08 Giugno 2016   •   Snap Italy

Furio: funk-pop in salsa veneta per lanciare un messaggio

Classe 1962, il  veneziano Furio (nome d’arte di Marco Forieri) è uno dei nomi più importanti della scena reggae e ska italiana, grazie soprattutto alla militanza in formazioni come i Pitura Freska e gli Ska – J, ma nel suo nuovo progetto sperimenta sonorità funk e pop.

Questo mese è uscito per Azzurra Music il suo debutto solista, intitolato “Furiology”, in cui l’artista gioca con generi musicali diversi e si racconta attraverso pezzi personali sempre ironici e pieni di energia. Ne abbiamo parlato direttamente con lui nell’intervista che trovate qui sotto.

1. Sei indubbiamente un veterano della scena musicale nostrana ed esci dopo 30 anni con un disco solista. Come mai solo ora questa necessità?

Era il mio pubblico che me lo chiedeva da anni. Sin dai tempi dei Pitura ma anche in tempi più recenti con gli Ska-J le mie liriche e le mie melodie portavano un ventata di aria fresca per il pubblico. Oggigiorno poi ,con il fatto che non esistono più band che lavorano in comune accordo, è meglio il detto “chi fa da se fa per tre”.

2. Giochi con funk, pop e reggae ma anche con la tua cultura di origine, che è quella veneziana. Da dove nasce questa esigenza?

Non era un’esigenza ma piuttosto il fatto di non avere nessun vincolo. Intendo che non dovevo fare per forza un disco reggae o ska-jazz. I pezzi sono nati così spontaneamente e ne è venuto in lavoro poliedrico, dal pop al funk ma con un pochino di reggae. Parlo di Venezia perché ci vivo e ci sono nato ma soprattutto di argomenti che io vedo e vivo in prima persona.

 3. Nel tuo album solista c’è anche un pezzo intitolato “Gay Pride” che prende spunto da quanto successo a Venezia dopo l’insediamento del sindaco Brugnaro. Credi che il cantautorato italiano abbia oramai perso l’impegno politico che lo distingueva un tempo?

Penso che la crisi si ripercuota anche nella maniera di fare musica. Ci sono ancora cantautori che lavorano bene parlando di argomenti importanti (vedi la scuola romana) ma forse alle volte riescono un po’ lugubri, senza speranza. Io continuo sulla falsariga dei primi Pitura Freska, affrontando certi argomenti con ironia, come ad esempio il brano da te citato: “fatti una risata, vieni anche tu al gay pride!”

4. Hai dichiarato che ogni tuo pezzo è autobiografico: hai mai pensato a scrivere diversamente, distaccandoti dalla tua dimensione personale?

L’ho già fatto ma si tratta di cottimo. Mi spiego meglio. Alle volte degli altri artisti mi domandano di partecipare ai loro album, io lo faccio volentieri (quasi sempre) e scrivo la mia visione dell’argomento suggeritomi ma non sempre mi ci trovo bene. Parlare sempre di Marjiuana per un gruppo reggae mi sembra noioso e ripetitivo, parlare sempre di Venezia, turisti, immondizia e esodo della popolazione mi sembra trito e ritrito soprattutto quando chi me lo chiede non è di Venezia e neppure ci vive: scrivi della tua città non di ciò che non conosci!

 5. “Cosa fa l’amore” è un pezzo  reggae con un messaggio d’amore e speranza. Credi che la forza dell’amore potrebbe davvero cambiare questo mondo?

Si ci credo ma purtroppo, chi lo crede come me è un “povero” utopista. In una cultura come questa dove il più furbo, il più disonesto, il più violento vince, io che parlo di amore come soluzione risulto anacronistico e sostanzialmente inascoltato.

6. In “No xe cusì inposibile” parli dell’esigenza di lasciare un mondo migliore alle generazioni future. Pensi che la musica abbia ancora il potere di smuovere le coscienze?

Purtroppo non è in grado di muovere le coscienze. Cioè molti capiscono il testo delle canzoni e le trovano interessanti ma dopo devi fare i conti con la vita di tutti i giorni e lì arriva il difficile. Non voglio entrare nel paragone di questi anni con gli anni settanta ma in quel periodo c’era tutto un altro sistema. C’era una classe dirigente che era figlia dei perdenti della guerra e dei giovani che volevano cambiare le cose ed abbiamo visto tutti la fine che hanno e abbiamo fatto: la droga e  la politica armata hanno sconfitto quella generazione.

7. Come ti sei trovato a lavorare con Gianluca Ballarin, che tra gli altri ha collaborato con “big” del calibro di Mengoni ed Elisa?

Molto bene. Gianluca lo conosco da più di venti anni cioè da quando andava ancora a scuola. Diciamo che è una mia scoperta, l’ho preso dai baretti dove si sedeva al piano e si metteva a suonare qualsiasi cosa accompagnando chiunque volesse cantare o suonare con lui. L’ho portato nei Pitura Freska durante gli ultimi anni del gruppo, abbiamo messo assieme dei gruppi reggae (SoVibes e Davide Matto) poi lui è andato a suonare con Elisa e per sua fortuna e per le sue grandissime capacita è decollato. Ne sono molto contento e ne vado fiero. Vista la differenza di età potrebbe essere mio fratello più piccolo e lui me lo dice sempre: Furio, tu mi hai insegnato questo mestiere e te ne sarò sempre grato. Viva Ballarin!

8. Saluta i nostri lettori con qualche anticipazione sui tuoi progetti per l’immediato futuro!

Ho terminato il primo video clip finanziato con Musicraiser (dove ho ottenuto il 197%! del target) e sto facendo le prime date estive. Per la fine dell’estate vorrei mettere in cantiere altri due video e scrivere almeno tre pezzi nuovi. Vorrei poi stampare il vinile entro giugno e sentire qualche amico Dj per i remix dei pezzi più ballabili. Insomma, ne ho da far….

Si ringrazia Davide di Parole & Dintorni per la disponibilità.

Antonio Margiotta