Gastone Moschin
13 Settembre 2017   •   Snap Italy

Gastone Moschin, il ricordo dell’architetto Melandri

«Gastone Moschin è morto pochi giorni fa, insieme a lui se ne va uno degli ultimi grandi interpreti della commedia italiana.»

Dopo Paolo Villaggio (qui il nostro ricordo) se ne va un altro grande della risata italiana, quel Gastone Moschin, ormai 88enne, che avevamo imparato a conoscere e ad amare soprattutto come l’architetto Melandri di Amici Miei. Nato a San Giovanni Lupatoto (Verona), Moschin comincia la sua carriera in teatro, prima con la Compagnia del Teatro Stabile di Genova e poi con il Teatro Piccolo di Milano.

Dopo essersi dedicato per un breve periodo al doppiaggio, esordisce nella commedia all’italiana con Audace Colpo dei Soliti Ignoti, di Nanni Loy; da lì in poi per Gaston Moschin sarà un susseguirsi di successi, fino al 1966 che è l’anno in cui grazie all’interpretazioni in Signore & Signori, vince il Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista.

Il ruolo che lo farà emergere sarà quello del codardo Carmine Passante nella pellicola Gli anni ruggenti di Luigi Zampa del 1962; di lì in avanti Gastone Moschin si dimostrerà una presenza assidua nelle commedie, alternando ruoli da protagonista a ruoli da spalla di lusso. Nel 1963 interpreta il quarantenne deluso in La rimpatriata di Damiano Damiani e un camionista innamorato in La visita di Antonio Pietrangeli.

Ad ogni modo la vera popolarità per Gastone Moschin arriva nel 1975, quando Mario Monicelli decide di affidargli il ruolo dell’architetto Rambaldo Melandri, nella trilogia Amici Miei, in cui affianca Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Philippe Noiret e Duilio Del Prete; il terzo film della saga regala all’attore il secondo Nastro d’Argento.

“Fu tutto perfetto. Anche se iniziammo male: Pietro Germi, il primo autore, morì una settimana prima dell’inizio delle riprese. Monicelli, con grande signorilità, girò il film come Germi lo aveva pensato”.
Gastone Moschin su Mario Monicelli

Come non ricordare, nell’atto primo, il Melandri ricoverato in ospedale insieme ai compagni di zingarate mentre ripete ossessivamente “Ho visto la Madonna, ho visto la Madonna!…E neanche vestita di bianco… con una pelliccina…”.

Quando viene ingaggiato per la trilogia aveva appena finito di girare Il Padrino – parte seconda con Francis Ford Coppola, ma il cult di Monicelli gli aveva ormai regalato una fama immensa, anche per l’unicità del “suo” architetto Melandri:

“il più fragile, l’ingenuo del gruppo, il meno preparato alla vita”
Gastone Moschin su Rambaldo Melandri

Negli anni successivi l’attore rallenta la propria attività. Ritaglia per sé ruoli di qualità come quello del parlamentare comunista in Si salvi chi vuole di Roberto Faenza, del 1980, o il ministro di Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada con Lina Wertmüller.

È dell’anno dopo la sua ultima interpretazione per il grande schermo, il film Porzus di Renzo Martinelli, ma non rinuncerà a comparire, nel 2010, nel documentario L’ultima zingarata, dedicato ad Amici miei. Dal 1990 si era trasferito a Capitone, vicino a Narni, dove aveva installato anche un maneggio di cavalli, divenuto il primo centro di ippoterapia dell’Umbria.

Gastone Moschin era stato ricoverato lo scorso 30 agosto a seguito di un peggioramento di una grave cardiopatia cronica e il giorno successivo era stato trasferito dalla Cardiologia all’Unità di terapia intensiva cardiologica. A dare l’annuncio della sua morte è stata su Facebook la figlia Emanuela: “Addio Papà… per me eri tutto…”.

Argia Renda