Gianni Brera
04 Gennaio 2018   •   Snap Italy

Gianni Brera, 25 anni senza il “padre del modulo all’italiana”

«Poliedrico ed estroso sin dall’adolescenza, Gianni Brera era solito mettere la sua personalità e la sua passione in tutto ciò in cui si cimentava. Dalla scrittura giornalistica, a quella teatrale. A 25 anni dalla scomparsa vediamo insieme chi era Gianni Brera e perché è considerato uno dei capisaldi del giornalismo italiano».

Brillante avanguardista del giornalismo sportivo, Gianni Brera ristrutturò il gergo calcistico corredandolo di creativi neologismi. Tra i numerosi lemmi in uso nel linguaggio calcistico contemporaneo (qui il glossiario degli sport più praticati dagli italiani) sono a lui attribuiti: contropiede (azione offensiva di chi, dopo aver sottratto la palla al giocatore avversario, riporta il gioco nella direzione inversa), uccellare (ingannare con una giocata l’avversario, qualunque ruolo esso ricopra), incornare (fare un gol di testa), melina (temporeggiare e prolungare il possesso palla), libero (difensore senza il ruolo di marcatore) e tanti altri. Forgiò anche fantasiosi soprannomi di personaggi sportivi e non come il Cavaliere (Berlusconi), Rombo di Tuono (Gigi Riva), Re Puma (Maradona), la Genzianella napoletana (Antonio Ghirelli), Mazzandro (Sandro Mazzola), etc.

Sin da subito la sua passione per il calcio giocato viaggia in parallelo a quella per il calcio raccontato. Nell’adolescenza milita nelle squadre giovanili del Milan ma la sua ascesa agonistica da terzino si arresta in serie C. All’età di 16 anni inizia a scrivere articoli sportivi per il settimanale milanese Lo schermo sportivo ed è proprio da questa collaborazione che prenderà il via la sua carriera da giornalista sportivo. In quel periodo vigeva la censura fascista e, intraprendere il cursus di un mestiere come quello del giornalista, poteva sembrare una scelta poco furba. Ma quando sei Gianni Brera poco importa chi ti mette il bastone fra le ruote.

I suoi primi articoli vengono pubblicati sul Popolo d’Italia dopodiché si ritira momentaneamente a causa del suo impegno militare durante la seconda guerra mondiale. Chiusa la devastante parentesi della guerra, nel 1945 Bruno Roghi, direttore della Gazzetta dello Sport, il primo quotidiano sportivo in Italia, gli propone una collaborazione affidandogli la sezione dell’atletica leggera. Ad una avversione iniziale seguì un intenso e fruttuoso lavoro. All’età di 30 anni Gianni Brera diventa il più giovane direttore nella storia del giornalismo italiano. Nel 1954 si dimette dopo essere stato accusato di filo-comunismo per aver messo in prima pagina la notizia del record mondiale nei 5000 m del sovietico Volodymyr Kuc e giunge nel 1956 nella redazione de Il Giornoil cui inserto sportivo del lunedì raggiunge cifre stratosferiche, raggiungendo persino le 30/40.000 copie. Successivamente, dopo una breve collaborazione (1979-1982) con Il Giornale di Montanelli, approda nella redazione de La Repubblica a cui rimane legato fino alla morte, avvenuta nel 1992 (esattamente 25 anni fa) a causa di un incidente.

Immenso il suo contributo al linguaggio giornalistico italiano del XX secolo fatto sì di neologismi, virtuosi giochi di parole, curiosi soprannomi, ma anche di un lingua nuova, più colorita, con delle nette sfumature dialettali. A questo proposito Umberto Eco dirà di Brera “un Gadda spiegato al popolo”. Affermazione che non piacque particolarmente al giornalista che con Carlo Emilio Gadda e la sua politica letteraria e linguistica c’entrava ben poco.

Gianni Brera era inoltre un forte sostenitore della teoria biostorica applicata alla semantica calcistica. Sosteneva fermamente che le peculiarità sportive di un popolo erano determinate da un substrato culturale, economico e storico (etnos). Per cui ne conseguiva che i nordici fossero più grintosi e offensivi rispetto ai mediterranei, al contrario più gracili e più inclini a dover ricorrere, nel gioco, all’astuzia e alla tattica.

Questa teoria era alla base delle sue dichiarazioni fatte in merito ai moduli a cui la nazionale di allora avrebbe dovuto appellarsi per ottenere la vittoria. Secondo Brera i giocatori della nazionale italiana degli anni ’50 e ’60 non erano adatti, in primis fisicamente, per un modulo offensivo, per questo motivo teorizzò e promosse il catenaccio, schema tattico della Svizzera degli anni ’40 che prevede di togliere un attaccante aggiungendolo dietro la linea dei difensori. A questo modulo, e alla sua generale visione del calcio italiano, si opposero in molti fra cui Arrigo Sacchi, allenatore del Milan dal 1987-1991, secondo cui invece il calcio doveva avere una matrice offensiva, a prescindere dalla nazionalità di chi lo praticava. Nonostante le ideologie contrastanti Gianni Brera ebbe sempre molto rispetto nei confronti dei personaggi con cui si scontrò.

Figura di spicco del giornalismo sportivo italiano fu anche autore di romanzi, raccolte teatrali, racconti. Il corpo della ragassa (1969), considerato il suo romanzo più celebre, venne adattato per il cinema da Alberto Lattuada, sotto la regia di Paquale Festa Campanile.

Elisa Malomo