Malarazza
15 Novembre 2017   •   Redazione

Malarazza, una storia di periferia. Il film di Giovanni Virgilio

«Malarazza, il nuovo film d’autore indipendente di Giovanni Virgilio, uscirà nelle sale dal 9 novembre, con una storia di periferia, continuando sul fortunatissimo filone del cinema italiano che tenta di far luce sull’oscurità regnante nelle periferie.»

Malarazza, nonostante mostri qualcosa di già raffigurato dal cinema italiano, lo fa con una differente luce, quella emanata da un cinema indipendente che rinuncia a ogni spettacolarizzazione, tipica del grande schermo, per mostrare senza filtri la cruda realtà. Così, subito dopo il successo di Gomorra e Suburra, una nuova pellicola va ad aggiungersi, come in un puzzle, all’intricato quadro delle turbolente periferie italiane, questa volta ponendo sotto i riflettori Librino, una periferia catanese».

«Sono stanco delle opere buone, le cose bisogna sbatterle in faccia. Per far riflettere bisogna sbattere in faccia la realtà.»
Giovanni Virgilio

Questo film, quindi, oltre che a denunciare serve anche a far riflettere. Perché agire diventa sempre più necessario e perché, come dimostra il film, «Loro vogliono cambiare ma c’è bisogno di una mano, serve partecipazione per il cambiamento”. Perciò, dopo La Bugia Bianca, il regista e produttore indipendente Giovanni Virgilio porta in produzione il suo secondo lungometraggio, Malarazza.

Una delle protagoniste del film è proprio Librino, una periferia di Catania lasciata a se stessa, teatro di terribili situazioni ricche di complessi  e metaforici protagonisti, intrappolati in quelle difficili realtà. «Librino è un non luogo di quella città» come lo definisce Cosimo Coltraro, che in Malarazza interpreta Pietro detto U Porcu. La storia di questa periferia viene raccontata attraverso una giovane madre, Rosaria (Stella Egitto) e suo figlio Antonino (Antonino Frasca Spada) che, assieme a Franco (Paolo Briguglia), il fratello transessuale della donna, simboleggiano le vittime di un sistema di potere malavitoso rappresentato dal marito di lei, nei panni di Tommasino Malarazza, un boss ormai vicino al declino (David Coco).
Per queste tragiche esistenze sembra non esserci speranza per un riscatto sociale.

«Il film ci fa riflettere su quanto le periferie siano parte integrante delle città e che lo stato di degrado in cui sono lasciate non fa altro che aumentare ingiustizie e microcriminalità. Malarazza è una denuncia delle condizioni delle periferie urbane al fine di riflettere sulla crisi della legalità nelle aree più marginali dei territori, anche se spesso localizzate nei quartieri più centrali. Territori che domandano bellezza, giustizia e sicurezza per garantire un futuro e una speranza ai cittadini che vogliono affrancarsi dalla criminalità e dall’esclusione che logorano le loro vite. Sulla base della mia diretta esperienza ritengo che le amministrazioni locali facciano molto per ricucire gli strappi fra le periferie e il resto della città, ma purtroppo molte altre istituzioni restano a guardare.»


Malarazza
, come spiega il regista, vuole essere un incitamento al cambiamento, per dare una spinta a tutte quelle persone che purtroppo si rispecchiano nella realtà denunciata dal film. «Vent’anni anni fa a Librino non era nemmeno possibile passare, ora quest’area è stata circoscritta a un palazzo».

Questa circoscrizione e liberazione è stata possibile grazie all’intervento del lavoro locale, che ha determinato un grande cambiamento di questa periferia rispetto a 20 anni fa, come fa notare lo stesso regista. Ma nonostante la mancanza di ogni spettacolarizzazione del film, narrato senza filtri e in modo crudo allo scopo di accrescere il concetto di denuncia della realtà, sono comunque presenti nella pellicola alcuni spiragli di ottimismo. Le cupe nubi pessimistiche del film vengono schiarite da una flebile luce portata da un messaggio di ottimismo nascosto nel film, attraverso la frase di Italo Calvino che emerge da una lavagna.

“Ci sono frammenti di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascosti nelle città infelici”.
Italo Calvino, Le città invisibili.


«Come scriveva Italo Calvino – attacca il regista Giovanni Virgilio – anche le più drammatiche e le più infelici tra le città hanno sempre qualcosa di buono. Quel qualcosa, però, dobbiamo scoprirlo e alimentarlo. Solo così avremo città migliori».
Questa frase va a rispecchiarsi con alcuni personaggi come Rosaria, la moglie del boss decaduto, che tenta di cambiare la sua situazione e Paolo, l’innovativo transessuale che, nonostante l’emarginazione, continua a cercare per la sorella un futuro migliore. Durante la conferenza stampa, gli interpreti di questi due intensi personaggi, hanno spiegato come hanno vissuto questa esperienza. Stella Egitto, la talentuosa emergente (protagonista di Ti stimo fratello e di successi televisivi come Squadra Antimafia e Il commissario Montalbano), spiega come si sia profondamente preparata per questo ruolo e come questa esperienza l’abbia segnata.

 

«Ho dovuto respirare un quartiere che non conoscevo direttamente. Ho respirato violenza con quest’esperienza perché durante le riprese abbiamo visto la violenza che raccontiamo.»
Stella Egitto

Per l’attrice, quello con la realtà, è stato un impatto particolare: «Era necessario che Rosaria alzasse la testa per respirare aria e non più acqua. La forza di questa storia è che tenta di rinunciare a qualsiasi forma di compiacimento nel racconto di questa violenza. Raccontare un realismo deve necessariamente comportare a una forma di rinuncia al compiacimento».

Un altro protagonista che emerge in positivo in questa crudo racconto è il transessuale Pietro, brillantemente interpretato da Paolo Briguglia. L’attore, già conosciuto in altri film come I cento passi e Basilicata coast to coast, mostra in Malarazza il suo talento grazie a questo personaggio, viscerale, come lo definisce lui. La preparazione per calarsi nei panni di questo personaggio è stata davvero intensa, perché difficile da mettere in scena senza cadere in stereotipi, ed è per questo che la preparazione è stata lunga e complicata.

Si è inizialmente ispirato a due famose figure cinematografiche di transessuali: Jared Leto nel film Dallas Buyers Club e Cillian Murphy in Breakfast for Pluto, ma da questi riferimenti di partenza ha dovuto aggiungere l’esperienza personale sperimentata sul proprio corpo. «Ho partecipato direttamente a un incontro con dei transessuali ricostruendo così i frammenti emotivi che mi mancavano».

 

Inoltre in questo film fa emergere anche un suo ulteriore talento, quello per il canto, grazie all’interpretazione di un’intensa bossanova. Parlando proprio di colonna sonora, in Malarazza le canzoni si alternano in un caleidoscopio di generi completamente differenti: dal rap al neomelodico, fino a una particolare bossanova portoghese cantata dalla voce di Arisa, che risuona in una scena molto toccante del film.

Questo caleidoscopio di suoni serve a dare ulteriore spessore a ogni personaggio, abilmente accompagnato da un preciso genere rappresentativo che racconta, senza parole, qualcosa in più di questi protagonisti. Giovanni Virgilio conobbe Arisa a un evento Telethon al Teatro Massimo Bellini di Catania, commentando come «un’esperienza bellissima» la partecipazione della cantante al suo film.

Durante l’anteprima, infine, ho avuto la fortuna di scambiare un’opinione sul film con la madre di Giovanni Virgilio, che si è espressa attraverso un profondo messaggio che aggiunge valore a quello già esposto dal regista. «Il mare rappresenta la speranza che possa andare bene, ma dipende da voi». Il messaggio si riferisce a un simbolo molto presente ed esplicativo del film Malarazza, quello del mare, che invoca una riflessione. Il film grida un incitamento al cambiamento, un cambiamento che però necessità di partecipazione.

Eleonora Manuali