la municipàl Le nostre guerre perdute
09 Giugno 2016   •   Redazione

Le nostre guerre perdute: l’intervista a La Municipàl

«Le nostre guerre perdute è l’ultimo disco de La Municipàl, uscito il 23 Maggio e prodotto da La Rivolta Records. Abbiamo intervistato Carmine Tundo, ideatore del progetto di pop d’autore che condivide con la sorella e per il quale ha raccolto le sue canzoni più ironico-romantiche scritte negli ultimi anni»

Le nostre guerre perdute, il disco prodotto dall’etichetta discografica indipendente La Rivolta Record e sostenuto da Puglia Sound Records 2016, è la raccolta introspettiva e privata di storie che si intrecciano tra loro e, come bollettini di guerra, riportano le conflittualità di relazioni e di rapporti e i loro esiti, non sempre positivi. L’uscita del disco de La Municipàl è stata annunciata dal brano George (il mio ex pen friend), un salto in un passato felice in cui ricercare ricordi lenitivi. Il pezzo è un veloce susseguirsi di immagini, luoghi, decenni, che riportano alla mente sensazioni e odori a noi appartenuti: una big babol, le vicende della prima repubblica, l’effetto di una VHS da poter riavvolgere e rivedere all’infinito. Riporta indietro al tempo in cui ad una lettera si affidavano le proprie confessioni, chiedendo, in qualche modo, consiglio all’amico di penna lontano geograficamente e invitandolo a riscrivere, perché i guai vanno condivisi.

Le nostre guerre perdute, proposto in una fine forma cantautorale pop-rock, è anche un racconto del Salento, terra che non sempre si dimostra allegra e assolata come nelle immagini delle vacanze ma per la quale proporre, restare, creare. La Municipàl è composta da due fratelli Carmine e Isabella Tundo e ad accompagnarli sul palco anche Roberto Mangialardo (chitarre), Gianmarco Serra (batteria) e Matteo Bassi (basso).

La Municipàl è l’ennesima evoluzione di Carmine Tundo che (nemmeno trentenne) ha una lunga storia musicale iniziata, appena adolescente, con la band ska punk Cruska con la quale gira l’Italia suonando nel circuito alternativo. Poi l’esordio in casa Sugar per la quale, con lo pseudonimo Romeus, lavora al primo disco omonimo, registrato da David Frazer in California, e masterizzato da George Marino allo Sterling Sound Studios di New York. Si esibisce su palchi prestigiosi: Sanremo giovani 2010, Auditorium parco della musica di Roma, lo Sferisterio di Macerata. È vincitore assoluto della XXII edizione di Musicultura con Caviglie Stanche, brano premiato inoltre con il Premio della Critica. Scrive la colonna sonora per l’opera teatrale La pescatrice di scarpe e dà vita ad un progetto cinematografico con il regista Antonio Passavanti incentrato sulla raccolta di storie in giro per l’Europa e per il quale scrive anche la sceneggiatura e la colonna sonora. Sua è la firma del brano Il tempo non inganna, interpretato da Malika Ayane. Con Giuseppe Calabrese dà vita al duo noise rock NU-SHU dove suona la batteria.

Intervista a La Municipàl

Pochi giorni fa, il 23 maggio, avete presentato Le nostre guerre perdute con un concerto attesissimo presso Le officine Cantelmo di Lecce. Cosa racconta questo disco?
Questo disco racconta una serie di storie che sono collegate tra loro ed ogni storia è quasi come se fosse un bollettino di guerra. Insieme vanno a comporre quello che è il titolo del disco. Le mie guerre perdute è una raccolta di canzoni che ho scritto negli ultimi cinque anni, dove mi sono messo molto in gioco e dove ho raccontato molto di me, forse troppo. In quest’ultimo periodo ho deciso di non autocensurarmi raccontandomi apertamente attraverso la mia musica.

George (il mio ex pen friend) è il brano che ha annunciato l’uscita di Le nostre guerre perdute. È un ritorno al passato dove ci ritroviamo e per il quale, al solo ascolto, avvertiamo una certa malinconia. Alla fine un po’ tutti ci rifugiamo nel passato per non pensare alle guerre perdute del presente, è così?
Beh sì, il passato è il calderone dal quale si attingono i ricordi più belli nei momenti più difficili. Diventa quasi una speranza, anche in senso negativo. Principalmente per le persone più laconiche o più sensibili il passato è una sorta di epoca felice. Ripensando alla fase dell’adolescenza o ai ricordi di bambino vengono in mente momenti felici proprio perché in quella fase sei felice, va tutto bene e tutti ti vogliono bene. È prima di capire e scoprire ciò che poi la vita riserva: gli amici che se ne vanno finito il liceo, i soldi che mancano, la ricerca del lavoro, le storie d’amore che finiscono ed alcuni piani per il futuro che falliscono. Insomma, il passato è quell’isola felice nella quale rifugiarsi per sentirsi al sicuro.

Raccontaci come è nata l’idea di condividere con tua sorella questo progetto, idea tra l’altro riuscitissima.
Quest’idea è nata un po’ per gioco. Isabella vive a Roma dove studia medicina. Ogni volta che lei tornava per le vacanze o per le feste, ci trovavamo davanti al pianoforte di casa dei miei a suonare insieme. Quindi ho deciso di introdurla nel progetto anche perché molti testi, soprattutto quelli più duri, cantati da lei prendono un’altra forma. È una specie di filtro attraverso il quale mi sento di esprimere più liberamene tutto quello che voglio. Molti miei testi cantanti da lei sembrano molto, molto più leggeri rispetto al contenuto che realmente esprimono. Poi è come sviare l’ascoltatore che all’inizio pensa di sentire una canzone allegra  ma che non così nel significato la cui durezza è mascherata dalla dolcezza del timbro di mia sorella e dal suo tono puro.

Sul palco non siete solo voi però..
Sul palco ci accompagna la band che abbiamo scelto e con la quale condividiamo questo progetto. Roberto Mangialardo alle chitarre, Gianmarco Serra alla batteria e Matteo Bassi. Sono la nostra famiglia con la quale abbiamo deciso di portare in giro questo progetto.

Lettera dalla provincia di Lecce, L’accademia delle belle arti ma anche da altri testi (curatissimi) del disco traspare amore, odio e malinconia per la vostra terra. Quale rapporto hai con essa?
Amore e odio. Soprattutto in una fase della mia vita in cui subivo tutte le immagini stereotipate del Salento: “il sole, il mare, il vento” e tutta quella felicità apparente che si è creata intorno. Però, dopo l’estate c’è anche l’inverno, in cui non va sempre tutto bene e durante il quale emergono le fragilità e le debolezze.

Io, dopo aver vissuto fuori per alcuni tempi, ho scelto di ritornare a vivere e lavorare nella mia terra. È amore e odio proprio perché, a volte, non si riesce a fare quello che realmente si vorrebbe e allo stesso tempo è una terra che offre tanto ed ha potenzialità enormi. A volte scappare non ha senso ed è meglio restare e costruire. Scappano in molti, molti dei miei amici più cari studiano fuori, le mie sorelle sono Roma e a Milano, invece c’è anche chi sceglie di rimanere  e propone qualcosa.

Prima di Le nostre guerre perdute e George (il mio ex pen friend) avete abituato i vostri ascoltatori con video autoprodotti. Addirittura per il video Lettera dalla provincia di Lecce hanno partecipato in molti auto-riprendendosi con il CAP del proprio paese in mano. Come mai in questo caso la scelta è ricaduta su Acqua Sintetica?
Fino a prima di “George” le scelte artistiche erano curate da noi. L’autoproduzione era sia una questione di budget che una linea precisa e cioè quella di non apparire quasi mai nei video e quella di presentare video basati su idee, senza  ricorrere al solito playback delle band o simili. Per l’etichetta La rivolta Records abbiamo deciso di fare il primo video clip ufficiale dell’album con Acqua Sintetica in quanto ci siamo innamorati dei loro ultimi lavori (il video degli Inude e quello dei Moustache prawn, ad esempio). Sono dei ragazzi molto in gamba e abbiamo deciso di affidarci a loro dando carta bianca. Per questo brano hanno cercato di creare una linea temporale che segue il senso del testo. Il video mostra il passaggio dall’VHS all’HP al super HP fino ad arrivare agli ultimissimi formati. Era una scommessa e siamo rimasti molto soddisfatti.

Anche il video di Via Coramari è un capolavoro..
Quel video porta la firma di Hermes Mangialardo. Cartoonist, videomaker, Visual performer, si occupa di tutto ciò che ruota intorno all’animazione digitale e sta ottenendo premi nei maggiori festival nazionali e internazionali. Hermes ha saputo realizzare quello che avevo in mente. In generale, sono stato molto soddisfatto dei lavori che ho commissionato, in questi casi è sempre una scommessa e non tutto viene fuori come te l’eri immaginato.

Ti abbiamo conosciuto in diversi progetti e successi. Da Romeus a La Municipàl. Sanremo giovani, la vittoria di Musicultura, il disco con la Sugar della Caselli. Tra tutte le tue anime musicali quale emerge maggiormente da questo disco?
In ogni progetto c’è una diversa sfaccettatura del mio carattere. Questo disco rappresenta la mia parte più romantica e ironica. Nel mio progetto elettronico viene fuori la parte più oscura di me che mi porta a raccontare i miei incubi. Con la band Nu-Shu per la quale suono la batteria ad emergere è la mia parte più sessuale.

Invece, con La Municipàl e con questo disco traspare, davvero, la parte più sensibile e romantica del mio carattere…o quello che ne resta.

Elisa Toma