belmonte calabro
03 Settembre 2018   •   Carolina Attanasio

Belmonte Calabro, passione e rinascita di un borgo

«I borghi italiani continuano a fare strage: Belmonte Calabro si unisce alla lista di posti dimenticati da Dio che, incuranti del destino, rispolverano le loro beltà e diventano calamite per turisti. Qui succede grazie a sette ragazzi»

Belmonte Calabro è un altro piccolo miracolo italiano. La storia si ripete: prendi un borgo bello ma sfigato, come tanti in Italia, trovagli un punto di forza e una strategia di promozione et voilà, il gioco è fatto, ecco che ti diventa strafamoso. La realtà non è proprio così facile, e Belmonte Calabro ce lo può dimostrare. Nei piccoli borghi chi ha un’idea deve sfidarne di cotte e di crude, superare la diffidenza, l’amore sconsiderato perché le cose restino sempre uguali, la burocrazia, la lentezza. Che ci vuole, a parte tanta pazienza? L’idea, la volontà, la passione, gli amici. Così sette ragazzi e la loro amicizia sono riusciti, senza neanche un soldo pubblico, a rendere uno dei tanti borghi italiani una meta ambita da italiani e stranieri.

Premessa: Belmonte Calabro, 262 metri sul livello del mare e sul panorama delle Eolie, è il tipico borgo che si snoda tra vicoli e case in pietra, antiche palazzine e gatti che gironzolano nel silenzio di certi cortili. Niente succede finché Giuseppe Suriano e i suoi amici non pensano che qualcosa debba cambiare. Secondo l’opinione di questi ragazzi, l’Italia ha sacrificato troppo della sua bellezza in nome di un cambiamento che ci ha spinti a rinnegare le nostre radici, dimenticare chi siamo davvero. Allora, è dalle radici che bisogna ricominciare, portando quello che si è imparato nel frattempo. Cosa possono essere i piccoli paesi se non dei grandi alberghi diffusi, emblema dell’ospitalità a chilometro zero, ecosostenibile, eccetera eccetera.

Step numero uno: convinci gli altri della validità della tua idea

Ai giovanotti in questione l’arduo compito di convincere i compaesani della validità del progetto (eccolo qui). Il modello di sviluppo territoriale non prevede nessuna nuova costruzione, ma la ristrutturazione di quelle esistenti: 14 vecchie abitazioni, alla fine, si trasformano in dimore dell’ospitalità, non semplici pied-à-terre ma un modo per insegnare a vivere come la gente del posto. Attraverso l’Associazione ‘A praca’ (in dialetto è la roccia su cui poggia il paese), i nostri eroi rifondano virtualmente le basi di Belmonte Calabro, riportandolo nel presente. Zero compromessi, zero promesse, zero debiti se non quelli contratti con un mutuo trentennale, che i ragazzi decidono di aprire per conto proprio, tutto pur di velocizzare la macchina elefantiaca della burocrazia. Quando sei preso dalla passione per quello che fai, non stai lì a farti fermare dalle scartoffie, lavoro che in Italia costa una fatica non indifferente. Non amicizie fatte di favori, ma rapporti sani e trasparenti con le istituzioni, questa la strada scelta da Giuseppe e compagni per far comprendere l’importanza del progetto e l’amore spassionato per Belmonte Calabro.

Step numero due: abbina delle esperienze alla permanenza

Che ci fai con delle belle casette pronte ad accogliere fior di turisti, se poi non sai cosa offrire? Problema risolto anche qui. Belmonte Calabrio si trasforma nella base da cui partire alla scoperta del territorio circostante, un vaso di Pandora fatto di arte, cultura, affascinanti credenze popolari, storia, religione, un mix di elementi che può attirare turisti da ogni dove. Il bello dei borghi, del resto, è questo: l’arte e la cultura non la ritrovi tanto nelle architetture, quanto nei gesti e nelle tradizioni di chi ci vive. La loro abitudine diventa la tua, improvvisamente non ti sembra più un episodio da liquidare rapidamente come provincialismo, ma una storia che merita di essere raccontata e preservata. Così non importa più tanto quanto sia antica la chiesa del paese, ma quali tradizioni conserva; in che anno è stata costruita la palazzina di questo o quel baronetto, ma le storie di quale famiglia racconta; chi sono i tuoi vicini ma cosa cucina la loro nonna.

Tempo fa ho visto un video di un operatore del turismo che, per promuovere il concetto di viaggio, ha fatto un test del DNA a persone da varie parti del mondo, orgogliose della loro nazionalità e pure un pelo razziste verso gli atri, che dopo il test hanno scoperto di avere le provenienze più disparate. Per dire che quello che siamo è il posto dove cresciamo, ma anche il nostro sangue. Se siamo davvero cittadini del mondo, quello a cui dovremmo ambire è viaggiare per capire, partendo dal presupposto che veniamo tutti un po’ dal posto che visitiamo.

Belmonte Calabro è l’esempio di come il turismo sia sempre meno un semplice fenomeno di massa e sempre più un viaggio di ricerca autentica, un argomento che interessa molti ormai: forse la fonte d’oro dei piccoli borghi italiani è proprio questa, la curiosità verso la vita vera. E la passione di chi la tiene viva.

Carolina Attanasio