumi, l’uso sapiente della fotografia, le magnifiche scenografie, i paesaggi esotici mozzafiato, le coreografie delle battaglie e dei duelli, l‘attenzione alla scelta del cast con attori di origine cinese, mongola, mediorientale ed italiana appunto, che recitano tutti con accenti diversi, rimarcando ancora di più la multiculturalità e la sensazione della scoperta del diverso che da sempre si associano alla figura di Marco Polo.

E’ quindi motivo di orgoglio il fatto che a prestare il volto ad una figura così importante per la nostra storia non sia stato scelto un attore a caso, ma un italiano vero e proprio che potesse conferire veridicità al personaggio: il giovane Lorenzo Richelmy, classe 1990 è perfetto nel rendere l’evoluzione di Marco da curioso e timoroso ostaggio a guerriero e consigliere sicuro di sé. Non solo il protagonista è italiano, ma come detto per rendere ancora più realistica la rappresentazione, anche la famiglia di Marco veste un cast nostrano: il volto di Pierfrancesco Favino nei panni del padre di Marco Polo è perfetto per un ruolo che non sarebbe stato possibile affidare ad un attore di nazionalità diversa. Dieci anni fa sarebbe stato impossibile vedere un attore italiano protagonista di una serie americana, mentre in Marco Polo gli attori italiani sono addirittura due. E sono stati proprio loro, le uniche due stars italiane nel mondo Netflix, a presentare il lancio della seconda stagione, lo scorso lunedì 13 giugno a Milano, e in questa occasione Lorenzo Richelmy e Pierfrancesco Favino hanno discusso con passione della serie e delle sfide che una grande produzione come questa può comportare.

Netflix si è presa un grosso rischio nello scegliere un attore così giovane come Lorenzo Richelmy (famoso al grande publico per il suo ruolo nella fiction I Liceali, ma presente al cinema con altre pellicole, come Sotto una buona stella di Carlo Verdone), che non solo ha dovuto recitare in inglese pur non conoscendo la lingua, ma che ha dovuto anche imparare a combattere con la spada e con l’arco, andare a cavallo e praticare le arti marziali e il kung fu (anche se a detta dell’interessato nulla è stato più difficile del dover imparare l’inglese in meno di quattro mesi). Un rischio che però ha cambiato la vita del giovane attore nato a La Spezia, che ha assorbito completamente la storia dell’avventuriero veneziano: “Ritrovarmi a 25 anni con un’armatura in mezzo a un campo medievale ed essere pagato per farlo è il sogno di bambino che si avvera”. Un ruolo davvero inedito per un attore formatosi al Centro Sperimentale di Cinematografia. “Marco Polo è un progetto che da tre anni mi tiene impegnato dieci mesi all’anno, è un’esperienza totalizzante, d’altronde con gli americani è sempre così. Sono talmente impegnato ed assorbito da non avere neanche il tempo di doppiarmi in italiano, quella che sentite non è la mia voce”. Ed a proposito della portata dell’esperienza che sta vivendo, Lorenzo aggiunge: “Sicuramente la mia vita professionale è cambiata e ora ho molte più opportunità, senza contare la crescita professionale. Ma io mi sento ancora un attore italiano e non voglio scappare, la mia casa è Roma e non la lascio”.

Sulla diversità tra produzioni americane e italiane anche Pierfrancesco Favino ha la sua da dire: “Non è possibile fare un paragone sullo sforzo produttivo, visto che Netlix ad esempio ha 180 milioni di abbonati nel mondo, mentre il nostro cinema, quando riesce ad avere successo, ha un ritono di soli 6 milioni di euro. Credo però che il punto interessante riguardi il coraggio nelle scelte editoriali”. Richelmy infatti aggiunge: Ci vuole coraggio a credere in una serie come Marco Polo, un coraggio che purtroppo non abbiamo in Italia, ma che potremmo avere: credere in una storia e portarla avanti rischiando tutto, come ha fatto Netflix con Marco Polo, una produzione americana enorme ma senza attori americani, ma anzi con protagonista un attore italiano che non sapeva parlare inglese”. Ed alla fine la perseveranza paga visto che secondo uno studio sugli abbonati della piattaforma, Marco Polo è mediamente tra le serie più gradite in tutto il mondo. Secondo Favino il motivo è da ricercare nel piacere estetico di guardare una serie ben fatta, con costumi, scenografie e paesaggi meravigliosi, così come la tematica e la trama molto dense e per nulla banali, in quanto siamo spesso abituati a vedere storie ambientate in un Medioevo a noi vicino, come quello Europeo ad esempio, mentre Marco Polo viaggia dall’Italia all’altra parte del mondo, in un Medioevo Orientale che la maggior parte di noi non conosce affatto. Senza contare l’attualità dei temi, come ad esempio il confronto tra Oriente e Occidente, altro elemento che avvicina ulteriorlente lo spettatore. Dagli umidi canali veneziani fino alle aride steppe mongole, la serie viaggia per il mondo sempre mantenendo una fortissima fedeltà ai contesti ed alla ricostruzione storica, rendendo Marco Polo un prodotto validissimo che vale appieno lo sforzo produttivo messo in campo, per la precisione ben novanta milioni di dollari (cifra seconda solo al budget della già citata Game of Thrones). Una produzione mastodontica (seimila abiti e quindicimila accessori fra armi, bracciali, cinture e cappelli), dal respito globale, con riprese che vanno da Venezia al Kazakhistan, dall’Ungheria alla Malesia e che vedono impegnate oltre cinquecento persone.

Ora con l’uscita della seconda stagione, Netflix si propone di raddioppiare e di rendere la serie ancora più affascinante e ricca di elementi interessanti. L’epica avventura di Marco Polo e la sua straordinaria relazione con Kublai Khan continuano: ormai il momento è arrivato e bisognerà vedere se il sovrano mongolo riuscirà a diventare “l’Imperatore del mondo”, con l’aiuto o meno del “latino”, ossia il giovane veneziano vissuto alla sua corte per diciassette anni. A proposito di questi nuovi episodi Lorenzo Richelmy afferma che “la prima stagione è servita ad introdurre un mondo nuovo agli spettatori, mentre nella seconda si entra finalmente nel vivo delle storie, permettendo l’approfondimento dei personaggi, del loro carattere e delle loro motivazioni”. Lo stesso Marco Polo infatti è molto cambiato nel corso della storia: era solo un ragazzo quando fu abbandonato dal padre, mentre ora dovrà diventare un adulto. Torna quindi il rapporto padre-figlio anche quest’anno, in una serie che nonostante faccia della coralità la sua cifra stilistica, abbia comunque un fulcro, ovvero loro, Niccolò e Marco. Un rapporto quello tra Marco Polo e suo padre basato su assenza e grandi distanze, che gli interpreti Richelmy e Favino interpretano come il cuore drammatico della serie.

Marco Polo è un prodotto scorrevole e ben fatto, una serie da recuperare assolutamente, anche solo per potersi sentire orgogliosi di essere italiani, di vedere gente italiana che se la cava alla grande in produzioni internazionali, o anche solo per ricordarci che anche noi abbiamo avuto dei grandi eroi degni di una serie tv. La vicenda di Marco Polo è infatti una delle più affascinati all’interno della nostra storia millenaria, ed è lo stesso Richelmy a ricordarlo: “il ritorno in patria di Polo fu molto spiacevole all’epoca. Quando era in punto di morte tutti gli davano del bugiardo, e le figlie gli chiesero espressamente se i suoi racconti fossero veri e lui disse di aver raccontato solo metà delle cose che aveva visto. Ecco, noi ci muoviamo da lì, dall’altra metà di storia non raccontata. Non ci resta quindi che deliziarci del fatto che a raccontare questa “storia italiana mai raccontata”, non sia un ennesimo volto a caso, ma finalmente uno tutto nostro.

Serafina Pallante