David di Donatello 2017
03 Aprile 2017   •   Snap Italy

David di Donatello 2017: è rivoluzione per il cinema italiano?

«Dal discorso virale di Valeria Bruni Tedeschi alla mancata vittoria di Mine. Tutto quello che vi siete persi durante la serata dei David di Donatello 2017»

Dopo la cerimonia evento dell’anno scorso non si credeva possibile il raddoppio, ed invece Sky ci è riuscita (o quasi) ed anche per i David di Donatello 2017 lo stile è quello da cerimonia degli Oscar. Andata in onda il 27 marzo scorso, presso gli Studi De Paolis di Roma, la 61° edizione, è stata trasmessa in diretta da Sky Cinema e Tv8, così da riconfermare la volontà di non relegare la serata solamente agli addetti ai lavori, ma renderla un evento per tutti.  Anche quest’anno la conduzione è stata affidata ad Alessandro Cattelan, che si riconferma essere il volto nuovo della televisione italiana (o meglio quella di Sky), nonchè il “volto prestato al cinema” come si definisce lui stesso.

Ma se l’anno scorso era stata l’edizione di Lo Chiamavano Jeeg Robot, che vinceva facilmente in quasi tutte le categorie, quest’anno è sembrato di aver fatto un passo indietro, di essere tornati a quella paura di rischiare che da sempre caratterizza il cinema italiano. Non che allo stesso tempo non si sia avvertita un’aria fresca di rinnovo, ma bisogna anche ammettere che la serata dei David di Donatello 2017 sia stata più che altro una perfetta partizione dei premi tra le nuove rivelazioni e le vecchie certezze. David di Donatello 2017 equi dunque, che non rischiano ma accontentano tutti. I film in gara infatti si sono divisi equamente le statuette, partendo dai premi tecnici ed artistici per finire a quelli principali.

A contendersi i 25 David sono stati soprattutto tre film, Indivisibili di Edoardo De Angelis, La pazza gioia di Paolo Virzì e Veloce come il vento di Matteo Rovere (per tutte le recensioni sui film candidati ai David leggete il nostro articolo sui migliori film del 2016). Come era prevedibile La pazza gioia si è portato a casa i premi principali, ovvero Miglior film, Miglior regia a Paolo Virzì e Miglior attrice protagonista a Valeria Bruni Tedeschi, che ha divertito (non tutti) con un discorso a metà fra le risate e le lacrime, degno del particolarissimo personaggio che interpreta (qui il nostro articolo e la nostra recensione sul film). Chiamando la collega Micaela Ramazzotti sul palco con lei, l’attrice ha citato Ungaretti, Leopardi e Pavese ed ha perfino ringraziato la sua psicoanalista. Ovviamente il discorso è diventato subito virale ed è stato uno dei momenti meno piatti della serata (ed è tutto dire).

Stefano Accorsi ha vinto meritatamente la statuetta come Miglior attore protagonista per la sua performance in Veloce come il vento, il film più innovativo dell’anno, ambientato nel mondo delle corse in Emilia-Romagna. Al film di Matteo Rovere sono andati anche Miglior fotografia, Miglior trucco (a consegnare il premio Alessandro Bertolazzi, fresco vincitore di Oscar), Miglior montaggio, Miglior suono e Migliori effetti digitali. Tutti premi tecnici per un film che meritava di più anche sul piano artistico. Migliore attrice non protagonista per Antonia Truppo, che con Indivisibili vince la statuetta per il secondo anno consecutivo, dopo il suo ruolo in Lo chiamavano Jeeg Robot.
Il film sulle due sorelle siamesi vince anche la Migliore sceneggiatura originale, col David a Nicola Guaglianone, anche lui al raddoppio dopo Jeeg Robot del 2016. Doppio David meritato anche ad Enzo Avitabile per Indivisibili, che vince Miglior musicista e Miglior canzone originale con “Abbi pietà di noi”. Valerio Mastrandrea si è aggiudicato invece la stauetta come Migliore attrore non protagonista per Fiore di Claudio Giovannesi, altro film rivelazione del Festival di Cannes 2016 e passato quasi innosservato nei nostri cinema.

Mastrandrea è stato anche protagonista di un corto mostrato all’inizio della cerimonia dal titolo “Io, te e i David”, un film in cui, insieme a Cattelan, Luca Argentero e Paola Cortellesi, racconta tutti i luoghi sui film italiani che di solito vincono i David. Una presa in giro semiseria messa in scena dalla stessa Sky che decide però di sponsorizzare la serata. Forse qualche contraddizione di troppo, ma il nostro cinema è anche questo.

A discapito delle dieci nomination, il maestro Marco Bellocchio col suo Fai bei sogni torna a casa a mani vuote, così come i registi Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, candidati a Miglior regista esordiente per il film rivelazione Mine. Noi di SnapItaly abbiamo amato moltissimo questo film e i due giovani milanesi sono senza dubbio i migliori tra i registi esordienti e meritavano un riconoscimento (senza nulla togliere a Marco Danieli che ha vinto la statuetta con l’esordio di La ragazza del mondo). Sono loro l’esempio più lampante di un’edizione, quella dei Davdid di Donatello 2017, che ha deciso di andare sul sicuro, di non premiare un film che guarda al mercato internazionale così da non rischare di sembrare troppo poco italiani.

Un momento commovente è stato il tributo musicale di Manuel Agnelli, il frontman degli Afterhours, che sulle note di Across the Universe ha ricordato gli artisti e i tecnici del cinema scomparsi quest’ultimo anno. Ma momento commmorativo a parte, la cerimonia è stata in bilico perenne tra la voglia di glamour tipica degli Oscar d’oltreoceano e la tendenza tutta italiana alla noia e alla forzatezza. Sottotono perfino l’intervento di Roberto Benigni, che ricevendo il David alla carriera, ha ringraziato tutti con un discorso di rito, pieno delle solite citazioni dantesche, banale se non per la dolcissima e devota dedica alla moglie Nicoletta Braschi.

La voglia d’ispiransi agli show internazionali c’è, e Sky e Cattelan da questo punto di vista ce la mettono tutta, però la verità è che non basta scrivere qualche battuta politicamente scorretta per assomigliare agli americani, bisogna imparare a prendersi in giro e ad essere autoironici, e purtroppo il nostro cinema non è ancora a quel punto. Ma per fortuna arriva Maccio Capatonda in soccorso, con un esilarante trailer parodia dei suoi ma stavolta tutto meta-cinematografico, mostrato proprio durante i David di Donatello 2017.

In definitiva ciò che possiamo dire su questi David di Donatello 2017 è che buona parte del sistema cinema italiano si conferma pronto alla rivoluzione ed affamato di novità (film come Veloce come il vento lo dimostrano), candidando pellicole che piacciono sia alla critica ma soprattutto al pubblico, così da riconquistarlo e riportarlo nelle sale. Esiste però una parte della nostra industria che ancora è attaccata ai vecchi stilemi, uno zoccolo duro che secondo la più classica delle divisioni all’italiana cerca di accontentare tutti per non dover dare conto a nessuno. Un vero cambiamento sembrerebbe ancora lontano, ma si sa, le rivoluzioni, quelle vere, non sono mai improvvise: speriamo che quella del cinema italiano non si faccia attendere troppo.

Serafina Pallante