Francesco Taskayali
08 Giugno 2017   •   Redazione

Francesco Taskayali, viaggiare sulle note di un piano

«Wayfaring significa viaggiare, esplorare camminando a piedi. Ed è anche il titolo del nuovo album di Francesco Taskayali, talentuoso compositore che da Istanbul a Latina ci racconta di un bellissimo viaggio iniziato sulla tastiera di un pianoforte»

Arrivo alla Feltrinelli di via Appia a Roma nel pieno di un pomeriggio assolato. Sollevata dall’accoglienza dell’aria condizionata mi guardo intorno alla ricerca di Francesco Taskayali (sito ufficiale), e mentre mi faccio strada tra gli scaffali stracolmi di libri e cd, è la sua musica a guidarmi. Seduto al piano, lì disposto apposta per lui, Francesco prova i suoi brani prima dell’inizio dell’evento in libreria. Ci stringiamo la mano ed io attendo che ultimi le sue prove, mentre contenta mi metto all’ascolto. È una musica che calma i nervi e ti rimette in equilibrio con i tuoi pensieri.

Francesco Taskayali

Francesco Taskayali è un ragazzo giovanissimo, eppure non riesco a capacitarmi di tanta maestria. Ho sempre immaginato menti vissute e sensibilità costruite in anni di esperienza musicale dietro anche un solo brano suonato al piano, l’emozione che veicola questo tipo di musica mi arriva troppo in profondità per immaginare provenga dalla creatività di una mente così giovane. Eppure no, io e Francesco abbiamo entrambi venticinque anni e di questo mi capacito pian piano nel corso della nostra chiacchierata. Cresciuto tra Latina e Istanbul, Francesco Taskayali scopre il suo estro artistico in maniera del tutto spontanea, quando il padre, già musicista di saz, strumento musicale turco, gli presenta quello che sarebbe diventato un suo prezioso compagno di vita, un pianoforte. Francesco mi parla dello spartito come di un “freno espressivo”, strumento impensabile per lui che ricorda la sua musica a memoria, altra cosa che mi lascia sbalordita. «Suonare per me è sempre stato terapeutico», quando la musica era «qualcosa di estremamente privato» in un’età come l’adolescenza in cui preferiva starsene al piano anziché andare in giro con gli amici. Una carriera, la sua, nata senza la voglia di far conoscere la sua musica ad un possibile pubblico.

«Scrivevo solo per me», mi dice, tanto che non aveva nemmeno pensato a che titoli dare a quelle prime quattro tracce registrate in studio su sprone di un’amica. «Le avrei intitolate 1,2,3,4! Quella sera di marzo pioveva e c’era un gran traffico: così nacquero È sera, Piove, Traffico, Marzo», tracce del suo primo album intitolato Emre, pubblicato nel 2010. Quello uscito il 19 maggio è il suo quarto “figlio”, dal titolo che rimanda al tema del viaggio, Wayfaring. E di viaggi Francesco Taskayali ne ha fatti eccome in questi ultimi anni, rappresentante italiano in festival musicali dal risalto internazionale, da Los Angeles a Berlino e da Caracas a Vienna e molti altri, in cui ha vissuto tanto, come artista e come uomo. Mi colpisce molto la frase pronunciata a proposito di un suo viaggio in Africa, tra la miseria e la semplicità dei bambini che ascoltavano le sue note:

“Più viaggi e più diventi taciturno”
Francesco Taskayali

Se c’è poi la musica a parlare, chioserei. Musica che nasce spesso dall’incontro, come quella nata per gioco suonando il piano nella piazza più famosa di Istanbul, Taksim, ma anche dalla voglia di sperimentare suoni nuovi, come accaduto per l’intero album, che ha visto la nascita di suoni inediti, come quelli di Cihangir, in cui tanti strumenti suonano insieme per un risultato sorprendente che ben descrive l’atmosfera del quartiere che ha dato il nome a questo brano, quello in cui Francesco Taskayali è cresciuto, quartiere di artisti nel cuore pulsante di Istanbul. Wayfaring è appena nato e ha già portato al suo autore frutti forse a lui stesso inaspettati, come quello che lo vede al 64esimo posto nella classifica degli album più venduti in Italia. «Un piccolo miracolo» lo definisce il musicista, laddove il suo lavoro non passa mediante alcun canale pubblicitario, segno che sia stata la musica da sola ad arrivare così in alto. E se la parola ‘talento’ che gli rivolgo a più riprese ottiene il solo effetto di schermirlo, mi piacerà da adesso in poi pensare a questo musicista mio coetaneo mediante la storia raccontatami dal suo amico-vicino di casa Ivan. Quella di un enfant prodige che contrariamente alla letteratura sopravvive a se stesso, facendo della sua arte la sua vita.

Rita Sparano