Eattiamo: food autentico italiano alla ‘’conquista’’ del mondo
Eattiamo è l’e-commerce made in Italy che promuove la diffusione delle specialità gastronomiche italiane, permettendo il contatto diretto tra produttori eccellenti e acquirenti.
L’Italia è un paese ancorato alle proprie tradizioni culinarie, tenute in vita dal silente ma intenso operato di moltissimi produttori locali, i quali spesso non riescono a valorizzare a sufficienza i loro preziosi prodotti. A questo ci ha pensato Eattiamo, la piattaforma ideata da un team di giovani italiani, originari della Spezia, cresciuti con esperienze diverse, ma ritrovatosi nuovamente assieme per mirare allo stesso obiettivo: diffondere i prodotti artigianali italiani anche all’estero.
SnapItaly ha intervistato per voi i membri del team, che ci hanno raccontato il loro percorso dando voce a questa brillante iniziativa…
Da quali esigenze nasce l’idea dell’e-commerce ‘’Eattiamo’’?
Tutto il nostro team fondatore è nato alla Spezia: eravamo al liceo insieme, poi abbiamo vissuto all’estero, prima di rientrare e dedicarci completamente al progetto. Da un lato ci siamo resi conto di quanto fosse difficile trovare fuori dall’Italia prodotti made in Italy autentici, dall’altro, abbiamo constatato esista un enorme ecosistema di produttori d’eccellenza italiani, che faticano spesso a sopravvivere perché non riescono a vendere fuori dal loro raggio. Unendo queste due esigenze è nata così Eattiamo, l’e-commerce che aiuta i piccoli produttori a vendere online e all’estero. Un esempio significativo è che negli USA il mercato delle specialità alimentari italiane vale 60 miliardi di dollari, di cui l’88% è composto da contraffatti. L’obiettivo è riportare questo patrimonio ai suoi legittimi proprietari.
Com’ è stato avviato il progetto?
Eattiamo è nata un anno e mezzo fa dai soci fondatori Nicholas Figoli, Francesco Pelosi, Simona Morachioli e Filippo Lubrano. Di grande supporto è stata l’agenzia creativa Sun-Times sia per la costruzione del sito che per la realizzazione delle strategie di marketing. Dopo un anno la startup è stata selezionata da HFarm per un periodo di accelerazione, al termine del quale entra come socio assieme alla famiglia Ceretto, famosa per il Barolo. Da inizio marzo abbiamo poi lanciato la nostra presenza negli States, dopo essere stati scelti tra oltre 400 startup per partecipare all’incubatore di Food-X, a New York, dove risiedono a tempo pieno Pietro Guerrera, il nuovo direttore generale, e Filippo Lubrano, direttore operativo.
In cosa si differenzia la piattaforma?
Eattiamo opera con modelli di business diversi, adattandosi al mercato di riferimento: in Italia abbiamo la nostra intera rete di produttori (ad oggi più di 80) oltre che un mercato virtuale (sito). In Europa ci muoviamo con un modello B2B, lavorando in partnership con altre piattaforme e vendendo a loro i nostri prodotti. Negli Stati Uniti infine abbiamo appena lanciato il nostro modello di ‘’subscription box’’ su una piattaforma a parte (sito): si tratta di grandi scatole con prodotti artigianali italiani, mandate in abbonamento mensile ai nostri clienti in tutti gli USA dal nostro magazzino in New Jersey.
Quali sono i benefici riscontrabili dal cliente nel contatto diretto col produttore?
Ci piace vederci come integratori di servizi dei nostri produttori: prendiamo in carico tutta la complessità legata a logistica, marketing online, storytelling e regulation, in modo tale da lasciare i nostri piccoli produttori concentrati sulla produzione. Entrando nel nostro network il cliente può essere sicuro di pagare un prezzo equo per un prodotto dagli standard qualitativi elevatissimi, che non potrebbe trovare in nessun’altra rete. In particolare con i produttori che stiamo portando negli States abbiamo rapporti di esclusiva, mirando così alla fidelizzazione.
Produttori eccellenti, food bloggers, food lovers…Quanto è ampia la vostra rete e come vi rapportate a privati, aziende, partner…?
Il nostro ecosistema conta più di 80 produttori, mentre la startup ha un organico di 7 persone. Siamo stati recensiti da un grandissimo numero di riviste e le nostre box stanno riscuotendo un ottimo successo anche negli States: siamo stati intervistati da testate come Food Navigator e abbiamo in programma altre uscite su riviste del calibro di Edible. Il nostro modello di business è principalmente B2C, specialmente negli USA, ma non ci dimentichiamo del B2B, sia in ottica dei marketplace europei sia per convenzioni speciali con alcune grandi aziende: nel 2015 ad esempio abbiamo curato i regali di Natale di Danone.
Quanto conta il supporto dei ‘’Paladini del gusto’’?
Moltissimo. La nostra product manager Francesca Marchini, gastronoma, lavora di concerto con loro per scovare ogni giorno i migliori piccoli artigiani del food italiano. Inoltre, il supporto del nostro partner Ceretto, che è tra i principali attori dietro l’Università di Pollenzo, ha reso ancora più rilevante la nostra azione con i ”Paladini”, fondamentali per lo sviluppo di una presenza organica su tutta la penisola.
In vostra opinione, quanto sono importanti la valorizzazione dei prodotti artigianali italiani nel mondo, così come il loro rapporto con la singola cultura e area di provenienza?
La valorizzazione del nostro patrimonio gastronomico è qualcosa che trascende l’aspetto culinario, significa affermare la nostra cultura e la nostra identità nel mondo. Non siamo a favore della chiusura totale del nostro patrimonio e crediamo quindi di doverlo diffondere nel mondo: tuttavia non vogliamo delegare quest’attività a nessuno in particolare, né alla politica né all’industria multinazionale, perché la nostra forza sta proprio nella diversità, non nel monopolio. Crediamo inoltre sia essenziale venire incontro alle culture locali, mantenendo al contempo tradizioni e opportunità commerciali. E’ questo l’approccio col quale ci siamo rivolti al mercato americano, originando l’idea della box: potevamo rassegnarci al fatto che negli Stati Uniti il cibo italiano fosse rappresentato dalle fettuccine Alfredo e da Pizza Hut, invece ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo pensato a un modo intelligente per incontrare le esigenze dei consumatori, che spesso non hanno voglia, né tempo – e a volte neanche le competenze necessarie – per poter scegliere i prodotti uno per uno, sensibilizzandoli anche al fatto che esista un modo diverso di produrre, raccontando le storie delle eccellenze italiane e spedendo direttamente il tutto a casa loro, una volta al mese, con un abbonamento.
Che stimoli sta apportando la partecipazione al programma di ‘’Food-X’’ a New York?
È stata un’esperienza eccezionale. I mentor di Food-X sono stati un aiuto concreto, ci hanno connesso con moltissimi influencers e fatto assistere a mentorship molto ispiranti, aiutandoci così a “connettere i puntini”, il vero segreto del successo nelle startup. Al ”Demoday” del 2 di giugno c’erano più di 200 potenziali investitori e abbiamo raccolto molto interesse aprendo ufficialmente la nostra campagna di fundraising. Staremo negli uffici davanti all’ingresso dello stock exchange di Wall Street ancora per un po’, dato che Food-X è entrata ufficialmente in società come nostro partner e abbiamo ancora tantissimo da raccogliere di quanto seminato.
Obiettivi futuri?
A livello di metriche USA abbiamo un numero in testa: 4.000 box da quì a fine anno. In questi mesi abbiamo fatto diversi test per capire quali sono i nostri canali di acquisizione clienti più efficienti e ora possiamo far leva su questa esperienza per razionalizzare i nostri investimenti. A fine mese saremo presenti alla manifestazione del settore più importante del paese, la ”Fancy Food”, e stiamo attivando partnership importanti sulla scena gastronomica di New York e Brooklyn. L’obiettivo è quello di portare in America, entro fine anno, almeno 40 produttori con contratti d’esclusiva. Non dimentichiamo però l’Europa: dopo il successo della manifestazione in Albania in partnership con ”Gourmeando”, dove il famoso chef albanese Sokol Prenga ha utilizzato i nostri prodotti per creare alcune delle sue ricette, vogliamo allargare la nostra presenza su altri mercati. In questo senso l’attività strategica è sicuramente quella del fundraising. Chiunque sia interessato può scriverci a [email protected]
Melissa Migliaccio