20 Aprile 2016   •   Redazione

Fame – Il musical: intervista a Mr Myers, Donato Altomare

«Fame, il musical cult in scena al Barclays Teatro Nazionale di Milano in una versione rinnovata per i 35 anni dall’uscita del film. Ce ne parla Donato Altomare, l’attore che interpreta Mr Myers»

Sarà in scena al Barclays Teatro Nazionale fino al primo maggio il musical Fame, Saranno Famosi. Fenomeno cult della cultura pop degli anni ’80, è uno spettacolo dal successo intramontabile e leggendario che appassiona le nuove generazioni e attrae sempre nuovi talenti.

Il musical, ideato da David De Silva, racconta  la vita  degli  allievi  e  gli  insegnanti  della celebre  ed esclusiva High School of Performing Arts di New York, ognuno con la propria storia e un sogno in comune: il successo.

Fame torna in Italia dopo diversi anni di assenza grazie a Wizard Productions, in una versione speciale in occasione dei 35 anni dall’uscita del film.

L’edizione italiana, per la regia di Federico Bellone è uno spettacolo pieno di energia, di numeri di danza e canto esplosivi e di un’ottima prova di recitazione. Le atmosfere e la nostalgia per degli anni ’80 rinascono subito: basta una canzone da oscar di sottofondo, appunto “Fame” e un taxi giallo vero e d’epoca in scena, il resto è puro spettacolo ed un riuscito lavoro di squadra.

A  raccontare cosa c’è dietro questo musical, Donato Altomare, il Mr Myers dello show: giovane professore di recitazione alle prese con un gruppo di allievi pieni di ambizioni. Formatosi presso la SDM – La Scuola del Musical di Milano, annovera tra i suoi ultimi lavori: Billy Elliot – il musical, nel ruolo di Tony Elliot e Rapunzel – il musical, nel ruolo di Segugio.

Raccontaci un po’ di questo musical e del ruolo del tuo personaggio
Fame ovviamente è conosciutissimo. È la storia di alcuni ragazzi appena entrati nella Scuola delle Arti Performative di New York pronti ad impegnarsi nella recitazione, nella musica e nella danza. Il mio ruolo è quello di Mr Myers, giovane professore di recitazione alle prime esperienze d’insegnamento e alle prese con questo gruppo di ragazzi con una estrema voglia di fare, di sfondare e di raggiungere la fama.

Fame è un riuscito lavoro di squadra. Quanto è importante la coesione tra i vari membri del cast per il successo dello spettacolo?
Per quanto riguarda questo allestimento in particolare penso che sia fondamentale. Lo spettacolo fonda le sue caratteristiche più forti proprio sulla coesione e sugli attori in scena. Il regista Federico Bellone ha voluto  incentrare l’attenzione sugli attori, quindi scena spoglia che permette al pubblico di concentrarsi specificatamente su ciò che accade e sulle vicende portate in scena da noi attori e da tutto il cast. Quindi il nostro buon rapporto professionale e d’amicizia è fondamentale. La maggior parte di noi proviene, inoltre, dalla stessa accademia e l’affetto che ci lega non può che far bene allo spettacolo. 

Tante prove: canto, ballo, recitazione. Quanto lavoro c’è dietro un musical?
Un musical è un genere molto complesso perché è una macchina che deve funzionare al millimetro sia dal punto di vista artistico quindi di chi è attivamente in scena, che da quello tecnico, cioè chi sta dietro le quinte o in cabina regia. Tutto è calcolato nei minimi dettagli. Studi su ogni singola luce, su ogni singolo cambio scena, su ogni battuta che deve innescare quella successiva o su ogni singolo attacco musicale. È un meccanismo molto complesso che ha bisogno di essere rodato parecchio. Quindi le prove sono fondamentali e lunghe. Anche l’andare in scena con il pubblico è importante. Fame ha avuto vari giorni di anteprime, prove generali con il pubblico che hanno permesso di rodare tutti i meccanismi di questa enorme macchina.

Qual è la reazione del pubblico allo spettacolo?
Il pubblico sta reagendo alla grande. Lo spettacolo è pieno di energia che si riversa sul pubblico e che il pubblico non fa altro che rimandarci. Noi avvertiamo davvero una grande partecipazione da parte degli spettatori per ogni parte dello spettacolo, dalle scene più frizzati ed energiche a quelle più commoventi. Poi c’è una risposta partecipativa ottima. Milano sta rispondendo bene, con grandi  numeri al botteghino. Tutte le previsioni di vendita sono state stracciate al rialzo. 

Cosa pensi del successo che il musical sta ottenendo in Italia?
Da operatore del settore non posso che esserne felice ma la strada è lunga e come tante altre cose, l’estero ci dimostra che c’è da fare di più. Però l’interesse per il musical in Italia cresce ed essendoci dentro è bello vedere tanti titoli, grandi produzioni che ci fanno ben sperare.

Tra le ultime produzioni vediamo molti spettacoli cult degli anni ’80. Secondo te, perché c’è questo ritorno all’energia del passato?
C’è una sorta di richiamo nostalgico. Fame, Dirty Dancing, anche Footloose che andrà in scena a breve, richiamano, forse, una fetta di pubblico che vuole rivivere i momenti degli anni ’80, ’90, coloro che non si sono staccati dalla loro gioventù e da ciò che li faceva divertire all’epoca.  Sono titoli di grande attrazione, di forte richiamo e poi sono spettacoli generazionali che attraggono anche un folto numero di giovanissimi e speriamo che siano sempre di più. In Italia esistono anche molte le produzioni originali che si distaccano dai grandi titoli e da quelli che sono stati storicamente dei successi e che, sicuramente, andrebbero incentivate di più. Di certo, in quest’ambiente, stanno venendo fuori cose molto audaci.

In questa nuova edizione di Fame quanto ritroviamo del film musicale ideato e prodotto da David De Silva del 1980 e della serie tv?
Questa edizione di Fame si discosta dal film e dalla serie tv per quanto riguarda i nomi dei protagonisti e per le canzoni. Le canzoni di questo musical sono tutte tradotte in italiano, tranne la più famosa “Fame”, che è rimasta tale e che quindi non è stata tradotta. L’intero spettacolo, però, si rifà tantissimo alla storia e l’estrazione sociale dei personaggi dell’originale. Diciamo che questa edizione italiana è simile alle versioni andate in scena a Broadway o nei teatri di Londra.

Una produzione tutta italiana quella di Fame
La produzione di Fame è una novità in Italia. È una delle prime volte che in Italia si produce con  un consorzio di imprenditori, cosa già consolidata all’estero. Una produzione corale quindi: più figure imprenditoriali che hanno unito le forze e hanno voluto questo spettacolo.

Fame, come sappiamo, ha le sue origini in America. Qual è l’impronta italiana più tangibile riscontrabile in questa edizione?
Penso la comicità. La comicità deve per forza cambiare. Parlo di ritmi, di toni, parlo di personaggi comici all’interno dello spettacolo. Sì, devono avere un’impronta molto italiana per scaturire una risposta e le reazioni del pubblico italiano. Quindi i nostri personaggi comici non dico siano un po’ sopra le righe ma quasi.

 

Elisa Toma