San Leo
20 Settembre 2017   •   Carolina Attanasio

Instaborghi: San Leo, il borgo marchigiano dell’Emilia Romagna

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«Risaliamo la Penisola e puntiamo verso San Leo, borgo dalla Rocca maestosa, custode di segreti e leggende»

In quel lembo di Emilia Romagna dove la movida riminese la fa da padrone e San Marino ci fa provare il brivido di essere all’estero per qualche minuto, si nasconde un’altra piccola, grande perla dei borghi italiani, San Leo (sito turistico), che da 600 metri di altezza domina la vallata del Marecchia con la sua maestosa Rocca. Qui, come Instaborghi (qui l’ultima puntata) ci ha abituato, è facile fare il solito salto indietro nel tempo, scivolando nel Medioevo e lasciandosi catturare dall’atmosfera del posto. Lontano dal flusso costante di turisti dei luoghi circostanti, ci si gode il tramonto e le ombre che disegnano i profili imponenti del promontorio e del piccolo borgo, che si conserva immutato da secoli. San Leone, da cui il paese prende il nome, giunse dalla Dalmazia insieme a San Marino, evangelizzò la zona e ne divenne il primo Vescovo.

La Rocca, lungamente contesa tra Goti e Bizantini, dà origine al primo nucleo abitato e ha visto nei secoli alternarsi i Longobardi, Ottone I di Germania, i Signori Montefeltro, i Malatesta di Rimini, i Montefeltro di Urbino, Francesco Maria della Rovere, Lorenzo dei Medici, la Repubblica Fiorentina e poi di nuovo i Della Rovere, cui ha fatto seguito il Papato per un vero rincorrersi di dinastie e potenze varie. L’ultimo cambiamento, nel 2006, con Referendum sposta San Leo dalle Marche all’Emilia Romagna.

Da vedere a San Leo

La Rocca, first of all. A strapiombo sul panorama di boschi e calanchi che si allungano fino al mare, è ovviamente il punto panoramico per antonomasia. La Pieve, l’edificio più antico di San Leo, fulcro del centro medievale. Fu costruita in epoca carolingia e rimodernata in epoca romanica e sorge, secondo tradizione, intorno alla celletta in cui San Leone usava ritirarsi in preghiera. La Cattedrale, adiacente, ha forme romanico-lombarde, si erge in parte su elementi di epoca romana e si accompagna alla bella torre campanaria, di origine bizantina. Il centro storico medievale ha visto, nei secoli, intrecciarsi le storie dei vari Signori, ha ospitato l’esilio di Dante Alighieri e si circonda dell’imponente mastio medievale, con quattro torri malatestiane, che avvolge San Leo in miracoloso equilibrio sullo sperone di roccia, apparentemente inattacabile da qualsiasi angolazione.

Da fare a San Leo

Il territorio circostante è il paesaggio che ha ispirato Piero della Francesca, motivo per cui il progetto Montefeltro Vedute Rinascimentali (sito ufficiale) ha inaugurato i Balconi di Piero, tre panorami nel verde affacciati sugli scorci riprodotti dal celebre pittore. Se osservare il paesaggio non vi basta, ma volete provare il brivido di immergervi a trecentosessantagradi in quello che vedete, potete sempre provare col parapendio (la zona, peraltro, si presta benissimo), il deltaplano o il paracadutismo sportivo.

Da mangiare a San Leo

Tipica di San Leo è la patata di Valmarecchia, una particolare varietà la cui coltivazione è sopravvissuta nel tempo, scampando agli incroci con altre varietà: dalle eccellenti qualità organolettiche, è coltivata da pochi, tenaci produttori della zona. Legumi e tartufo sono cucinati praticamente in tutte le salse, in zuppe o in accompagnamento a qualche piatto, maiale alla marchigiana e coniglio al finocchio la fanno da padrone, esempi di una tradizione che affonda chiaramente le sue radici nella cultura marchigiana.

Curiosità

Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, vede il suo nome fortemente collegato a quello della fortezza di San Leo, in bilico tra storia e leggenda. Pare che venne sepolto vivo in una cella dall’Inquisizione, accusato di stregoneria, affamato e torturato per quattro anni e, infine, strangolato, perché, si dice, che “non si decidesse a morire”. Prima della Rocca di San Leo, aveva già conosciuto le prigioni della Bastiglia parigina, processato per il famoso affare della collana, ossia accusato di aver fatto sparire un collier destinato alla Regina Maria Antonietta. Autodifendendosi, era stato scagionato e, leggenda racconta, aveva poi predetto la caduta della Bastiglia del 1789. Oggi la prigione della Rocca è un museo, il cui punto più suggestivo è una lapide che recita “Niente fiori sulla tomba del conte, nessuno sa dove sia, nessuno l’ha mai ritrovata”.

Carolina Attanasio

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