archigiani
21 Febbraio 2019   •   Carolina Attanasio

Archigiani: chi c’è dietro la nuova generazione di artigiani del Made in Italy

«Sono giovani, laureati (o specializzati) e hanno mollato carriere difficili e promesse improbabili per darsi a quello che amano davvero, l’artigianato. Ecco chi sono gli archigiani, gli artigiani del futuro»

Chiunque abbia coniato il termine archigiani, fondendo architetti e artigiani, certamente sapeva che questa definizione contiene molte più categorie professionali che hanno deciso di darsi alla manifattura. Gli archigiani sono una nuova, meravigliosa creatura, nata – come spesso accade – nelle condizioni peggiori. Tutto è iniziato in un lasso temporale che ormai non riusciamo più a identificare con precisione, quando un numero sempre crescente di giovani laureati ha trasformato la frustrazione di dover lavorare per due lire, o gratis, o senza prospettive, in una spinta motivazionale per cambiare radicalmente la propria vita.

Tutto lo stress accumulato in uffici, laboratori, agenzie, studi, promesse non mantenute, sogni di stabilità infranti, ha spinto gli archigiani a diventare quello che sono oggi. Gente che ha azzerato tutto, compresa la spocchia tipica del laureato, per andare umilmente a imparare il mestiere, quello duro. Mani in pasta, in falegnameria, a lavorare metalli, ceramiche, a scoprire tessuti, gioielli, odori, sapori, a far le levatacce la mattina e le ore piccole la sera, tutti i santi giorni. Gli archigiani sono questa specie qui, per niente in via d’estinzione poi. Giovani provenienti da qualsiasi ambito accademico, che hanno scelto quei mestieri che la vita ha sempre imposto ad altri.

Li hanno scelti perché far lavorare le mani aiuta il cervello, perché alla fine della giornata senti di aver fatto davvero qualcosa, perché una svolta radicale aiuta più dello psicoterapeuta. Libero finalmente dalle costrizioni, l’archigiano è un artigiano con le conoscenze di un laureato, naturalmente avvezzo al digitale: un bingo meraviglioso, forse una delle ragioni principali per cui l’artigianato Made in Italy è tornato a farla da padrone negli ultimi anni, innovandosi con le conoscenze e le esperienze di chi fino a quel momento era intento a fare ben altro.

Gli archigiani sono donne (spesso)

Sono tante, sono brave, sono coraggiose: gli archigiani donna sono una fetta importante di questa categoria. La donna è mobile, si sa, ergo le fanciulle sono abituate a dare svolte inaspettate alla vita, se non altro per darla in barba a tutti quelli che, sistematicamente, dicono loro che è impossibile. Così entrano a gamba tesa in mestieri che fino a ieri parlavano maschile, come fare scarpe su misura. Olivia Monteforte studiava filosofia correndo nei saliscendi di Urbino, consumando scarpe che un giorno ha pensato di volersi fare da sé: è finita in bottega, a rubare con occhi e mani il lavoro dei maestri, oggi fa scarpe su misura uniche. Le Mastro, laureate anche loro, hanno trascorso i pomeriggi dopo l’università a lavorare tomaie, oggi collaborano con stilisti e costumisti, dando grazia a un lavoro da secoli riservato agli uomini. C’è chi fa il pane, punto. Aurora (Le Polveri, Milano) non ha mai mangiato pane comprato, perché sua madre l’ha sempre fatto in casa: l’assegno di ricerca all’università non era la sua strada, ha mollato tutto, studiato ancora una volta, oggi ha un panificio dove sconvolge quotidianamente la regola del pane, mettendoci del suo.

Agli archigiani piace vivere fuori città

Gli archigiani hanno dato il via a un’altra bella tendenza, quella di tornarsene al paese da dove sono venuti. Sempre più spesso abbandonano la città per riscoprire il borgo dove sono nati, oppure scappano in posti dove la vita è forse un po’ più monotona, ma certamente più vicina allo standard di qualità e chilometro zero che loro stessi perseguono col proprio lavoro.

Dario Colombo fa biciclette a Verderio, in provincia di Lecco: ingegnere, nel 2011 fa un viaggio in solitaria in bicicletta, Roma andata e ritorno. La prospettiva di vita cambia, torna al nord e comincia a smanettare, autodidatta, per costruire biciclette. Ed eccolo qui, felice del suo lavoro, inclusi i sacrifici che comporta. Marco è liutaio a Dovera, nella campagna cremasca. Lui quello che voleva fare l’ha sempre saputo, è andato dritto alla Scuola di Liuteria di Milano e da lì il resto è storia. Ha ristrutturato un mulino ormai chiuso e l’ha reso il regno della chitarra Manouche, appassionato com’è di Gipsy jazz.

Di storie se ne potrebbero raccontare, il numero di giovani laureati o specializzati che stravolgono la loro vita in favore dello zen artigianale è in continua crescita. La loro competenza, unita alla giovane età e la naturale propensione al digitale, rende gli archigiani raggiungibili, accessibili, portatori sani di valori che il tempo stava rischiando di smarrire. Questa tendenza favorisce anche un certo tipo di turismo, sempre più diffuso, fatto di gente che va in viaggio per vivere giornate autentiche, con persone del posto, a mettere le mani in pasta nei laboratori, cosa che gli archigiani spesso concedono volentieri. Così rinascono i borghi, le piccole realtà, il Made in Italy all’ennesima potenza. Noi ne gioiamo con un certo gusto, e voi?

Carolina Attanasio