Letizia Battaglia
09 Maggio 2017   •   Snap Italy

Letizia Battaglia, la donna del fotoreportage italiano

«Chi fotografa ha un mezzo meraviglioso in mano per esistere, per essere, per incontrare il mondo, per amarlo, per denigrarlo – Letizia Battaglia»

Sigaretta in mano, caschetto rosso fuoco e macchina fotografica al collo. È questa l’immagine tipo di Letizia Battaglia. Parliamo della fotografa palermitana che ha fatto della strada il tema principale dei suoi scatti. Una giornalista che ha dato voce alle sue fotografie per raccontare fatti di cronaca. La sua macchina fotografica è stata sempre puntata, uno scatto dopo l’altro, su gli aspetti più tragici e nello stesso tempo più espressivi della vita mondana.

Ha seguito le stragi della mafia, gli scontri in piazza a Milano, i detenuti e i malati di mente dell’ospedale psichiatrico della sua Palermo. Ha dato voce alla sua città natale, di cui è profondamente innamorata, seguendo varie sfaccettature: dalla bambina che gioca con la palla, ai mercati popolari, ai rioni più disastrati, invasi dalla puzza della povertà.

Letizia Battaglia, lo scorso 26 aprile ha incontrato tutti coloro che vorrebbero avere anche un pizzico della sua capacità di cogliere l’essenziale. Lo ha fatto a Roma, presso la Scuola romana di fotografia e cinema.

Ha aperto il suo ingresso un filmato molto toccante, una sua intervista nella quale si racconta a 360°, senza tralasciare nulla. Si commuove spesso ricordando il passato, ricordando la storia che lei stessa ha immortalato. Parla della sua Palermo, raccontando i protagonisti dei suoi scatti, personaggi importanti come Felicia Impastato, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, la vedova Schifani. E ancora Leoluca Bagarella, Salvo Lima, Vito Ciancimino. Nomi importanti della nostra storia. Mafia, politica, mattanze sono però solo una parte dei suoi ricordi, affiancata da feste popolari, matrimoni, funerali e bambini. Questa è la Palermo di Letizia Battaglia vista da ogni angolazione.

“Amavo Palermo, amo la mia terra, sentivo di dover vivere come persona in tutti i modi opponendomi all’orrore; per cui avevo una macchina fotografica in mano, avevo me stessa e ho messo tutta me stessa in queste foto”

Letizia Battaglia

Poi il grande ingresso di Letizia Battaglia, accompagnato da un applauso che sembrava non finire mai. Si è seduta, sigaretta in mano e ha iniziato a raccontarsi al suo pubblico. Ha parlato della sua fotografia. Ha riconosciuto la pesantezza dei fatti da lei catturati, ma nello stesso tempo ha dichiarato di volerlo fare per onorare la storia di Palermo, nonché la storia dell’Italia in generale. La sua forza sta nell’aver immortalato anche personaggi molto forti, come i mafiosi, ma senza mai storpiarli. Racconta a tal proposito un episodio, quello del criminale Leoluca Bagarella, che le ha sferrato un calcio mentre veniva fotografato. Ecco “questa fotografia è potente, racconta la potenza di questo mafioso ma non è mai stato degradato”.

“I fatti erano duri, ma io non mi avvicinavo con durezza, cercavo di onorarli; ho cercato di fotografare questi fatti, offrendo loro anche qualcosa di me”

Si è spostata poi sul tema della donna. Nelle foto di Letizia Battaglia questo personaggio è molto presente. Ha raccontato di aver iniziato con il fotografare bambine per poi capire di “aver sempre cercato se stessa nella fotografia”. Racconta che dopo la chiusura del giornale storico per cui da sempre aveva lavorato, l’Ora, si trovò rifiutata, esclusa da tutti coloro che consideravano le sue fotografie immorali, in realtà troppo vere per essere accettate. Da questo momento in poi Letizia Battaglia decise di cambiare rotta, era stufa di essere legata al passato.

“Sognavo la notte di bruciare i vecchi negativi, ma poi ho cominciato a pensare di nascondere queste vecchie foto con delle nuove foto, foto di donne nude, di bambine, sicuramente più belle da vedere rispetto al morto ammazzato dalla mafia”

Tra battute e schiettezze varie, Letizia Battaglia ha poi parlato dell’importanza dell’avere un proprio stile. Questo vale in fotografia, così come vale in altri tipi di arte. Perché è lo stile unico e personale a dare valore a ciascuno di noi, a identificarci, a renderci diversi dagli altri.

“Arrivata a questo punto a me delle mie foto non me ne frega quasi nulla, la passione che mi riempie da un po’ di anni, è la costituzione di un centro di fotografia a Palermo”

È così che Letizia Battaglia introduce il suo recente progetto, il Centro di fotografia di Palermo che lei stessa definisce “diverso da tutti gli altri”. Si tratta di un padiglione dei primi del ‘900, grande, un sogno per la Battaglia, portato avanti da quasi cinque anni. Lo scopo di questo luogo “è tirare fuori dai pub, dalla strada, dalla droga, dall’alcool i nostri giovani per entusiasmarli a qualcosa”. Letizia Battaglia dimostra di avere molto a cuore questo progetto, che vuole essere una spinta forte per talenti che non hanno possibilità, e che aprirà i battenti il prossimo settembre.

“La fotografia può essere un mezzo per lottare contro il silenzio che ci circonda”

Letizia Battaglia

Alla domanda rivoltale da una ragazza su quanto la psicanalisi abbia influenzato il suo lavoro, Letizia Battaglia apre uno squarcio sulla sua vita molto toccante. Racconta di essere stata molto male intorno ai 30 anni, di essere arrivata ad uno psicoanalista freudiano. Combinava molti pasticci, ancora non fotografava, ma aveva bisogno di qualcosa in più. Racconta che il dottore le fece notare di avere un superIo molto forte e così decise di lasciare Palermo, di lasciare un marito molto ricco e di spostarsi a Milano, alla ricerca di se stessa, in totale povertà. “E a Milano ho iniziato a fotografare”.

Verso la fine di questo emozionante incontro al quale abbiamo partecipato, Letizia Battaglia, spinta dalla curiosità di un’altra ragazza a riguardo, parla della sua meravigliosa esperienza presso l’Ospedale psichiatrico di via Pindemonte a Palermo. Racconta di aver fatto una scuola di teatro, di aver preso un attestato e di aver avuto subito la voglia di provare ciò che aveva imparato all’interno di un manicomio. Non è stato facile ottenere il permesso per entrare, e soprattutto per fare foto. C’era la paura di una denuncia di situazioni scomode da parte di una giovane giornalista fotografa.

“Con loro ho vissuto due anni fantastici, esaltanti; la loro follia era un nutrimento per me, uno dei periodi più belli della mia vita.”

Racconta ancora di essere stata nel reparto di schizofrenia ed epilessia femminile, di aver portato a casa una di queste ragazze per aiutarla, rinchiusa dall’età di 4 anni. C’era puzza, mancava tutto, e il “fotografarli era cercare di restituire loro dignità”.
Letizia Battaglia riconosce la difficoltà nel fotografare la follia, ma parla anche della forte motivazione nel realizzare loro dei ritratti, in quanto soggetti veri, puri e trasparenti. Conclude con una frase meravigliosa:

“Quest’esperienza è stata bellissima, più bella di un grande amore”

Chiara Rocca