liutai italiani
12 Giugno 2017   •   Redazione

Liutai italiani: artisti apprezzati in tutti il mondo

«Il primato italiano nel settore è indiscusso per i liutai della scuola cremonese, ma non tutti sanno che i liutai italiani hanno rivoluzionato il mondo della chitarra…»

La liuteria è l’arte della progettazione, della costruzione e del restauro di strumenti a corda ad arco (quali violini, violoncelli, viole, contrabbassi, ecc.) e a pizzico (chitarre, bassi, mandolini, ecc.). Il nome deriva dal liuto, strumento a pizzico molto usato fino in epoca barocca. Durante il Rinascimento, in Italia vi fu un gran fermento nell’attività liutaria, che fu affinata al punto da rendere i liutai italiani famosi in tutto il mondo. D’altronde il nostro paese ospitò, tra fine Seicento e Settecento, le famosissime botteghe di Antonio Stradivari e Giuseppe Guarneri del Gesù, probabilmente i più grandi liutai della storia assieme ai bresciani Gasparo da Salò e Giovanni Paolo Maggini, attivi da 80 a 50 anni prima. Si pensi che gli strumenti prodotti da Stradivari, universalmente il più grande liutaio nella storia, hanno fatto il giro del mondo, e gli esemplari originali esistenti tutt’ora hanno un valore incalcolabile: si pensi che il celebre “Lady Blunt”, il violino Stradivari del 1721, è stato venduto ad un’asta al prezzo da record mondiale di 9.808.000 sterline (15.894.000 dollari).

Quando si parla di liuteria e liutai italiani la prima cosa che viene in mente sono i violini, un mondo piuttosto coerente con quello relativo al made in Italy. Proprio la scuola cremonese rese l’arte italiana apprezzata in tutto il mondo: è un dato di fatto generalmente accettato che l’epoca classica della liuteria italiana ci abbia donato la più celebrata, ammirata, preservata e dunque imitata produzione della storia della manifattura. La liuteria è oggi anche una straordinaria realtà produttiva, non solo appartenente ad una dimensione storico culturale. In Italia sono attive oltre 300 botteghe, per la metà circa cremonesi, confermando un primato riconosciuto a livello mondiale. Tra queste ci sono anche molte imprese di artigiani stranieri che hanno scelto il Belpaese per la propria attività: questi liutai vengono soprattutto da Giappone, Francia, Germania, Argentina, Austria e Corea, dimostrando che questo settore del made in Italy non conosce crisi.

liutai italiani

Laboratorio Cubanzi, Cremona

Oltre alla liuteria che potremmo definire “classica”, c’è un altro settore di questa arte che vede il primato nelle mani dei liutai italiani e che ha portato i più grandi musicisti del Novecento ad incrociarsi con i nostri artigiani. In particolare si tratta di italiani emigrati in America, che hanno avuto la capacità di dare alle chitarre un nuovo volto, primo fra tutti Mario Maccaferri, artigiano nato a Cento in provincia di Ferrara. Maccaferri sarà liutaio ed imprenditore geniale, che mise da parte l’ebano ed introdusse, nell’arte liutaia, un materiale rivoluzionario: la plastica. Fu così che i più grandi chitarristi del Novecento, dal jazz al rock, hanno incrociato la manifattura italiana fino a quella che viene definita “Santa Triade dei liutai di New York”: D’Angelico, D’Aquisto e Monteleone. In effetti sono proprio questi tre personaggi che “scrissero” la storia delle chitarre in quegli anni. John D’Angelico, classe 1905, figlio di un sarto della Little Italy, ridefinisce la forma dell’acustica conferendo alle sue chitarre un fondo “bombato” simile a quello del mandolino: in breve l’italiano riesce a imporre il suo nome e al negozietto di Kenmare Street si affacciano tutti i grandi che affollano i fumosi locali jazz di New York. Per tutti i liutai italiani, quindi, D’Angelico è una sorta di precursore, capace di “esportare” il Made in Italy al di là dell’oceano. Poi, dopo la sua morte, James D’Aquisto prende in mano l’attività e lancia una linea di chitarre che si chiamano Advance e Centura, cambiandoo per sempre il design dell’electric guitar. Infine John Monteleone, lo Stradivari dei nostri giorni, che rilancia  e aggiorna tecnologicamente l’arte appresa dall’amico D’Aquisto, riprende l’intuizione  dell’ormai novantenne Maccaferri, introducendo definitivamente elementi in plastica nelle chitarre moderne.

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Monteleone J.

Chiara Cavaterra