prosecco doc
24 Ottobre 2017   •   Carolina Attanasio

Il Prosecco Doc dei record conquista gli Stati Uniti

«Non più solo un vino, ma un vero indicatore culturale d’italianità: il Prosecco Doc continua la sua corsa record nell’Olimpo delle eccellenze italiane all’estero e sbarca in pompa magna al Pentagono»

Che ci fa un articolo sul Prosecco Doc nella sezione ‘travel & culture’ di Snap Italy? Vorrei dirvi che ho alzato troppo il gomito e mi sono confusa scrivendo, ma la verità è che questo vino italiano non è più solo un vino (o uno spumante, ho appena imparato che può essere l’uno e l’altro, a seconda della produzione), è diventato un indicatore di italianità, praticamente vi mette di buonumore e, allo stesso tempo, rappresenta un fatto culturale. Non che prima non lo fosse, intendiamoci, ma negli ultimi tempi il Prosecco ha segnato una serie di gol a livello mondiale da far invidia ai cugini francesi dello champagne, e per favore alzate anche voi la mano se credete che molte bollicine made in France possano giusto allacciare le scarpe alla produzione nostrana.

Così, tra una tripletta e l’altra, succede che il Prosecco faccia rete nientemeno che al Pentagono, Arlington, Virginia, USA. Il colpaccio si compie durante le celebrazioni del centesimo anniversario dell’entrata degli Stati Uniti nella Grande Guerra: non che ci sia molto da festeggiare, per un’occasione del genere, ma il vero motivo è l’inaugurazione della mostra War&Art, Destruction and protection of italian cultural heritage during World War I, un lungo percorso fotografico imperniato sull’attività di tutela del nostro patrimonio culturale da parte delle Forze Armate italiane e americane, durante il primo conflitto mondiale. Le fotografie provengono da diversi musei e archivi italiani e americani, resteranno in esposizione al Pentagono per un anno. La mostra, realizzata col supporto del Consorzio Prosecco Doc (sito istituzionale), è stata occasione per un ricevimento esclusivo ospitato nella sede dell’Ambasciata Italiana a Washington. Armando Varicchio, Ambasciatore italiano negli USA, ha ricevuto la scorsa settimana la delegazione del Consorzio Prosecco Doc, formata da Stefano Zanette e Luca Giavi, rispettivamente Presidente e Direttore Generale.

«Rappresenta un grande onore per noi essere qui oggi, in quest’occasione di grande importanza storica, artistica, e culturale – dichiara Stefano Zanettenella capitale di un paese che esprime la propria affezione per l’Italia con i fatti. Come nel turismo, dove il trend dagli Stati Uniti verso il nostro Paese è in continua crescita, e anche per quanto concerne i consumi: esso rappresenta il nostro secondo mercato, dietro solo al Regno Unito, ma l’americano dimostra di saper apprezzare la qualità con la disponibilità a riconoscere al nostro Prosecco il giusto valore economico».

La proposta del Consorzio, per quest’occasione davvero speciale, è andata sulle produzioni di Barollo, Fantinel, LaMarca, Masottina, Villa degli Olmi.

Gli Stati Uniti sono solo l’ultimo dei tanti baluardi conquistati dai vini italiani, negli ultimi tempi. Da qualche anno, ormai, la produzione di Prosecco è ‘costretta’ a correre dietro a una domanda sempre crescente, sul mercato italiano e su quello estero. Lo scorso anno la produzione ha chiuso con numeri da capogiro: 510 milioni di bottiglie, di cui 420 di denominazione Doc e 90 milioni di Conegliano Valdobbiadene, per un export pari – rispettivamente – al 70 e al 45% (fonte: Il Sole 24 Ore). Si tratta di un business da 2,5 miliardi di euro, che conta quasi 14mila produttori, 1.400 cantine e 300 imbottigliatori. Numeri da far girare la testa e non certo per colpa dell’alcool: il Prosecco, tra l’altro, è la denominazione che sta trascinando in ripresa l’export dell’intera produzione vinicola italiana, arrivata a insidiare i numeri della Francia.

Il caso del Prosecco è indicativo di come il lavoro di eccellenza fatto su un bene materiale possa influenzare positivamente non solo l’intera filiera, ma anche il territorio in cui viene prodotto: nei mesi scorsi, infatti, vi avevamo anticipato l’intenzione di candidare il paesaggio del Prosecco come Patrimonio UNESCO, le motivazioni? Armonia tra territorio e mano dell’uomo, tradizione vitivinicola centenaria, architetture fortemente legate al paesaggio, eccellenza diffusa. Un territorio di 15 Comuni, tra Conegliano e Valdobbiadene, che continua a navigare in decisa controtendenza rispetto ai trend negativi di altri settori del made in Italy. Il valore aggiunto sta nel mantenere un tasso di crescita moderato ma costante, che vuol dire? Che in Veneto non hanno intenzione di sacrificare la qualità in nome dei grandi numeri, la crescita aumenta coerentemente con la capacità produttiva del territorio, che – ricordiamo – vanta anche la prima Scuola Enologica italiana, fondata nel 1876.

Di storie di eccellenza l’Italia ne conta a dismisura, sempre e da sempre, a dispetto dei tempi non proprio comodi, delle crisi, di quel fare un po’ approssimativo che certe volte ci penalizza, per non parlare dell’eterna sensazione di arrivare sempre secondi, quando invece siamo già i primi e neanche ce ne accorgiamo.

Carolina Attanasio