Le fate ignoranti
23 Novembre 2017   •   Redazione

Riflessioni sulle relazioni e reazioni nel film Le Fate Ignoranti

«Le Fate Ignoranti come specchio della realtà quotidiana»

Le Fate Ignoranti, regia di Ferzan Ozpetek, è un film del 2001 che ha un enorme valore simbolico. In particolare, la protagonista della pellicola, Margherita Buy, già allora attrice intensa e capace, riesce perfettamente ad esprimere quello che è l’intento del regista, ovvero raccontare quell’ampio spettro di emozioni spesso contrastanti tra loro, la versione più fedele della realtà. È proprio su questo che vorrei concentrare l’attenzione nel corso del mio articolo: le scelte umane e soprattutto ciò che le detta.

Per cercare di spiegare con un minimo di razionalità la mia sconfinata passione per quello che è un film la cui ambizione sopperisce alle presenti (seppur in minima parte) lacune, e il cui intento è sensibilmente percepibile nel corso di tutti i 105 minuti che lo compongono, tenterò di raccontarne la trama, facendo attenzione a non rovinare la visione di chi, spero, verrà travolto da un incontrollabile desiderio di godersi questo meraviglioso film.

Proprio ora che cerco di raccontarne i fatti principali mi rendo conto che la prima caratteristica di Le Fate Ignoranti sta proprio nel far coesistere una trama sommariamente corposa (seppur non ai livelli di un film d’avventura o di un thriller, ovviamente) con un altrettanto significativo numero di sviluppi interiori. I fatti concreti sono sempre accompagnati da quelli che invece rimangono dentro i personaggi. In altre parole, crediamo di gustarci un film e invece siamo più fortunati, ne stiamo guardando due.

Ozpetek (ne avevamo parlato qui) ci presenta una coppia, Antonia e Massimo, felice ma non felicissima. Una coppia qualunque, è velato il malessere tra i due, ma non abbiamo il tempo di interessarcene: Massimo muore. Non preoccupatevi, il nostro personaggio non raggiunge nemmeno i primi dieci minuti, non è uno spoiler. Siamo tutti molto dispiaciuti per il lutto che Antonia sta vivendo, ma ancora una volta Ozpetek non ci dà il tempo di metabolizzare le informazioni, ha fretta, in netto contrasto con il personaggio della Buy, una donna che sembra invece lenta, appesantita. vi è però una scena che funge permette alla storia di nascere davvero: Antonia è seduta sul divano, la voce della televisione di fronte a lei ci fa capire che è in onda una televendita su dei quadri ma né lei né noi ci faremo molto caso. Le parole del venditore volano per la stanza e accompagnano, si fa per dire, la mente di Antonia che, stanca, decide di andare ad appendere un quadro del marito, ancora incartato, portatole dai colleghi quel giorno, insieme agli altri affetti personali di Massimo.

Dietro al quadro si nasconde il vero fattore scatenante della vicenda: una dedica. Scopriamo che il tanto compianto giovane defunto non era poi il santo che pareva essere (noi di lui non sappiamo nulla, ma vi era una grande disperazione nell’aria per la sua morte): egli intratteneva da sette anni una relazione con un’altra persona. Antonia decide di andare in fondo alla storia e, senza troppe difficoltà (Ozpetek ha veramente fretta, ndr), scopre che la relazione segreta del suo defunto marito era con un altro uomo. Da questo momento in poi, il regista ci concede il lusso di prendere un attimo di fiato, le azioni rallentano, gli eventi si fanno meno pesanti (per la gioia della nostra malcapitata Antonia che qualcosa di male a Ozpetek di certo glielo deve aver fatto) e tutto procede, seppur con alti e bassi, fino al gran finale: Antonia parte e va via.

Mi sono contraddetta, ho rivelato il finale, ma fra poco scoprirete che non sono i fatti principali a rendere questo film speciale, semmai quelle piccole virgole tra una evento e l’altro, le brevi frasi che sembrano insignificanti e invece sono perfettamente unite tra loro. Le Fate Ignoranti intreccia in un’ora e mezza di film moltissimi temi (così tanti che ogni volta che lo riguardi ne trovi uno nuovo), dunque, per non rovinarvi la visione ma provare comunque a decifrarne qualche aspetto, mi lancerò nella spinosa missione di analisi di quelle che è, secondo la mia modesta opinione, il principale filo conduttore.

La culla di tutto il film sono il bisogno e l’illusione di conoscere tutto ciò che ci circonda. Chi sono io? Chi sono gli altri? Che opinione hanno gli altri di me? Cosa devo fare e cosa è invece impensabile? Le risposte a queste domande deve essere chiare e senza margine correzione. Ogni aspetto di questa storia ci mostra questo bisogno insaziabile di trovare un’identità a tutto ciò che entra in contatto con noi, dalla prima all’ultima immagine (il film stesso inizia con Antonia e Massimo che fingono di non conoscersi; dopo la morte di Massimo, una collega di quest’ultimo implora Antonia di rivelarle l’opinione che il defunto aveva di lei, …).

Questo continuo bisogno di certezze e sicurezze che domina le vite dei vari protagonisti della vicenda è chiaramente destinato ad infrangersi con quella che poi è la vita. Assistiamo infatti insieme ad Antonia allo sgretolarsi di tutti quei mattoncini che la proteggevano e formavano la sua “prigione dorata” e, dall’altro lato, anche Michele (interpretato da un giovane Stefano Accorsi) – l’amante di Massimo – si rende conto che anche lui fondava le sue certezze su di una base instabile, parziale. In altre parole, quello che Ozpetek sembra voglia dirci è che spesso le cose su cui basiamo la nostra vita, le nostre decisioni, non sono poi quelle che crediamo.

Questa visione non deve però essere colta in modo negativo o infelice: l’intento del regista non è quello di trascinarci in una valle di lacrime, bensì quello di mostrarci che non solo il mondo non è suddivisibile in bianco e nero, ma che spesso le cose cambiano, e una certezza che abbiamo adesso potrebbe evolvere un domani in qualcosa di nuovo, e infine che, raramente, non è la risposta a cambiare, ma la domanda stessa (come già detto, Antonia decide di partire, prendendo una decisione che non avrebbe mai compreso prima della morte di Massimo e dell’incontro con Michele). Il mio articolo non ha la pretesa di essere esaustivo, gli aspetti interessanti e gli spunti di riflessione che ci regala Le Fate Ignoranti sono veramente molti per essere contenuti in poche righe, quindi lascio a voi lettori il piacere di una nuova scoperta.

Lavinia Rosso