Franco Battiato: alla costante ricerca di un centro di gravità permanente
«Organizza la tua mente in nuove dimensioni /libera il tuo corpo da ataviche oppressioni. Storia di Franco Battiato, artista a tutto tondo, dagli esordi alle ultime voci sulla presunta malattia.»
“Se vogliamo fare una rivoluzione tutti insieme, dobbiamo renderci disponibili a tutto quello che succede. Avere le antenne per captare cose che non sono nelle nostre cellule. L’ascoltatore deve avere una funzione quasi compositiva”. Con queste brevi frasi Franco Battiato (sito ufficiale) descriveva, in un’intervista dei primi ’70, il suo modo di intendere e fare musica. Sintesi esaustiva del genio del poliedrico artista siciliano, per brevità chiamato cantautore, nato a Ionia, un piccolo paese della provincia catanese, il 23 marzo del 1945.
Una carriera piena, mutevole ma coerente, sperimentale e innovativa quella che si prospettava per l’ambizioso diciannovenne Francesco, che aveva lasciato la terra natia per trasferirsi a Milano nel 1964. Una sola certezza: vivere di musica. Inizialmente dipende da dischi succedanei (presta la voce ai successi sanremesi di altri per 5000 lire a disco) e dalle esibizioni al Cab 64, fucina di numerosi talenti come Iannacci, Cochi e Renato, Gaber. Franco Battiato, che non era un cabarettista, portava in scena un finto repertorio folkloristico siciliano. Le canzoni, spacciate per cinquecentesche, erano scritte da lui.
Dopo gli inizi, decisamente pop, nel 1971 vede la luce il suo primo concept album, Fetus. Si tratta di pura innovazione sonora: gli echi di progressive rock si mescolano ai synth, la musica classica al recitato. Sicuramente di non facile comprensione per le orecchie degli italiani, abituati ai poemetti sanremesi. Franco Battiato porta la musica elettronica in Italia e si battezza anticonformista sin dagli esordi.
Tuttavia, ci vorranno ancora 10 anni per rompere gli indugi ed esplodere nelle classifiche: La Voce del padrone esce nel 1981 ed è il primo LP italiano a battere il record del milione di copie vendute. Il progressive rock lascia spazio a ritmi più pop, cantabili, ballabili. Le sonorità eleganti e raffinate di canzoni come Gli Uccelli, Cuccurucucù (citazione dell’omonimo brano del cantautore messicano Tomás Méndez) e Bandiera Bianca ben si sposano con i testi, mai banali, colti.
È la ricerca del centro di gravità permanente che accompagna la crescita artistica del cantautore. Una tensione naturale verso il misticismo e la dimensione spirituale, che trova consacrazione nello studio della lingua araba e l’avvicinamento al sufismo, dimensione mistica dell’Islam. Proficuo l’incontro della sua voce pacata e sublime col violino di Giusto Pio. L’intro de L’era del cinghiale bianco è pura poesia.
Sulla copertina di Fisiognomica, album del 1988, un Battiato dodicenne ci sorride. Si tratta di una foto scattata prima dell’incidente al naso, avuto durante una partita a calcio. Giocava come libero quando andò a finire contro il palo della porta. La canzone di punta, E ti vengo a cercare, è scelta da Nanni Moretti per la scena principale di Palombella Rossa.
Il cantante ritorna sull’introspezione, anticipando un filone che caratterizzerà il suo sodalizio con il filosofo Manlio Sgalambro, iniziato nella prima metà dei ’90. Di Franco l’intellettuale dirà a Gianni Minà: “È un siciliano tipico: ha l’essenza tipica di questa terra, di questi umori. Quella sorta di dolcezza del siciliano.” Di lì a poco il capolavoro: La Cura. “Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto/ conosco le leggi del mondo e te ne farò dono/ supererò le correnti gravitazionali/ lo spazio e la luce per non farti invecchiare” è la dichiarazione di amore universale più bella della canzone italiana d’autore.
E poi le collaborazioni con tanti artisti, fra cui Giuni Russo, Milva, Carmen Consoli. I viaggi su I treni di Tozeur con Alice. La pittura, le opere liriche, i film da regista. La sua fame d’arte abbraccia tutte le forme espressive mettendo in pratica il suo credo politico. Un uomo che si professa “privo di ideologie”, che si affida più ai valori, alla ricerca del bello. Un artista che ha sempre inserito poche tracce nei dischi perché ritiene che ci sia “qualcosa di tremendamente fastidioso nell’esosità”.
31 album da riascoltare, per compiere un vero e proprio viaggio dentro se stessi. Franco Battiato porta la giusta calma, con la sua ironia saggia, con i suoi recitati in lingua araba, le sue caratteristiche coreografie dei video degli inizi. L’ultimo grande concerto italiano alle Terme di Caracalla di Roma si è tenuto nel giugno 2017, insieme alla Royal Philharmonic Concert Orchestra. Poi la frattura di femore e bacino nel novembre dello stesso anno. Ultimamente voci su un suo presunto alzheimer, smentite dalla famiglia.
Ma a me piace pensarlo nella sua casa di Milo, alle pendici dell’Etna, come un eremita che rinuncia a sé. Alla costante ricerca di un centro di gravità permanente.
Foto copertina: Pagina Facebook Franco Battiato
Lavinia Micheli