Carnevale italiano
22 Febbraio 2017   •   Snap Italy

Carnevale italiano: alla scoperta della festa più curiosa

«Siamo andati a curiosare nella tradizione del Carnevale italiano per scoprire alcuni modi differenti di festeggiarlo»

Anche quest’anno ci siamo quasi. Il Carnevale è alle porte e, come al solito, il fermento per i preparativi è ai massimi livelli. Si tratta di una delle tradizioni più salde del nostro Paese, oltre che di un momento di festa e serenità, in cui tutti indossano una maschera, per sentirsi, almeno per un giorno, diversi dal quotidiano. I modi di festeggiare il Carnevale italiano sono davvero molti, e ogni anno, l’evoluzione permette di realizzare feste sempre più mozzafiato. Ci sono i carri, ad esempio, con le loro annuali sfilate a tema, e poi c’è il cibo tipico con frappe e castagnole. Ma, andando a frugare nella tradizione italiana, si scopre che in alcuni paesi, festeggiare il Carnevale è una sorta di rito, celebrato con feste speciali, in cui è la storia ad avere la meglio.

Vediamo insieme alcune delle feste più particolari del nostro Carnevale italiano.

Sauris

Si tratta di una delle feste antiche più caratteristiche del Carnevale italiano. Siamo in provincia di Udine. Ogni anno, il sabato prima del mercoledì delle ceneri, si compie l’antico rituale della “notte delle lanterne”. Cosa succede? Le maschere si ritrovano nella piazza di Sauris di Sopra, accompagnate dalle due figure tipiche il Rölar e il Kheirar. Rölar deve il suo nome alle röln, grandi sonagli che porta legati attorno alla vita e che agita in continuazione. Diavolo con la faccia annerita dalla fuliggine, ha il compito di avvertire la gente, perché si prepari alla sfilata. Il Kheirar, invece, è il re, porta sul volto una maschera di legno, in mano una grande scopa e guida il gruppo delle maschere. Un tempo questo bussava col manico della scopa alle porte delle abitazioni per farsi aprire. Una volta entrato, spazzava il pavimento, per scacciare l’inverno e propiziarsi l’arrivo della buona stagione, introduceva i suonatori e le coppie di maschere belle e brutte, che ballavano al suono delle fisarmoniche.

Oggi il rito si svolge negli angoli più suggestivi del paese e nei locali pubblici. Terminato il giro, il gruppo delle maschere, seguito dagli spettatori, si inoltra nel bosco e segue un  percorso notturno, illuminato dalle lanterne che i partecipanti possono noleggiare prima della partenza. Il percorso si snoda tra boschi e prati coperti di neve.

Foto di Archivio Fotografico Comunale di Sauris Zahre (https://www.facebook.com/IATSauris/)

Coumba Freida

Siamo in Valle d’Aosta, precisamente a saint-Oyen, dove ci imbattiamo nella festa più antica, storica del Carnevale italiano. “Coumba Freida”, significa letteralmente Valle Fredda, e deve il suo nome al fatto che questa parte della Valle d’Aosta ha un clima particolarmente rigido.

La tradizione lega la nascita di questo carnevale italiano al passaggio di Napoleone attraverso il Colle del Gran San Bernardo durante la campagna d’Italia nel 1800. È da qui, infatti, che prende spunto la tradizionale sfilata della “benda”, un corteo di maschere con le caratteristiche “landzette”, personaggi vestiti con i costumi ispirati alle divise dell’esercito francese. Si tratta di preziosi abiti realizzati a mano e rifiniti con perline, paillettes e luccicanti specchietti. Il volto delle landzette è invece coperto da una maschera, un tempo di legno; i personaggi portano in mano una coda di cavallo ed in vita hanno una cintura munita di un campanello, tutti elementi simbolici che, secondo la tradizione, servono ad allontanare gli spiriti maligni. Sfilano inoltre le maschere dell’orso, che rappresenta l’avvicinarsi della primavera; le code dei muli, simbolo dei venti e utili per allontanare le correnti d’aria nefaste; il colore rosso, che simboleggia la forza e il vigore e che ha il potere di esorcizzare i malefici e le disgrazie.

Secondo un’altra versione, più fantasiosa, il carnevale della Coumba Freida sarebbe nato per festeggiare le nozze di due sempliciotti già avanti con gli anni: gli abitanti del villaggio volevano festeggiarli e divertirsi, come è abitudine durante tutti i matrimoni, ma provavano un certo imbarazzo all’idea di presentarsi in chiesa con gli abiti della domenica. Da qui l’idea di vestire panni decisamente inconsueti.

Le maschere sono ospiti del paese, fanno visita alle famiglie e si fermano festosamente nelle loro case per bere, mangiare, cantare e scherzare. In cambio dell’ospitalità, offrono riti propiziatori, canti e balli, ma anche un’occasione per ricordare senza tristezza e con grande affetto le persone che sono mancate nel corso dell’anno.

Foto: https://www.facebook.com/Meison-di-Carnaval-de-la-Coumba-Freida-1735845279961824/

Mamoiada

Sardegna, ecco una delle più tribali feste del Carnevale italiano, quella della danza dei Mamuthones. Siamo a Mamoiada, a pochi chilometri da Nuoro, e incontriamo uomini con bellissime maschere di legno scuro, incollate al viso con cinghie in cuoio e un fazzoletto legato sotto il mento. Questi sfilano lentamente in fila indiana lungo le strade della cittadina.

I Mamuthones indossano pelli di pecora nera con 40 pesanti campanacci di varie dimensioni, tenuti insieme come collane che provocano un frastuono cadenzato. Simili a grossi animali in schiavitù o a persone catturate e rassegnate, rappresentano la sconfitta e la prigionia. Accanto a loro sfilano gli antagonisti Issohadores, figure carnevalesche colorate e briose, che danno movimento alla processione: sono vestite con giubbe rosse di foggia femminile, pantaloni bianchi, bottoni in oro, berretto nero, campanelli e maschere bianche. Con una fune di giunco in mano, catturano le giovani donne in segno di buon auspicio e gli spettatori, che per liberarsi devono offrire loro un buon bicchiere del locale vino Cannonau.

È un rito carnevalesco suggestivo e insolito, carico di simboli e drammaticità, che racchiude i misteri della civiltà agropastorale sarda, dove drammatici riti pagani si uniscono all’allegorico rapporto tra animali e uomini, tra sconfitti e vittoriosi, cioè tra Mamuthones e Issohadores.

Foto di Sara Muggittu – Barbaricina (https://www.facebook.com/carnevaledimamoiada/)

Castel Goffredo

In provincia di Mantova invece, ecco il cosiddetto “Carnevale gnoccolaro”, così chiamato in nome dello storico “Re gnocco”.  Secondo il rituale, la festa inizia nel momento in cui il monarca viene incoronato con una festa solenne che si conclude con un’abbuffata di gnocchi in piazza Mazzini da parte di tutti i sudditi della corte mascherata. La celebrazione carnevalesca risale al 1872 e si concentra sulla proclamazione del re che con parrucca, corona e mantello di ermellino si rivolge alla popolazione, brandendo un’enorme forchetta sopra la quale campeggia un grande gnocco. Il re, che ricorda la maschera veronese di “Papà del Gnoco”, col quale è gemellato, viene scelto dal popolo e la sua elezione rimane segreta fino al venerdì della festa in piazza, quando, al termine del discorso reale, ci si scatena in balli e canti goliardici.

Foto: https://www.facebook.com/regnocco/

E per i più tradizionalisti, quelli per cui il Carnevale è rappresentato essenzialmente dai carri allegorici, vi suggeriamo quest’anno il Carnevale italiano di Foiano della Chiana. Pare infatti che sia questo il Carnevale più antico d’Italia, giunto alla 478^ edizione e vissuto con grande passione e trasporto dai cantieristi, capaci di realizzazioni in cartapesta per una “sfida artistica” in piazza unica nel suo genere, tra corsi mascherati, un ampio cartellone di eventi collaterali, ironia tutta toscana e divertimento sfrenato per tutta la famiglia, grandi e piccini, in scena ogni domenica fino al 5 marzo. Anche quest’anno tra animazione, visite guidate, trenini, giocolieri, giochi tematici, a dominare questo storico carnevale saranno le spettacolari coreografie e la tradizione storiografica, portate in scena da quattro mastodontici carri allegorici realizzati da veri maestri della cartapesta e da tecnici della meccanica.

Chiara Rocca