27 Gennaio 2017   •   Snap Italy

Pinocchio: la favola italiana più conosciuta al mondo

«C’è una storia tutta italiana diventata una favola senza tempo: dopo più di 100 anni, Pinocchio è considerato ancora oggi un capolavoro mondiale, e più volte portato sullo schermo. Ecco tutte le produzioni italiane con protagonista il burattino di Collodi»

«C’era una volta… “Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno». Inizia così una delle storie più amate al mondo, quella del burattino di legno dal cuore di bambino. Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, è il titolo completo del romanzo scritto da Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini, pubblicato per la prima volta nel 1881. Tradotto in più di 240 lingue, è considerato un classico della letteratura per ragazzi, ma più in generale una delle grandi opere della letteratura italiana. Le ragioni del successo sono molte, dall’originalità della storia alla particolarità dei personaggi che vivono ormai nell’immaginario collettivo di tutto il mondo, rendendo Le avventure di Pinocchio un fenomeno letterario unico per il nostro paese.

Nonostante l’immenso patrimonio letterario italiano, la favola di Pinocchio è uno dei pochi esempi di opere che sono state in grado di entrare a far parte del tessuto culturale mondiale riscuotendo un successo senza confini. Nessuna opera nostrana è paragonabile a questa, e il fascino del burattino dal naso lungo non conosce crisi, ma anzi continua a tramandarsi di generazione in generazione, assumendo sempre nuove forme. Dal capolavoro della Disney del 1940 fino al Geppetto di Nino Manfredi datato 1972, la storia di Pinocchio conta numerosissimi adattamenti cinematografici, dai lungometraggi alle serie animate. Ma quanti di essi sono italiani come il suo protagonista? Ecco le opere filmiche Made in Italy che hanno saputo tradurre al meglio la ricchezza culturale della favola del burattino di legno.

Gli americani sono convinti che Pinocchio sia una creazione della Disney e non hanno torto: il capolavoro del 1940 è uno dei film d’animazione più belli e tecnicamente perfetti dello studio americano, ed è senza dubbio la trasposizione cinematografica più famosa. Sebbene non proprio aderente al romanzo originale, la reinterpretazione della Disney è un classico senza tempo ed è addirittura stato inserito nel National Film Registry, ovvero la selezione dei film destinati ad essere preservati. L’opera di Walt Disney rese celebre la storia del burattino italiano che a quanto pare ancora oggi non smette di affascinare Hollywood: sono in arrivo infatti due nuove trasposizioni, un lungometraggio da Ron Howard con Robert Downey Jr. nel ruolo di Geppetto, ed un remake in live-action della stessa Disney.

Ma è degli esempi italiani che vogliamo parlare. Come detto prima, dal 1881 ad oggi Pinocchio ha attraversato tutte le arti e tutte le forme d’espressione: come dimenticare l’incredibile opera teatrale messa in scena dal grande Carmelo Bene nel 1961, oppure il più recente musical del 2002 con testi e musica dei Pooh.

Ma è al cinema e in televisione che la storia di Pinocchio ha dato il meglio di sé, partendo dal lontano 1911. Il film muto di Giulio Antamoro è ritenuto il primo esempio di trasposizione del romanzo, un quasi film d’animazione, in quanto contiene alcune sequenze animate (come le marionette di Mangiafuoco o la balena) ed altre interpretate da attori in carne ed ossa. Nel panni del burattino troviamo infatti il comico francese Guillaume, in arte Polidor, l’indimenticabile clown della sequenza del tabarin ne La Dolce Vita di Fellini. Pinocchio andò prima perduto e poi ritrovato nel 1994 nella Cineteca di Milano, e rappresenta un primo tentativo di leggittimare la nascente istituzone cinematografica portando sullo schermo uno dei testi simbolo della cultura e dell’identità nazionale italiana. Il film si può trovare su YouTube.

Il primo vero cartone animato fu quello del 1936 realizzato e prodotto dalla CAIR (Cartoni Animati Italiani Roma) e diretto da Umberto Spano, col titolo Le avventure di Pinocchio. Il cartone fu commissionato per contrastare lo strapotere della Disney nel campo dell’animazione, ma purtroppo fu una scommessa persa, in quanto di questo cartone pare non essere rimasta nessuna traccia, e gli unici reperti disponibili sono solo alcuni fotogrammi.

Lo stesso anno dell’arrivo al cinema del capolavoro Disney nel nostro paese, Giannetto Guardone realizzava un lungometraggio, Le avventure di Pinocchio, che si avvaleva del contributo di grandi grandi attori, come Vittorio Gassman nel ruolo del Pescatore Verde, e tecnici delle maestranze italiane. Il film ricalca molto fedelmente il romanzo di Collodi, anche a scapito della componente fantastica: il regista infatti sceglie di far indossare delle semplici maschere a personaggi come il Gatto e La Volpe o il Giudice Gorilla, maschere che però furono realizzate dagli artigiani del Carnevale di Viareggio. Anche quest’opera purtroppo è incompiuta e se ne possono trovare dei frammenti su YouTube.

Ma i tentativi dell’animazione non finirono qui. Il primo successo italiano arriva nel 1971, con un film di Giuliano Cenci, Un burattino di nome Pinocchio. Il grande animatore italiano tentò con questa opera di creare una versione della storia quanto più possibile vicino all’originale, e secondo i nipoti di Lorenzini stesso che presero parte alla realizzazione, Cenci riuscì nell’intento. Il film impiegò cinque anni per vedere la luce e fu esportato in 20 paesi del mondo (addirittura negli Stati Uniti) doppiato alla CDC (Cooperativa Doppiatori Cinematografici) dai maggiori doppiatori italiani dell’epoca. Cenci con questo film riuscì dal punto di vista figurativo e dell’illustrazione ad allontanare il modello disneyano ed a costruirne uno tipicamente italiano.

Il 1972 fu un anno spartiacque tra il Pinocchio animato e quello cinematografico o per meglio dire televisivo, perchè fu l’anno dell’indimenticabile sceneggiato della RAI di Luigi Comencini. Le avventure di Pinocchio, lungometraggio diviso in cinque puntate (per un totale di 280 minuti) è un esempio della grande televisione del passato. Caratterizzato da sceneggiatura, costumi e scenografie ottime, il film della RAI è passato alla storia per la sua atmosfera realistica ma allo stesso tempo poetica e malinconica, restituita soprattutto dall’azzeccatissimo cast in grado di regalare interpretazioni commoventi. Indimenticabile Nino Manfredi nel ruolo di Geppetto, così come il giovane Andrea Balestri in quello di Pinocchio, la Fata Turchina di Gina Lollobrigida, Vittorio De Sica nel ruolo del Giudice; e ancora il Lucignolo di Domenico Santoro e il Mangiafuoco di Lionel Stander, fino ad arrivare alla coppia di Ciccio&Franco nel ruolo del Gatto e la Volpe. L’influenza di questa trasposizione si radica profondamente nell’immaginario del pubblico italiano e analogamente ai bambini che sono cresciuti col Pinocchio della Disney, quelli che hanno conosciuto per la prima volta questa storia grazie a Comencini, faticano ad immaginare una versione migliore. Memorabile il tema musicale di Fiorenzo Carpi,  la Birichinata, ancora oggi associato immediatamente al burattino di legno, diventato addirittura un inno calcistico ed un brano dance remixato.

Non sono solo gli americani a deturpare spesso i classici della letteratura nostrana, a volte ci riusciamo benissimo da soli: è il caso di OcchioPinocchio, un film del 1994 di Francesco Nuti “liberamente” ispirato alle vicende originali del romanzo. Costato venti miliardi di lire, il film prodotto dalla Mario e Vittorio Cecchi Gori non riuscì a guadagnarne neanche 4. Un ricco americano scopre di avere un figlio che è cresciuto in un ospizio toscano e lo porta a vivere con sé: ma il giovane, soprannominato Pinocchio, fugge per gli Stati Uniti con una ragazza inseguita dalla polizia. Non è difficile capire perchè il film fu letteralmente stroncato dalla critica.

Arriviamo al 2002, anno in cui uscì nelle sale italiane (ma anche in molte straniere) un adattamento che molto ha fatto parlare di sé e che ancora oggi scatena opinioni contrastanti. Il Pinocchio di Roberto Benigni è forse una delle versioni maggiormente discusse del romanzo di Collodi, ma anche una delle più famose. Costato circa 45 milioni di euro (uno dei film più costosi nella storia del cinema italiano) il film di Benigni non ebbe un grande successo al botteghino e scatenò feroci critiche non solo in Italia ma anche negli Stati Uniti, dove Benigni aveva ottenuto una certa popolarità in seguito all’Oscar con La vita è bella. All’epoca l’idea di un film diretto ed interpretato da uno dei maggiori attori italiani, scritto da Vincenzo Cerami (uno dei migliori sceneggiatori nostrani) e musicato da Nicola Piovani (premio Oscar per le musiche de La vita è bella) era ovviamente allettante e quindi era naturale che attorno a questo film si fosse creata una grande attesa. Ma purtroppo qualcosa andò storto. Benigni non riuscì ad entrare del tutto nel personaggio di Pinocchio, risultando troppo se stesso e poco credibile come cinquantenne con naso lungo e completo a fiorentini, così come il resto del cast: i personaggi sono tutti poco amalgamati nel contesto fiabesco ed appaiono più come delle macchiette, soprattutto i Fichi d’India nel ruolo del Gatto e della Volpe (troppo evidente l’intento di emulare il duo comico di Franco&Ciccio dello sceneggiato RAI) e Kim Rossi Stuart in quelli di Lucignolo. Nota dolente anche per la Fata Turchina di Nicoletta Braschi, troppo fredda ed inespressiva. La trama, molto fedele al romanzo di Collodi, dimostrò la mancanza di coraggio di Benigni nell’osare una reinterpretazione personale della storia originale, dando vita invece ad un ibrido, una via di mezzo senza una propria anima. Fu così che quello che doveva essere l’evento cinematografico dell’anno si trasformò in una grande delusione (anche se furono molto apprezzate le scenografie, i costumi, la fotografia e le musiche).

Nel 2007 è di nuovo la volta di un film d’animazione, Bentornato Pinocchio di Orlando Corradi, un film che si propone come sequel della storia originale. Il lungometraggio infatti racconta le vicende di Pinocchio dopo essere diventato un bambino vero, e tutto, dal disegno ai colori fino alla caratterizzazione dei personaggi, richiama chiaramente la versioni della Disney. Per questo motivo, ed anche per la scarsa qualità delle animazioni e della musica, il film fu ampiamente criticato.

Nel 2009 la RAI ci riprova: la Lux Vide di Matilde e Luca Bernabei (gli stessi produttori de I Medici – Masters of Florence) in collaborazione con RaiFiction e l’inglese Power, producono una miniserie sulla scia dello sceneggiato del ’72, Pinocchio, per la regia di Alberto Sironi, storico regista de Il Commissario Montalbano (ne abbiamo parlato qui). Questa nuova versione per la televisione, trasmessa in due puntate su Rai Uno, segue la storia del romanzo, ma introduce anche l’elemento meta-cinematografico della narrazione, con la presenza dello stesso autore Carlo Collodi (interpretato da Alessandro Gassman) che troverà l’ispirazione per scrivere la sua storia proprio grazie all’incontro con un falegname di nome Geppetto (interpretato da Bob Hoskins). Scegliendo di dare un taglio più moderno alla storia in modo da poterla esportare anche all’estero, la miniserie del 2009 non è di certo paragonabile al capolavoro di Comencini, ma ne ricalca il desiderio di restituire al meglio l’anima di ogni personaggio, dalla Fata Turchina (Violante Placido) al Grillo Parlante (Luciana Littizzetto), da Lucignolo (Thomas Sangster) al personaggio inedito della Maestra (Margherita Buy), dal Gatto e la Volpe (Francesco Pannofino e Toni Bertorelli) al piccolo Pinocchio, interpretato dal giovanissimo attore inglese Robbie Ray.

Infine concludiamo con un altro film d’animazione, il Pinocchio del grande maestro Enzo D’Alò, già autore di capolavori come La gabbianella e il gatto e La freccia azzurra. Uscito in Italia nel 2012 (sarebbe dovuto uscire nel 2000, ma il Pinocchio di Benigni bloccò il progetto), il film vanta la collaborazione del grande e compianto Lucio Dalla non solo per le musiche, ma anche in veste di doppiatore. Lo stile artigianale, delicato e mai moralista di D’Alò costruisce ogni fotogramma del film con passione e tenerezza, soprattutto nel tentativo di restituire una Toscana vicina a quella di Collodi e di D’Alò stesso (a differenza del fittizio ambiente tirolese del classico Disney).

Dal 2012 sono passati cinque anni e sembrava che nessun altro autore italiano volesse riprendere in mano la già tante volte rimaneggiata storia di Pinocchio. Ed invece i tentativi non finiscono qui. Il burattino di Collodi tornerà sul grande schermo nel 2018 grazie a Matteo Garrone. Dopo Il racconto dei racconti, il regista di Gomorra pare essere sempre più interessato all’estetica del fantastico: intervistato dall’Hollywood Reporter, Matteo Garrone ha infatti dichiarato che «quello di Pinocchio è uno dei miei sogni più cari e che affonda le radici indietro nel tempo fino a quando ero bambino. È sempre stato un personaggio che mi ha molto intrigato e con questo film completerò il mio viaggio nel mondo delle fiabe che ho iniziato a esplorare con “Il racconto dei racconti”. Spero che “Pinocchio” possa rappresentare un’evoluzione, considerata l’esperienza che ho maturato». Potremmo quindi trovarci di fronte ad un prodotto simile dal punto di vista visivo e dell’uso degli effetti speciali? Ciò che sappiamo con sicurezza è che il film vedrà la partecipazione nel ruolo di Geppetto di Toni Servillo, già protagonista in Gomorra e che le riprese inizieranno questa primavera. «Il mio Pinocchio sarà fatto in Italia e in italiano» ha affermato Garrone alla scorsa edizione del Giffoni.

Pinocchio è una presenza costante nel cinema italiano, sia esso in forma live-action o animata, e verrebbe anche da domandarsi se sia davvero solo la favola Pinocchio il meglio che abbiamo da offrire. Si potrebbe dibattere a lungo sulla questione del materiale da portare sullo schermo, ma la verità è che quella del burattino che diceva le bugie è una di quelle storie sempre nuove, una costante fonte inesauribile d’ispirazione. Certo, avere alle spalle edizioni come quella disneyana o quella di Comencini non facilita il compito di un autore: non ci resta che aspettare questo nuovo lavoro tutto italiano su Pinocchio e augurare a Garrone di realizzare un capolavoro. Perchè da ciò che abbiamo visto fin’ora, le trasposizioni del celebre burattino non ammettono mezze misure.

Serafina Pallante