I’m not a blonde
04 Ottobre 2017   •   Redazione

I’m Not A Blonde: «Nelle nostre canzoni la nostra storia»

«Ironiche e talentuose, le I’m Not A Blonde hanno appena pubblicato il loro nuovo singolo Daughter, dai ritmi accattivanti e suggestioni anni ’80-’90. Ecco la nostra intervista al duo milanese»

Brani electro-pop, ritmi e synth che richiamano gli anni ’80 e poi chitarre e voci che riportano indietro negli anni ’90. Questo è il bel mix delle I’m Not A Blonde (sito ufficiale), il duo firmato da Chiara “Oakland” Castello e Camilla Matley, polistrumentiste e compositrici di talento. Del resto la musica sta cambiando, proprio come dimostra questa originale girlband che ho avuto il piacere di intervistare.

L’ironia caratterizza il duo e ciò emerge anche dai loro video, simmetrici e divertenti. Per il loro nuovo singolo Daughter, si sono affidate alla regia di Davide Marconcini, uno dei migliori videomaker italiani, che ha saputo rileggere e reinterpretare le emozioni che le I’m Not A Blonde esprimono attraverso la loro musica:

Ecco cosa ci siamo dette io e Chiara:
Raccontateci di voi, come nascono le I’m Not A blonde?
L’avventura è cominciata 4 anni fa, quando Camilla stava cercando una cantante per un altro progetto musicale. Quella band è durata molto poco ma io e Camilla abbiamo cominciato a fare delle collaborazioni e presto è arrivata la voglia di scrivere delle cose insieme, e così sono nati i pezzi del nostro primo EP uscito a settembre 2014.

I vostri brani di stampo electro-pop richiamano i ritmi e synth degli anni ’80 e le chitarre e voci del punk anni ’90. Quali sono le vostre influenza musicali?
Diverse direi, sia io che Camilla siamo onnivore musicalmente, ascoltiamo tantissime cose diverse e sicuramente questo si riflette in quello che scriviamo. Per entrambe comunque le influenze maggiori arrivano dal mondo musicale anglosassone, per Camilla è quella di stampo più brith, e new wave, io sono nata negli Stati Uniti ed ho subito il fascino del pop americano, non so se si senta ma da Micheal Jackson prima di tutti.

Di cosa parlano i testi dei vostri brani?
I nostri brani parlano delle nostre vite e del nostro modo di relazionarci agli altri e al mondo. Spesso lo facciamo attraverso le storie di personaggi immaginati, come nei film, che diventano i nostri alter ego, degli attori che parlano per noi e raccontano delle nostre emozioni. A tratti possono sembrano testi un po’ folli o surreali ma in realtà parlano di noi e del nostro quotidiano.

I vostri video sono stupendi: simmetrici e ironici. Vi affidate alla regia o nascono anche da vostre idee?
Il nostro rapporto con i video e sempre stato di Odio/Amore, ognuno dei nostri video ha una storia diversa, e un regista diverso. Tendenzialmente partiamo sempre con un’idea già in mente, delle immagini o una storia che possa per noi rappresentare il testo e poi insieme al regista sviluppiamo quest’idea. È un approccio molto creativo per noi ma ovviamente non è sempre facile per un regista, con la propria sensibilità entrare nelle nostre teste e noi nella sua, insomma diventa una contaminazione di idee. Ora per l’ultimo video di Daughter abbiamo per la prima volta scelto di affidarci totalmente e dare carta bianca al regista e devo dire che Davide Marconcini è stato molto bravo a rileggere ed interpretare le emozioni del pezzo, lo rappresenta molto e siamo felici.

In attesa del vostro nuovo disco, ci dite se c’è un brano a cui siete particolarmente affezionate?
Credo che vada un po’ a momenti, per un periodo il mio preferito è stato Bad Buke Good Gaze, forse il brano più pop che abbiamo scritto, poi è arrivato il momento di IF e poi Not Lost, insomma ci piace cambiare idea.

Elisa Toma