Alessandra Patelli
14 Aprile 2017   •   Snap Italy

Alessandra Patelli, un (futuro) medico da Olimpiadi

«Giovane, con una partecipazione alle Olimpiadi già alle spalle e un grande sogno nel cassetto: diventare un bravo medico. È la storia di Alessandra Patelli, intervistata per voi da Snap Italy»

Alessandra Patelli ha venticinque anni e studia medicina all’università di Padova. Fin qui nulla di straordinario. Ma è anche una ragazza tenace, con una grandissima forza di volontà, nonché una delle atlete italiane che hanno calpestato il suolo di Rio lo scorso agosto. La sua specialità è il canottaggio del due senza, quello in cui i due atleti hanno un solo remo ciascuno. Il 24 maggio scorso a Lucerna si è qualificata, ha conquistato uno degli ultimi quattro posti disponibili insieme alla sua compagna Sara Bertolasi ed è partita per Rio. Un traguardo molto importante per una ragazza della sua età, che nel frattempo ha avuto la costanza di non abbandonare il suo sogno più grande: diventare un bravo medico.

Alessandra Patelli

Non molti conoscono la sua storia. Per questo siamo andati ad intervistarla e lei, Alessandra Patelli, si è raccontata a 360°.

Quando e come hai iniziato a fare canottaggio?
A 18 anni sono andata una settimana in America, vicino New York, ad imparare l’inglese. Non sapevo assolutamente cosa fosse il canottaggio. Lì, la ragazza che mi ospitava praticava questo sport e andava ad allenarsi con la scuola; un giorno mi ha chiesto di provare ed io, essendo sempre stata una ragazza che fa sport, ho detto di sì. Da quel momento mi sono innamorata del canottaggio. Ho immediatamente chiamato mio padre e gli ho chiesto di iniziare a cercare una squadra in Italia. Da lì è iniziato il mio percorso con la squadra di Treviso.

Avevi fatto altri sport in passato? Qual è stata la differenza?
Ho iniziato con la ginnastica artistica, iscritta dai miei genitori a 5 anni, e l’ho continuata fino alle medie. Mi piaceva tanto, ma il mio fisico non era adatto. Così ho iniziato a fare atletica e tennis. Lo sport è sempre stato una valvola di sfogo. Non sapevo quale sport facesse davvero al caso mio e alla fine l’ho trovato quasi per caso.

In quali squadre hai militato?
Ho iniziato con la squadra canottieri di Treviso, mentre dal 2014 faccio parte della Canottieri Padova, dove gareggio tutt’ora.

Cosa ti piace di questo sport?
Il fatto di stare all’aria aperta. È molto importante. Inoltre si tratta di uno sport completo, che allena ogni parte del corpo, apparato cardiaco e muscolare allo stesso tempo. A me piace far fatica, e questo sport è adatto. Mi piace sentire che il mio corpo lavora e risponde agli stimoli. Mi piace spingerlo al limite.

Gli allenamenti?
La gara è sempre di 2000 mt., e dura tra i 7′ e gli 8′ minuti. Quindi bisogna allenare molto la forza e la resistenza. In genere si fanno due, due ore e mezzo di barca, poi nel pomeriggio, soprattutto d’inverno, corsa, bicicletta e tanti pesi. D’estate ovviamente le uscite in barca aumentano. Comunque in generale l’allenamento è di 5/6 ore al giorno, tutti i giorni, due volte al giorno se non tre.

Come fa Alessandra Patelli a conciliare università e lavoro?
Nel 2010 avevo la maturità, mi avevano convocata per la squadra mondiale, ma ho deciso di non andare e dedicarmi allo studio. È stata una scelta abbastanza tranquilla e naturale. Non me la sentivo di abbandonare lo studio. In quel momento per me il canottaggio era uno sport, un hobby, ma niente di più. Poi mi sono iscritta a medicina e solo dopo sono entrata nella squadra olimpica. Diciamo che mi trovavo già tra le mani l’università. In generale per me il canottaggio è molto importante ma in un futuro mi vedo medico, questo mi ha spinto a studiare e a portare avanti le due cose contemporaneamente. Il che non è stato facile, ci sono stati momenti in cui mi concentravo più sul canottaggio e momenti in cui mi sono concentrata più sullo studio. È importante capire per cosa vale la pena lottare in quel momento. Diciamo che io ho sempre tenuto il cervello attivo in qualche modo. I sacrifici sono tanti ci vuole tanta determinazione e un po’ di masochismo ma poi la soddisfazione finale è unica.

Alessandra Patelli a Rio: raccontaci l’emozione provata quando ti sei qualificata per le Olimpiadi.
Sono salita in barca con Sara Bertolasi ad agosto 2015, in occasione della prima fase di qualificazione e c’erano 11 posti disponibili. Purtroppo Sara, poco prima si è fratturata la costola. È stato un periodo molto pesante e non ci siamo qualificati. L’anno successivo è stato altrettanto tosto, ma alla fine siamo arrivate terze su quattro posti disponibili. Ed ecco la qualifica! Ero felicissima, ho urlato di gioia, è stata una liberazione e la realizzazione di un sogno allo stesso tempo.

Com’è andata l’esperienza lì? Cosa hai riportato a casa?
Da maggio è iniziato un periodo bellissimo. Diverso, importante. La parte più bella delle Olimpiadi è stata la soddisfazione provata già solo ad esserci arrivata. Abbiamo fatto tanto per essere lì, e vista la concorrenza ho provato a spingermi oltre il massimo. Ancora adesso ogni giorno ci ripenso. Ciò che mi porto dietro più di ogni altra cosa, è il senso di appartenenza all’Italia. È come se fossi stata lì per dare valore al mio Paese. Poi il fatto di incontrare tanti atleti da sempre ammirati, il fatto di percepire la loro tensione che sarà stata cento volte la mia, il fatto di sentire la pressione di tutti coloro che hanno aspettative su di noi. Tutto questo ha reso quest’esperienza davvero unica. Era sempre una grande festa.

Qualche curiosità su Alessandra Patelli al di fuori del canottaggio?
Posso dirvi che amo l’avocado, lo mangio sempre e in ogni maniera. E poi sono ambasciatrice del Prosecco. Vengo da Conegliano, patria del Prosecco. Prima di partire per Rio mi hanno dato questo riconoscimento, anche se sono un’ambasciatrice senza bottiglia!

Ora in cosa sei impegnata? Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Quest’anno spero di concludere il mio percorso universitario, quindi spero di laurearmi a settembre/ottobre o alla peggio a dicembre con una tesi in medicina dello sport. In realtà la mia idea era quella di smettere di remare dal 2016 per dedicarmi all’università, ma mi mancava moltissimo il mio sport. Avevo una crisi di identità, mi sono sempre allenata tutti i giorni. Quindi ho ripreso, e quest’anno punto a fare i campionati italiani. Ovvio che l’idea di un’altra olimpiade mi fa gola ma devo tenere conto di quanto questo comporti a livello di tempo e di affetti.

Ultima domanda: un consiglio di Alessandra Patelli ai più piccoli. Come possono avvicinarsi al mondo dello sport senza perdere di vista la loro vita?
Il canottaggio non è uno sport semplice, è particolare, richiede sacrificio e preparazione. Nei giovani è importante farlo perché piace. Ovviamente rispettando le regole della preparazione in base all’età considerata. L’importante è capire cosa ti può dare e cosa non ti può dare, avere le idee chiare fin da subito. Io ho capito che con il canottaggio non potevo vivere e quindi ho deciso di affiancarci altro. È importante mettere sul piatto della bilancia le due cose. Un bambino deve praticarlo per piacere e passione, ma poi, crescendo, deve anche orientarsi, capire cosa può davvero ottenere praticando  questa attività. L’importante è comunque la passione, senza perdere di vista i proprio obiettivi.

Chiara Rocca